In apertura Afro, Il sigillo rosso (1953)

Pennellate emotive e colori vibranti contraddistinguono le opere di Afro Basaldella, pittore di origini friulane protagonista dell’arte internazionale del secondo dopoguerra. Le tele che lo hanno reso famoso in Italia e all’estero sono esposte fino al 23 ottobre a Venezia, una delle città dove l’artista si è formato, nella Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro. La mostra Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno/From Italy to America and Back ripercorre il ventennio decisivo della vita professionale del pittore, con una selezione di opere proveniente dal suo periodo americano.

 

Viaggiatore del mondo, Afro non rimase mai fermo nella sua Udine, ma lavorò tra Roma, Venezia, Firenze, Parigi, lasciando ovunque le sue orme e, allo stesso tempo, portando via con sé nuove idee e ispirazioni. Negli anni ’50 si trasferì negli Stati Uniti, dove entrò in contatto con la Scuola di New York, stringendo rapporti professionali e di amicizia con artisti come Jackson Pollock e l’olandese Willem de Kooning, e sviluppando un legame spirituale con l’armeno Arshile Gorky, uno degli esponenti del gruppo informale, scomparso due anni prima dell’arrivo di Afro.

Afro, Occhio di lucertola (1960)

Afro, Occhio di lucertola (1960)

Negli anni del dopoguerra, vivaci influenze internazionali si combinavano alla rinascita economica e culturale dei Paesi occidentali, producendo risultati inaspettati nel campo artistico. Nascevano espressionismo astratto e action painting, che profondamente influenzarono l’opera di Afro, caratterizzata da ricerca e sperimentazione dinamica, e da una necessità di spingere sempre più il proprio stile verso un astrattismo privo di vincoli.

 

La sua arte si affermò come ponte tra la cultura pittorica italiana e quella americana. Particolarmente apprezzata dal collezionismo Usa, infatti, la produzione di Afro seduce e incuriosisce. Ogni tratto è un’indagine nell’Io, tanto investigato nel periodo post-bellico per ridare un senso alle esistenze spezzate dalla guerra. Libere e impulsive, le pennellate riproducono sulla tela i paesaggi della vita dell’artista, così come le sue esperienze ed emozioni, in un confondersi di sguardi: uno introspettivo sulla propria, personalissima, sensibilità, e uno focalizzato sull’interpretazione del quotidiano.

Afro, Villa Fleurent (1952)

Afro, Villa Fleurent (1952)

Ogni avvenimento si trasforma in un viaggio intimo alla scoperta di sé. Ogni dipinto sembra rispondere a un’urgenza, vuole comunicare il proprio vissuto senza aspettare né perdersi in inutili ragionamenti. Una riconquista del tempo perduto che si fa creatività spontanea, esplosione di significati nascosti tra le forme astratte e le cromie sfacciate. Un modo per riappropriarsi della libertà personale, una sfida ai tradizionali canoni estetici e alle imposizioni sociali.

 

Organizzata in collaborazione con la fondazione Archivio Afro, l’esposizione di Ca’ Pesaro presenta 45 capolavori dall’artista ma anche alcune opere dei talenti internazionali che hanno ispirato o accompagnato il pittore durante gli anni della maturità: dal romano Toti Scialoja al cileno Roberto Matta, fino ai già citati Gorky e De Kooning.

 

Il risultato è un percorso immersivo che non si limita a rendere omaggio a uno dei più grandi artisti italiani del secondo ‘900, ma ripercorre e mette in mostra 20 anni di progresso occidentale, rivelandone dolori e slanci gioiosi, potenza e delicatezza. Un incontro che rivela la complessità dell’animo umano, un istinto di sopravvivenza che suona come un riscatto del tempo perduto.

Articolo tratto da La Freccia

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