I piedi affondano nella sabbia fine dell’Adriatico mentre il volto viene accarezzato dai primi tiepidi raggi mattutini del sole che sorge alle spalle dei Balcani. Basta voltarsi

per vedere che quelle pennellate di luce stanno tingendo di rosa la cima innevata del Monte Vettore e, più in là, del Gran Sasso e della Maiella. Sono le Basse Marche, quelle al confine con l’Abruzzo, affacciate a est sul mare Adriatico, dominate a ovest dalla catena dei Monti Sibillini, abbracciate a nord e a sud dai fiumi Aso e Tronto. La ruvida striscia d’asfalto non è l’unica via per vivere questo territorio, il paesaggio si offre volentieri a chi sceglie la ferrovia, associandola magari alla bicicletta con cui percorrere la Ciclovia Adriatica: un po’ dell’una e un po’ dell’altra, miscelate nel dosare lo sforzo.

 

Il treno Regionale corre lungo la costa: a levante, il finestrino incornicia l’ampio arenile privo di sassi, con i suoi bassi fondali e il suo caldo mare, paradiso per le famiglie con bambini. A ponente, le dolci colline salgono lente e verdeggianti verso l’Appennino, macchiate dal grano e dai girasoli, repentinamente tagliate dall’ocra dei calanchi che, apparentemente fragili, sono in realtà solidi e antichi custodi di splendidi borghi, dove il bianco del travertino si alterna al rosso dei mattoni. Scendiamo nella stazione di Pedaso, in provincia di Fermo, accompagnati dalla bici e quando il treno, ripartendo, libera l’orizzonte, il marciapiede si trasforma in una terrazza sull’Adriatico. Poche pedalate, un sottopasso e ci si ritrova sul mare. Il sole, ancora basso sull’acqua, scalda ma non brucia; le energie a quest’ora non mancano e ci si può godere così l’andata sulla splendida ciclabile che corre, con qualche breve interruzione, dalla costa ad Ascoli Piceno.

 

Da nord a sud si incontrano i comuni di Cupra Marittima e Grottammare, con le loro vestigia romane, i castelli medievali e le tante chiese lungo un terreno spesso ripido, ideale per difendersi dalle incursioni dei Saraceni, che una volta sbarcati si trovavano di fronte a mille insidie. La ciclopedonale si distende ora tra le villette liberty e la spiaggia, ora addosso ai massi che si oppongono alla forza delle onde, nei suggestivi tratti dove l’uomo si è dovuto fare spazio, a fatica, tra le colline e il mare. Ecco, poi, San Benedetto del Tronto: il percorso si snoda all’ombra di centinaia di palme, tra alberghi e chalet, il porto turistico e quello peschereccio, da sempre uno dei più im

portanti d’Italia. Il pesce che arriva da qui è il protagonista assoluto nel tipico brodetto così come nelle grigliate. Nel caldo mezzogiorno estivo il profumo oesce dalle cucine e si spande tra gli oleandri, producendo su chi pedala lo stesso effetto che le Sirene ebbero su Ulisse. Arriviamo così alla Riserva naturale regionale Sentina e alla foce del fiume Tronto: la pista si fa a tratti sterrata nel rispetto dell’ambiente. La costa si presenta selvaggia, la vegetazione arriva a lambire il mare con la tipica flora piegata dal vento mentre i legni bianchi, depositati dalle onde, giacciono sulla riva mostrando tutta la loro nuda crudezza.

 

Sono numerose le specie animali osservabili dagli appositi capanni nascosti fra i canneti, tra cui diversi uccelli migratori che trovano qui, nel loro lungo viaggio verso il caldo, un’oasi tranquilla fatta di zone umide e praterie salmastre. Abbandoniamo la costa accolti dalla Vallata del Tronto, antico confine tra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico, e ci ritroviamo con le Marche a destra e l’Abruzzo a sinistra. Moderni paesi di recente costruzione si adagiano sul fondovalle, mentre ai lati, sulle colline, si scorgono antichi borghi facilmente raggiungibili affrontand brevi salite. La ferrovia lascia la linea Adriatica a Porto D’Ascoli, dando vita a un ramo secondario che corre dritto fino al capoluogo del Piceno, attraversando il cuore dei paesi come fosse una metropolitana di superficie con fermate ogni quattro o cinque chilometri. La pista ciclabile costeggia perlopiù il fiume, immersa nel verde, non adiacente ma ben collegata alla viabilità ordinaria. La pendenza è leggera, la pedalata tranquilla, i rumori sono lontani. I gabbiani e gli aironi si spingono all’interno lungo il greto del fiume e non fuggono alla vista dell’uomo, che non percepiscono come un pericolo in un’area in cui il rispetto per gli animali fa parte della cultura. I paesi si susseguono, ciascuno ha una stazione e con essa la possibilità di caricare la bici sul treno e proseguire il viaggio senza fatica, rapidamente, fino ad Ascoli.

 

La ferrovia arriva nel cuore della città: rimontati in sella, attraversiamo in breve il Ponte Maggiore e ai nostri occhi si apre corso Vittorio Emanuele, che ci conduce diritti in centro. L’orizzonte è dominato dal massiccio del Monte Vettore, il più alto della catena dei Sibillini con i suoi 2.476 metri. Una breve pedalata sulla corsia riservata ed ecco di fronte a noi, chiusa alle auto, piazza Arringo, sulla quale si affacciano il Duomo dedicato a Sant’Emidio, patrono del comune e protettore dai terremoti, il Battistero e il Palazzo dell’Arengo, sede della Pinacoteca civica, con i suoi capolavori che vanno dai dipinti di Carlo Crivelli a quello di Tiziano. Poco più in là piazza del Popolo, senza dubbio una delle più famose d’Italia, salotto di rara eleganza, con lo storico Caffè Meletti in delizioso stile liberty, il Palazzo dei Capitani e la chiesa di San Francesco.

 

Ascoli è conosciuta, oltre che per la giostra cavalleresca della Quintana, per le tradizionali olive ripiene di carne che, insieme a quelle al tartufo, i dolci cremini e i formaggi panati, raccolgono sinfonicamente i sapori del territorio nel fritto misto ormai famoso nel mondo. Queste prelibatezze, raccolte in un cartoccio, sono certamente l’occasione per uno spuntino, magari accompagnate da un bicchiere di Passerina o Pecorino, vini bianchi locali da gustare freschi. Il viaggio di ritorno in treno verso la costa è breve; mentre guardiamo il sole che tramonta dietro le colline, siamo giusto in tempo per un tuffo ristoratore in un mare piatto e caldo che sembra volersi concedere una notte di riposo dopo l’assalto dei turisti. Un aperitivo sorseggiato con le labbra ancora salate e la musica dei locali che comincia a riempire il lungomare ci introducono a una cena fatta di cozze e scampi, seppioline e vongole. Molti altri sono i percorsi che ci attendono lungo questo tratto della Ciclovia Adriatica: 1.300 chilometri, da Trieste alla Puglia, accompagnati dalla presenza rassicurante della ferrovia.