Palazzo della civiltà italiana, Roma. Foto di tutto il servizio © Giancarlo Pediconi
«Ho scelto un momento di luce speciale, che passa in un attimo, quando non è notte né giorno: il tramonto. Il momento magico che coglieva Giorgio de Chirico, l’ora metafisica». Sono istantanee quelle catturate da Giancarlo Pediconi, esposte fino al 24 dicembre nella mostra L’imbrunire - Roma e altrove. Le 35 immagini si possono osservare nella galleria La Nuova Pesa, in via del Corso 530, a due passi da piazza del Popolo. La prima inquadratura di questa serie, però, è nata fuori Roma, “nell’altrove”, davanti alla chiesa di San Biagio a Montepulciano (SI).
«Mi sono ritrovato qui poco prima della notte, attratto da un’atmosfera diversa dal solito, con le luci artificiali che iniziavano ad accendersi. È stata una riscoperta e una scoperta», racconta Pediconi, classe 1937, architetto di professione prestato alla fotografia.
Era l’agosto 2020 e, da quel momento in poi, l’artista ha scattato una serie di foto al tramonto in Toscana, nella Camargue in Francia e, infine, a Roma. «È la città dove vivo e, quando si accende di luce artificiale, evoca un senso di mistero.
In questo particolare momento della giornata mi è sembrata fotogenica, mentre in precedenza non mi aveva attratto in particolare. Mi sono ricreduto e ho rappresentato una sua bellezza diversa, non ostentata, senza toni barocchi o prorompenti».
Pediconi ha studiato quindi i posti puntando l’obiettivo verso occidente. Ed ecco che sono nate le inquadrature di Sant’Ivo alla Sapienza, con il campanile immortalato in un momento di chiarore, del Palazzo della civiltà italiana all’Eur con la luce che viene dall’interno o della Colonna Traiana dal colore candido, quasi accecante.
La scelta è ricaduta su questi soggetti perché trasmettono sensazioni paradossali e dicotomiche, come il tramonto che è «infinito e rapido nella sua evoluzione». I cavalli in pietra nella piazza del Quirinale o il delfino scultoreo in piazza del Popolo sembrano vivi. «Sono esseri metafisici, fermi ma in movimento, in un silenzio che si sente», osserva Pediconi, appassionato di fotografia fin da piccolo.
Fu il padre, infatti, a trasmettergli la voglia di girare il mondo regalandogli una macchina per catturare scorci e prospettive. «Amo viaggiare in libertà. La mia professione da architetto mi porta a dover acconsentire alle richieste e alle esigenze di altri», ammette, «ma quando scatto faccio come voglio. E mi perdo dietro alle immagini».
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