© Matteo Strocchia e Marco Servina

Cresciuto a pane, Bob Dylan e Rolling Stones, ha capito di voler fare musica a nove anni, nella cucina di casa, quando il papà gli ha fatto ascoltare Nevermind dei Nirvana. Dai sogni grunge a un palco vero è stato un attimo e (Andrea) Venerus, meneghino, classe 1992, è diventato uno dei cantautori della nuova generazione capaci di innovare la scena contemporanea. Dopo il debut album Magica Musica ha convinto tutti con Il segreto, opera seconda zeppa di sperimentazioni. Il 3 novembre, da Treviso, è partito con il ‘18-‘23 Club Tour che lo porterà a girare l’Italia passando da Firenze (4) a Bologna (13), da Napoli (16) a Bari (18), fino Torino (30). Gran finale il 4 dicembre nella sua Milano.

Come sarà questa tournée?

Nei club c’è un’energia diversa, è come stare in un forno a microonde: una sorta di cottura che mi aiuta a strutturare lo show. Nello spettacolo farò tesoro delle esperienze vissute, pescando dal mio percorso in una sorta di viaggio nel tempo. Non voglio svelare troppo, ma sarà anche un modo per guardarci in faccia e vedere chi siamo.

E tu chi sei?

Una persona consapevole. A livello compositivo, prima ero più istintivo e attaccato ai miei ricordi d’infanzia: essendo un solitario compensavo con la scrittura la mancanza di rapporti umani. La musica mi ha dato tutto ciò che cercavo.

Cosa volevi fare da bambino?

Il mio primo desiderio era un palco variegato e variopinto. Ora che l’ho ottenuto, mi focalizzo su quello che voglio raccontare, sull’essere cantautore. Una prospettiva personale e maggiormente artistica.

Come fai?

Mi chiedo quali tematiche voglio approfondire, legate soprattutto agli incontri con la gente: lì risiede la chimica. Cerco di descrivere i miei mondi, la mia personalità.

In questo momento, che cosa rappresenta il palco per te?

Tante cose che trascendono il palco stesso. In tour sto bene: ho la costante sensazione di essere al mio posto. È un campo energetico, il cuore di quello che faccio. Mi trasmette un senso di comprensione e contatto. Sono a mio agio, lì la mia creatività prende vita anche col corpo e mi fa condividere col pubblico e le persone che amo la cosa che mi piace fare di più al mondo.

Sei attento all’ambiente?

La mia sensibilità mi porterebbe verso una vita a impatto zero. Vorrei che la mia esistenza pesasse il meno possibile sul pianeta dal punto di vista ambientale.

Quanto è importante il viaggio per la tua arte?

Tantissimo. Per me rappresenta una dimensione sempre viva, una sete che mi tiene con i piedi per terra alimentando la curiosità.