Frida Kahlo con statuetta olmeca (1939) © Nickolas Muray Photo Archives

Quando si sono conosciuti lei era una giovinetta non ancora ventenne con i capelli vaporosi tagliati sul collo. Lui invece, il doppio dei suoi anni, era già uno dei più affermati artisti messicani nel mondo, attivista ed esponente di spicco del Partito comunista. Lei lo adulava e lo spiava mentre dipingeva corpi di modelle pastose o realizzava i famosi e giganti murales con cui comunicava alle masse di contadini analfabeti. Frida Kahlo e Diego Rivera, soprannominati la colomba e l’elefante per le loro fattezze fisiche, hanno intrecciato biografie e arte senza risparmiarsi, impastandole a ideali di giustizia, lotte politiche e genio. A far loro da sfondo, come quinta irrinunciabile della loro storia, un Messico attraversato da una delle più grandi rivoluzioni del ‘900.

 

Frida e Diego, insieme, hanno odorato gli stessi cambiamenti sociali, soffiato sul vento delle lotte democratiche accanto ai contadini sfruttati da secoli, viaggiato in lungo e in largo, incontrato intellettuali, dipinto, creato e raccontato il loro tempo con colori accesi e oli brillanti. E si sono amati, consumando una tra le storie d’amore più celebri e intense nel mondo dell’arte, fatta di sentimenti totalizzanti, tradimenti, abbandoni e ritorni. 

Diego Rivera Sunflowers (1943)

Diego Rivera Sunflowers (1943) © Banco de México Diego Rivera Frida Kahlo Museums Trust Mexico, D.F. / By Siae 2023

A Padova, negli spazi del Centro culturale Altinate San Gaetano, fa tappa fino al 4 giugno la mostra curata da Daniela Ferretti che racconta i due pittori sudamericani attraverso le tele provenienti dalla collezione statunitense di Jacques e Natasha Gelman, in cui spiccano anche i famosi autoritratti di Frida. La relazione consumata tra i coniugi Kahlo-Rivera, tratti dolorosa e dannosa, ha funzionato per entrambi da combustibile creativo, insieme alla politica, alimentando e tenendo viva la loro carriera artistica. Si sono raffigurati a vicenda, aggiungendo ogni volta dettagli intimi o scene di sentimenti collettivi. Un fuori e dentro la coppia, il privato e il pubblico fermato con oli e affreschi come se la pittura fosse un diario per immagini.

 

I grandi murales di Rivera sulle facciate dei palazzi raccontano le trasformazioni socioculturali della storia messicana e le antiche tradizioni indios, lanciando messaggi di lotta di classe leggibili da tutto il popolo. All’opposto Frida perlopiù si autorappresenta, scarica nei suoi dipinti tutto il dolore e i lutti reali che il destino le riserva, utilizza spatola e pennelli come strumenti di cura e liberazione dal male, quello fisico in primis. Inizia a pitturare dopo un terribile incidente che la immobilizza a letto per mesi e le procura fratture gravi in tutto il corpo, lasciandole piaghe nell’anima, ossa rotte e tormenti per il resto dei suoi giorni. Dipinge distesa, mentre è allettata, osservandosi attraverso uno specchio, e così racconta di sé a sé stessa, si autoraffigura con quel corpo fracassato che le procura aborti e occhi colmi di lacrime. O si descrive nei famosi primi piani con le folte sopracciglia nere, le acconciature fiorite e gli abiti tradizionali che la presentano come donna libera di scegliere, caparbia e scevra da ogni etichetta, amata da uomini e donne, osannata da artisti come Vasilij Kandinskij, Marcel Duchamp e persino Pablo Picasso, proiettandola fino ai giorni nostri come icona dell’arte contemporanea e simbolo di emancipazione femminile. In mostra anche molti scatti di Frida realizzati dai maestri internazionali che l’hanno conosciuta, tra cui Héctor Garcia, Manuel Álvarez Bravo, Lucienne Bloch, Edward Weston, Nickolas Muray, e che hanno posato lo sguardo sulla pittrice, donna libera e fragile allo stesso tempo. 

Diego on My Mind (Self-portrait as Tehuana) (1943)

Diego on My Mind (1943) © Banco de México Diego Rivera Frida Kahlo Museums Trust Mexico, D.F. / By Siae 2023

Frida ha ammaliato e continua a farlo per quella lealtà verso sé stessa che è riuscita a infondere nei suoi quadri e per il coraggio e la maestria di aver espresso il sangue del ventre, la paura della perdita, la gracilità dell’esistenza, utilizzando la palette dei colori vividi e intensi che solo il suo Messico poteva offrirle. «Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita», scrisse. «Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego». Le colombe volano, gli elefanti no, ogni tanto si scontrano e incontrano.

 

Maggiori informazioni sul sito mostrafridapadova.it

 

Articolo tratto da La Freccia