In apertura, Lo sciamano Yanomami dialoga con gli spiriti prima della salita al monte Pico da Neblina, Brasile (2014) © Sebastião Salgado/Contrasto
Per sette anni, il fotografo brasiliano Sebastião Salgado ha documentato la vita nella foresta amazzonica, stabilendosi nei villaggi che la popolano e immortalandone i paesaggi. La mostra Sebastião Salgado. Amazônia, ospitata dalla Fabbrica del vapore di Milano dal 12 maggio al 19 novembre, si compone di due sezioni, per un totale di oltre 200 scatti che restituiscono al visitatore l’esperienza immersiva dell’autore. Una prima parte è dedicata alla fotografia paesaggistica, dagli scorci panoramici della foresta vista dall’alto fino al peculiare fenomeno dei fiumi volanti, lo spostamento da una zona all’altra di grandi masse d’acqua sotto forma di vapore.
Rio Jutaí. Stato of Amazonas, Brasile, 2017 © Sebastião Salgado/Contrasto
La seconda sezione si concentra invece sulle popolazioni indigene che abitano l’Amazzonia. Nuclei familiari, volti e tradizioni sono immortalati in fotografie raccolte in allestimenti che rimandano alle ocas, le abitazioni tipiche, e che, disposte all’interno del percorso, tra le immagini di ambientazione paesaggistica, evocano le piccole comunità indigene che sopravvivono nella foresta. Ci si ritrova così avvolti da toccanti chiaroscuri e incantati dall’ipnotica traccia audio ispirata ai suoni della natura, che accompagna la visita, creata appositamente dal compositore francese Jean-Michel Jarre. Mentre l’esposizione, curata da Lélia Wanick Salgado, autrice e produttrice cinematografica ambientalista, proietta i visitatori in una natura spettacolare, ne rivela al tempo stesso la fragilità. Denuncia le conseguenze della deforestazione e del cambiamento climatico sulle popolazioni indigene e sull’intero pianeta, mostrando tutto ciò che di unico e prezioso rischia di scomparire.
Articolo tratto da La Freccia
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