In apertura, Gianni Berengo Gardin. Treno Roma-Milano (1991) Courtesy Fondazione Forma per la fotografia
Nel vagone di un treno diretto a Milano due donne si abbandonano al sonno, cullate dal ritmo della corsa. In un gioco di riflessi, una terza figura si sovrappone a loro. Il suo sguardo è attento, probabilmente rivolto oltre il finestrino a indagare il paesaggio. È uno scatto del 1991 ma la varietà di forme, pose e costumi anticipa la fluidità che contraddistingue il tempo presente.
La fotografia fa parte della mostra Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, al MAXXI di Roma fino al 18 settembre. Oltre 200 immagini, tra celebri, poco note o completamente inedite, realizzate dall’artista in quasi 70 anni di carriera. Un racconto in bianco e nero dell’Italia che, dal dopoguerra a oggi, restituisce il ritratto di un Paese complesso ed eterogeneo.
Dalla Venezia degli anni ‘50 alla Milano delle lotte operaie, attraversando quasi tutte le regioni italiane, la ricerca di Gianni Berengo Gardin tocca territori, comunità ed esperienze diversificate. Se al centro delle foto c’è l’essere umano colto nella sua dimensione sociale, dietro l’obiettivo un osservatore partecipe ne raccoglie la
testimonianza con enorme rispetto, esaltandone la vitalità. Il risultato è una fotografia-documento di grande valore politico e poetico, un fermo immagine della realtà che arriva, potentissima, all’occhio di chi guarda.
Articolo tratto da La Freccia
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