Foto di Ruth Orkin
In apertura American Girl in Italy, Firenze, Italia (1951)
Talvolta, le occasioni perse generano nuove opportunità e le vocazioni non ascoltate si rimodellano per creare percorsi inediti. Come è successo a Ruth Orkin, che non voleva intraprendere la carriera di fotoreporter. Ispirata dal lavoro della madre Mary Ruby, attrice di cinema muto, aveva preso la decisione di diventare regista. Ma quella strada era disseminata di ostacoli per una donna americana del primo ‘900 e, così, Orkin optò per un altro mestiere che le consentisse comunque di narrare storie.
Two american tourists, Roma, Italia (1951)
Il risultato fu un linguaggio nuovo, fatto di immagini che uniscono la staticità del mezzo fotografico ai tempi elastici del cinema. Le sue foto-racconto sono esposte fino al 16 luglio nelle sale Chiablese dei Musei reali di Torino nella mostra Ruth Orkin. Una nuova scoperta, che tramite 156 scatti ripercorre la sua carriera inaspettata, dai primi esperimenti del 1939, quando ancora 17enne intraprese in solitaria un viaggio in bicicletta attraverso gli Stati Uniti, fino agli anni ‘60.
Perla dell’esposizione è American girl in Italy, che immortala la studentessa statunitense Nina Lee Craig tra le vie di Firenze nel 1951. La ragazza si è prestata come modella per una serie di foto originariamente intitolata Non aver paura di viaggiare da sola e viene ripresa a passeggio tra gli sguardi di uomini ammiccanti o mentre sfreccia su un motorino guidato da uno di loro.
Jinx and Justin on Scooter, Firenze, Italia (1951)
Ma sono tante le storie raccontate dall’obiettivo della fotoreporter, quasi tutte con un finale aperto da indovinare: i bambini di Tel Aviv che si vedono in Seawall, intenti a liberarsi di pantaloni e scarponcini, si saranno tuffati insieme cementando la loro amicizia? Le loro vite avranno continuato a intrecciarsi negli anni? E come sarà proseguito il viaggio delle due donne ritratte in Two american tourists, sedute al tavolino di un bar romano?
Seawall, Tel Aviv, Israele (1951)
Ecco che l’occasione mancata di Orkin di diventare regista si tramuta in una nuova opportunità per chi visita la mostra: fantasticare su avventure immaginarie, sognando a occhi aperti e inventando finali inediti. Ognuno regista delle proprie storie.
Articolo tratto da La Freccia
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