In apertura, Emilio Pucci Junior. 
Collezione Fall-Winter 2020/21, presentata a Palazzo Pucci di Firenze durante Pitti Bimbo 90

Una scuola che chiede ai ragazzi di identificare i contenuti con le loro passioni e i loro desideri, una scuola che non accumula testi ma li approfondisce, una scuola appassionata e che appassiona». Con queste parole Raffaele Mantegazza, docente di Scienze umane e pedagogiche all’Università degli studi di Milano-Bicocca e autore del libro ed ebook La scuola dopo il coronavirus (Castelvecchi, pp. 25 stampa € 6,50, ebook € 2,99), racconta il senso più profondo dell’istruzione, che ha vissuto sulla sua pelle durante l’ultima maturità, segnata dall’emergenza coronavirus. «Quest’anno più che mai i ragazzi che ho visto all’esame di Stato volevano essere protagonisti del colloquio orale. Hanno dato il meglio, dimostrando che per loro il periodo di chiusura era stato uno stimolo e non un alibi per non studiare. La scuola deve credere nei ragazzi e ne sarà ripagata dieci volte tanto», spiega il professore, innamoratissimo della sua professione e di quello che è capace di offrire. 

Raffaele Mantegazza

Davanti al portone, in attesa che la campanella suoni nuovamente, a tenere banco è soprattutto la questione del “metro fra le rime buccali”, cioè la distanza tra le bocche prevista dal ministero dell’Istruzione per garantire maggior sicurezza tra gli studenti. «È importante mostrare ai ragazzi che stare lontani fisicamente non significa esserlo affettivamente. Per questo l’espressione “distanziamento sociale” è da evitare. Possiamo essere vicini a una persona anche a un metro da lei: contano i gesti, i sorrisi, le parole, l’ascolto», ci tiene a chiarire. «Dobbiamo insegnare ai ragazzi (e imparare noi per primi) che la scuola è un luogo dell’anima e delle emozioni prima di essere uno spazio fisico e architettonico. Il che significa anche spostare i banchi, lasciar scegliere ai ragazzi il compagno più vicino, cambiare le disposizioni, riempire i muri di disegni e poster, mostrando come un’aula sia un organismo vivente», prosegue Mantegazza. In vista della ripresa, si riflette anche su come ripensare le lezioni dopo il lungo periodo in casa. «I ragazzi devono tornare in classe con il sorriso e tanta voglia di imparare. Per questo consiglio agli insegnanti di presentare i temi in modo coinvolgente: per un alunno quello che conta non è Leopardi ma il “suo” Leopardi, cioè quello che l’autore riesce a trasmettere oggi a un dodicenne o a un sedicenne», precisa. «Suggerirei pochi contenuti ma ben selezionati e, soprattutto, adatti al momento che i ragazzi hanno vissuto. Bisogna prima di tutto ascoltare gli studenti, capire con quale animo rientrano in classe e cosa si aspettano, emotivamente, da questo nuovo anno scolastico». D’altronde, veniamo da un periodo che in alcune famiglie italiane ha provocato sofferenza e magari la perdita di persone care. «Inevitabilmente a scuola si dovranno affrontare temi come la malattia, la fragilità, il lutto. Forse questa tragedia potrà insegnarci che la cultura è nata proprio come baluardo contro la morte e che non spiegarla ai bambini e ai ragazzi significa lasciarli senza difese e senza strumenti quando questa bussa alla porta, a volte in modo massiccio come è accaduto con il Covid-19». Occorre riflettere poi sui cambiamenti nella didattica, soprattutto dopo il largo uso di mezzi informatici sperimentato durante il lockdown. «Propongo una metafora: la mascherina è utile, ma non vediamo l’ora di respirare normalmente. Per la didattica a distanza è esattamente la stessa cosa: l’abbiamo conosciuta e usata, ma è uno strumento e ha avuto un buon risultato solo dove esistevano già relazioni positive tra insegnanti e studenti. Questi mesi di aule vuote devono farci profondamente riflettere su quanto il nostro insegnamento incroci o meno i corpi dei ragazzi, poiché purtroppo a volte ci rivolgiamo solo alle loro menti (e senza raggiungerle). Non bisogna pensare che una persona impari solo stando cinque ore seduta in un banco, del resto Aristotele insegnava filosofia passeggiando. I contenuti passano solo se c’è la relazione, se eliminiamo quella restano vuoti programmi senza vita».

Mascherine per bambine della campagna di sensibilizzazione #SorridiConGliOcchi di Simonetta, in collaborazione con la Fondazione Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona