In apertura Andrea Bosca, foto di Amilcare Incalza

È la passione, senza dubbio, a muovere Andrea Bosca.  Attore e artista, mette in tutto quello che fa l’amore, il sangue, il sudore, la fatica. E non gli manca neppure il talento. È nel film di Netflix Toscana, girato in inglese nel Chianti. Ma soprattutto lo vedremo in Romanzo Radicale, la docufiction di Rai1 sul politico e attivista Marco Pannella, girata da Mimmo Calopresti e presentata in anteprima al Bif&st – Bari International Film&Tv Festival. Dopo il successo delle serie Màkari, dove ha interpretato un affermato archistar, torna sulla rete ammiraglia di Viale Mazzini per uno dei ruoli più complessi della sua carriera. 

Com’è iniziata l’avventura di Romanzo Radicale?
È stato un lavoro che mi ha portato grandissima gioia. Sebbene conoscessi e apprezzassi Pannella per le sue battaglie, lo comprendevo solo superficialmente. Cosi, dopo il provino col regista Calopresti, grande compagno di viaggio, ho cominciato a cercare persone che lo conoscessero, guardare documentari, ascoltare la sua voce. Ho subito compreso che ci voleva un cambiamento importante, anche fisico, di cui dovevo farmi carico. 

Come ci sei riuscito?
Ai preparatori e alla nutrizionista ho chiesto di rendere giustizia a Pannella e ai suoi scioperi della fame. Ho messo il mio corpo a servizio di un progetto che mi ha dato la possibilità di esprimermi con quella vena di trasformismo che amo mettere a disposizione. Dico sempre: «Non chiedetemi quanti chili ho perso, ma quanti diritti abbiamo conquistato in quegli anni. E quanti ancora dobbiamo conquistarne». Lui metteva l’anima e il fisico in risonanza con la persona. 

Quali aspetti di lui verranno raccontati?
Dopo il periodo iniziale della sua carriera, c’è un salto temporale fino ai giorni nostri. Il nucleo della narrazione è la prima, vera, grande battaglia: quella del divorzio. Pannella era convinto che il popolo fosse molto più colto, preparato e coraggioso della classe politica che lo rappresentava. Inizialmente si sentiva un uomo inutile, ma con la lotta per il divorzio si vede il suo liberalismo, la convinzione che ogni individuo debba vivere secondo le proprie scelte, ovviamente senza ledere la libertà altrui. 

Che battaglia fu?
Terribile, perché molte persone avevano capito l’importanza della questione. Ma all’epoca era illegale parlare di certi temi. Le lotte venivano fatte dimostrando che i problemi nascevano proprio perché le leggi non tenevano conto della vera liberta, come se ci fosse un bug nel sistema. Pannella si domandava perché le persone non potessero semplicemente vivere la propria esistenza come desideravano. 

Alcuni pensavano che le uscite del leader dei Radicali fossero estreme…
Il suo principio era la non violenza. Ma questo per lui non significava non ribellarsi, bensì combattere in modo intransigente contro quelli che volevano l’uovo oggi perdendo la gallina domani.  Dietro al diritto al divorzio c’era la lotta contro la censura. I Radicali combattevano per l’amore e la libera sessualità, svincolandosi da certe gabbie e visioni di potere che loro chiamavano “il regime”, mentale soprattutto.  L’obiettivo era solo vivere in maniera felice. Quello che lui ha detto negli anni ’70 ce lo ritroviamo nei grandi temi d’attualità: Pannella era contro la lotta agli armamenti e ha spesso posto la questione della crisi energetica. 

Passiamo al film Toscana, una produzione internazionale che racconta la bellezza dell’Italia.
Con tutte le sue idiosincrasie, al nostro Paese viene riconosciuto un grande valore all’estero. E questo va protetto. Mi piace l'idea che l'Italia venga apprezzata soprattutto per il suo modo di vivere in famiglia e comunitario. 

Altri progetti su cui stai lavorando?
Sto scrivendo uno spettacolo sui racconti dello scrittore partigiano Beppe Fenoglio, che in questi giorni festeggia il centenario dalla nascita. È un tema drammaticamente attuale, che riporta alla mente con grande angoscia la situazione in Ucraina.

Articolo tratto da La Freccia