È la band italiana che, nel giro di brevissimo tempo, a suon di hit come Sashimi, Fuori dall’hype, Ringo Starr, Scooby Doo e Giovani wannabe, si è trasformata in

una delle più solide realtà del panorama tricolore. Elio Biffi alle tastiere, Matteo Locati alla batteria, Simone Pagani al basso, Lorenzo Pasini e Nicola Buttafuoco alle chitarre e Riccardo Zanotti come frontman. In tre parole: Pinguini Tattici Nucleari. La formazione bergamasca, forte del successo dell’ultimo disco Fake news, ha lanciato la hit estiva Rubami la notte e si prepara al tour negli stadi (in alcune date già sold out) che parte il 7 luglio da Venezia Mestre per poi toccare Milano (11 e 12), Firenze (15), Torino (19), Roma (23 e 24), Bari (27), Messina (30) e Olbia (13 agosto). Il gran finale è fissato per il 9 settembre a Reggio Emilia. Parliamo di successo e di tutte le novità del gruppo proprio con Zanotti, la voce che ne intona (e scrive) i pezzi.

Partiamo dal singolo Rubami la notte: come mai non è inserito nel disco Fake news?

Non ci abbiamo pensato, il pezzo è venuto fuori da un’ispirazione avuta dopo una session di lavoro. Avevamo la melodia del ritornello che funzionava molto. Era un’idea, una canzone messa da parte tra quelle papabili per diventare un singolo.

Che sapore volevate dare a questo pezzo?

Quello dell’estate, una stagione a noi affine, che non è molto presente in Fake news, a eccezione di Giovani wannabe, uno dei brani più remixati. Partendo dal sound da discoteca abbiamo pensato a qualcosa che andasse incontro alla club culture.

Siete esplosi a Sanremo 2020 con il brano Ringo Starr. Cos’è cambiato nel vostro modo di vivere?

Siamo ancora saldamente ancorati al terreno. Bergamo è una medicina e noi abitiamo ancora qui, non ci facciamo invaghire dai vezzi del mestiere. Siamo dei lavoratori e lo sforzo di venire riconosciuti in tutti gli ambiti, tipico della mia generazione, lo sentiamo nostro. Poi chiaramente, tra tutti gli impegni a cui dobbiamo ottemperare, c’è sempre meno tempo per capire quello che ci circonda.

E dal punto di vista delle aspettative dopo Sanremo 2020 come state messi?

Dopo quel festival c’è stato subito il Covid-19 e tanti progetti non sono partiti. Non sempre andare all’Ariston fa bene. Noi ne uscimmo alla grande ma fu un traguardo mutilato dalla pandemia: non potendo suonare rilasciavamo solo canzoni. Discograficamente non avevamo mai venduto tanti dischi, c’erano alte aspettative da parte nostra e di chi ha creduto in noi. Col passare degli anni ci siamo rasserenati perché chi ci aveva conosciuto soltanto per Ringo Starr non aveva abbandonato il treno, per usare una metafora cara a questo magazine.

Come capite quando lanciare una hit?

Un brano deve piacere al pubblico, ma in primis a noi.

Mai pensato di tornare a Sanremo?

Adesso è un po’ prematuro. Siamo ovviamente grati al festival che Amadeus ha riportato agli antichi fasti mettendo al centro la musica. Ma partecipare è una sfida e bisogna mettersi in gioco. Quando ci sono super big come Ultimo, Giorgia, Madame e Marco Mengoni si deve avere il pezzo giusto per competere. La voglia c’è, se avremo la canzone adatta ne parleremo con Amadeus. Sanremo è una decisione da non prendere a cuor leggero, bisogna cominciare a lavorarci tanti mesi prima. L’anno scorso non ci abbiamo pensato perché volevamo rilassarci un po’.

Da dove prende spunto il vostro immaginario pop?

Mi ritengo molto fortunato a essere nato negli anni ‘90: ho visto la fine del mondo analogico e l’inizio di quello digitale cogliendo gli input di entrambe le epoche. Nel periodo che stiamo vivendo è possibile reperire qualsiasi prodotto, anche quelli tipici degli anni  ‘60 e ‘70. Un aspetto che aiuta le persone nerd come me. Tra l’altro, ho la buona abitudine di leggere libri e vedere film, cibarmi sempre di qualcosa di nuovo prima di andare a dormire. Tutte informazioni che accumulo le utilizzo per esprimere concetti spesso difficili da spiegare. Da artista pop, se dico Grease condenso in una parola un intero immaginario, è una citazione da cui si capisce tutto.

E che cosa stai leggendo prima di andare a letto in questi giorni?

Homo deus. Breve storia del futuro, dello storico e saggista israeliano Yuval Noah Harari. È interessante per vedere il mondo dall’esterno e comprendere quanto le scelte di noi

uomini siano insignificanti nell’ordine planetario. E poi studio anche libri di music business perché mi piace capire come funziona questo mondo all’estero.

Niente letture nerd?

In passato mi sono cimentato con le avventure di Spider-Man e Batman così come con i manga Dragon Ball e One Piece. Ora leggo tanto Topolino. Per il resto devi chiedere a Elio, il tastierista della band: lui è il vero fumettaro. Anche se io ho amato moltissimo l’opera Maus di Art Spiegelman.

Hai scritto molti brani per altri artisti, come Leo Gassmann e Laura Pausini. Con chi ti piacerebbe lavorare?

Sicuramente con Mina, la più grande: ha duettato con Blanco e magari è aperta ad altre collaborazioni. Aggiungo anche Adriano Celentano, un mio personale mito. Mi piace questa commistione tra voci vintage e moderne, è un trend che mi appassiona e in cui vorrei entrare. Tra le nuove leve, mi piacerebbe imbastire progetti con Bresh. Ha scritto canzoni incredibili come Angelina Jolie e Guasto d’amore. Nel mondo rap e urban mi piacciono diversi artisti.

Un programma tv targato Pinguini Tattici Nucleari?

Qualche richiesta di collaborazione è arrivata, ma solo per far parte di alcuni format già esistenti. Siamo ragazzi degli anni ‘90 e il piccolo schermo ci affascina ma temiamo che ci possa fagocitare. Per ora suoniamo, ma non escludiamo nulla.

Arriviamo al tour che vi porta per la prima volta negli stadi.

È quello che aspettavamo da una vita. Cerchiamo di non pensare troppo alla sacralità delle venue perché ci viene da pensare a Bruce Springsteen, Vasco, Ligabue. Entriamo in punta di piedi per la storia e il valore dei posti in cui suoniamo. Però sono contento che nuovi artisti possano accedere a location tanto importanti. Celebreremo la normalità.

In che senso?

Noi siamo persone normali che non avrebbero mai pensato di vivere facendo questo mestiere. E invece suoniamo negli stadi. Penso sia bello per i ragazzi che ci vedono e pensano: «Se ce l’hanno fatta loro ce la possiamo fare anche noi». Anche se servono un un po’ di fortuna e le stelle messe nel posto giusto. Ma il messaggio è: ce la si può fare.

Come saranno questi concerti?

Un compromesso tra quello che piace a noi e quello che ama il pubblico. Un gruppo pop deve trovare l’equilibrio tra queste due cose. Ci saranno le maggiori hit e alcune sorprese dal punto di vista dello show, con tecnologie che in Italia si vedono molto poco. Diciamo che sarà un live con i fuochi d’artificio, senza spoilerare troppo. La narrazione sarà come una favola sul rapporto tra falso e vero, dove noi saremo a volte i burattini e a volte i burattinai.

Il rapporto tra i Pinguini Tattici Nucleari e il viaggio?

Alcune canzoni sono nate su un treno, guardando il paesaggio fuori dal finestrino. Personalmente lo uso per andare a Bologna, una città speciale dove mi rinfresco la mente e nella quale sono nati i pezzi più significativi. La musica avviene solo se ti muovi e il dinamismo fa parte della nostra musica.

Cosa ti piace di Bologna?

I colli bolognesi, piazza Verdi… è una città che non ha paura di mostrarsi, dove convivono tante persone e anime diverse. Quando abbiamo suonato lì ci siamo sempre trovati benissimo.

Curiosità: Ringo Starr si è mai fatto vivo?

Non con noi, ma un giornalista ci ha detto che glielo ha fatto presente e Ringo ha risposto che lo sapeva. Ma non ci ha mai chiamati: questo vuol dire o che non ha tempo o che non gli è piaciuto il pezzo. Spero non se la sia presa perché volevamo fargli un elogio.

Hai visto l’Eurovision Song Contest?

Mi è piaciuta la svedese Loreen con la sua Tattoo e l’Unicorn di Noa Kirel. E poi ovviamente Marco Mengoni che è un fuoriclasse.

Se vi guardate indietro come vi vedete?

Siamo cambiati molto. Abbiamo lasciato tutto per la musica e questo comporta la paura di andare male, prima facevamo tutto col cuore più leggero. Cerchiamo di essere più inclusivi possibili, è la grande sfida del pop e le rivoluzioni si sono fatte anche grazie alla musica leggera. Parliamo a una platea molto ampia ed è giusto e doveroso.