In cover, Moderno villaggio di pescatori. Olhao, Portogallo (1954) © Sabine Weiss
«Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana e farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto». Ne era convinta Sabine Weiss, tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Brassaï e Izis.
Da oggi e fino al 23 ottobre, la Casa dei Tre Oci di Venezia presenta la retrospettiva Sabine Weiss. La poesia dell’istante. Oltre 200 immagini dedicata alla fotografa franco-svizzera, scomparsa lo scorso 28 dicembre all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi.
Ascolta l'intervista a Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci, a cura di Federica Gheno
Le stampe esposte ripercorrono l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 agli anni ‘80. La forza della sua curiosità per il mondo e la sua gioia nel documentare la troviamo nei ritratti dei bambini così come in quelli dei grandi artisti. Ma anche nelle scene di vita quotidiana per le strade di New York brulicanti di dettagli, dal Bronx a Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue.
Inoltre, la mostra dedica ampio spazio ai lavori realizzati dalla fotografa nei manicomi del dipartimento dello Cher, in Francia, durante l’inverno 1951-1952. A questi si aggiungono gli scatti realizzati a partire dagli anni ‘80, all’età di 60 anni, durante i suoi viaggi in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria ed Egitto.
Articolo tratto da La Freccia
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