In apertura Matthew Abbott, Salvare le foreste con il fuoco (2021) Australia © Matthew Abbott
Talvolta è difficile raccontare a parole l’impatto dell’uomo sulla natura e lo scorrere degli eventi. In certi casi, è più semplice farlo con un’immagine, testimone silenzioso, che non giudica e non cerca colpevoli. Come riesce a fare la foto vincitrice del World Press Photo 2022, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo, scattata dalla canadese Amber Bracken per il New York Times.
L’autrice ci trasporta sul terreno della Kamloops Indian Residential School, uno degli istituti nordamericani di rieducazione in cui i piccoli indigeni venivano deportati nel periodo coloniale. Nella zona, che oggi appare calma e silenziosa, sono state ritrovate circa 215 tombe. Quello dello scatto - sintetizza la fotografa azera Rena Effendi, presidente della giuria globale - è un «momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo».
Amber Bracken, Kamloops Residential School (2021) Canada © Amber Bracken
L’incontro tra culture diverse, nelle sue sfaccettature, è protagonista di molte delle 134 opere selezionate e in mostra alla World Press Photo Exhibition 2022, allestita in 70 sedi di 30 Paesi tra cui la Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, che la ospita fino al 18 settembre. L’edizione di quest’anno riserva un occhio di riguardo al tema dell’intercultura, dando spazio anche a realtà spesso marginali nella percezione comune.
Per questo sono stati modificati anche i criteri di selezione delle fotografie in gara: i finalisti sono stati scelti da una giuria regionale formata da professionisti esperti della zona geografica in questione, mentre a stabilire i vincitori è stata una giuria globale, composta dai presidenti di ciascuna commissione regionale.
Nanna Heitmann, As Frozen Land Burns (2021) Russia © Nanna Heitmann
Ciò ha permesso di dare voce a storie meno note al grande pubblico, ma ugualmente significative. Come quella di Antonella, la giovane studentessa di Buenos Aires che nel lasciarsi crescere i capelli ha trovato la sua identità durante la pandemia. O di raccontare pratiche antiche come quella del popolo indigeno Nawarddeken, in Australia, che da decine di migliaia di anni utilizza il fuoco come strumento per proteggere la propria terra, bruciando il sottobosco così da impedire l’esplosione di incendi più grandi.
Sono molte le narrazioni provenienti da ogni parte del mondo che, dense di significati, meritano di essere “ascoltate” attraverso le immagini. In Italia, oltre a Torino, gli scatti possono essere ammirati al Palazzo delle esposizioni di Roma e nel sotterraneo del Baluardo San Colombano, a Lucca, fino al 12 giugno. Fino al 3 luglio, sono esposti anche negli spazi del Forte di Bard, in provincia di Aosta.
Articolo tratto da La Freccia
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