In apertura: Jago, Apparato Circolatorio (2017) Ceramica, 30x15x15 cm - 30 pz -  Photo by Jago

Con la mostra Jago. The Exhibition, a Palazzo Bonaparte fino al 3 luglio, è giunto a RomaThe Social Artist”, il creativo che è riuscito a legare una forma d’arte mitica come la scultura all’attualità dei nostri giorni. «Utilizzo il marmo - sostiene Jago - come materiale nobile legato alla tradizione, ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo». Questo costante rimando tra passato e contemporaneo e l’abile e sapiente utilizzo dei social network sono tra gli ingredienti della fama ottenuta ad appena 35 anni dallo scultore che ha raggiunto vette spettacolari.

Jago, The First baby, 2019 Marmo, 3x3x7 cm Photo by Luca Parmitano

Jago, The first baby (2019) Marmo, 3x3x7 cm - Photo by Luca Parmitano

Partito dalla natia Frosinone, Jacopo Cardillo (così all’anagrafe) ha ottenuto un successo non solo mondiale, con mostre e lavorazioni in America e in Cina, ma addirittura cosmico: la sua opera The First Baby è stata la prima scultura inviata sulla Stazione Spaziale Internazionale, affidata alle cure dell’astronauta Luca Parmitano. Le distanze, dunque, non contano nella carriera di Jago e ciò tanto vero ancor di più nell’ambiente della Rete: attraverso dirette streaming, foto e video, l’artista coinvolge il suo pubblico del web nel processo inventivo e realizzativo delle sue produzioni, creando un legame del tutto innovativo con una platea di follower che si avvicina in questo modo alla statuaria, una forma espressiva troppo spesso tenuta lontana dagli interessi mainstream.

Jago, Habemus Hominem (2009/2016) Marmo, 60x35x69 cm Photo by Jago

Jago, Habemus Hominem (2009/2016) Marmo, 60x35x69 cm Photo by Jago

L’esposizione, organizzata da Arthemisia e curata da Maria Teresa Benedetti, una delle più rinomate critiche d’arte in Italia, raccoglie per la prima volta una serie di opere realizzate fino a oggi dallo scultore, dalle prime lavorazioni all'interno di sassi raccolti in un fiume alla recenti sculture di grandi dimensioni, ma rappresenta per il genio ciociaro un ritorno nella Capitale.

ASCOLTA L'INTERVISTA DI ALDO MASSIMI A MARIA TERESA BENEDETTI

 

Già nel 2018, infatti, era stato protagonista di una personale al Museo Carlo Bilotti, tra gli spazi verdi di Villa Borghese, con la stessa curatrice e il contributo tecnico di Ferrovie dello Stato Italiane. Si intitolava Habemus hominem, per evidenziare il cardine fondamentale dell’esposizione, l’opera omonima divenuta poi iconica della poetica dell’artista. Si tratta del secondo ritratto che Jago ha realizzato di Joseph Ratzinger: nel momento in cui Benedetto XVI rinuncia alla sua funzione di pontefice, le vesti papali della prima versione vengono scolpite ed eliminate in quella successiva, per lasciare spazio alla nudità, alla carnalità e ai segni della vecchiaia. Dal marmo fuoriesce l’uomo, spogliato del manto sacro, dopo aver rivoluzionato il rapporto tra umanità e divino.

Lo sguardo di Ratzinger torna così a esercitare il suo potere magnetico, inseguendo chi lo osserva da qualsiasi angolazione, anche in occasione della mostra a Palazzo Bonaparte. In compagnia di altre opere che, come Habemus hominem, invitano a riflettere sul lento fluire del tempo.

 

Una vita che scorre incessantemente nel bene, come nei casi di Memoria di sé, in cui l’immagine emozionante di un bambino rispecchia lo scorrere dell’esistenza di un adulto, e di Apparato Circolatorio, una rappresentazione delle fasi del battito cardiaco dedicata a un amico scomparso, un cuore che continua a battere oltre la vita nei pensieri di chi è stato amato.

Jago, Pietà (2021) Marmo, 140x80x150 cm - Photo by Jago

Jago, Pietà (2021) Marmo, 140x80x150 cm - Photo by Jago

Ma quella dell'uomo è una vita in cui non mancano neanche il male e la sofferenza. Lo ricordano i lavori Pietà, collocato nella Basilica di Santa Maria in Montesanto a Roma, la Chiesa degli Artisti, in cui un uomo desolato sorregge il corpo inanimato di un adolescente, offrendo un’impressione di grandiosità scabra e solenne, e Figlio Velato, proveniente dalla Cappella dei Bianchi nel rione Sanità di Napoli, che prende il nome dal Cristo Velato, capolavoro della Cappella Sansevero, sempre nella città partenopea, in cui un fanciullo giace inerme su una lastra di marmo, rappresentando la fine drammatica di tanti innocenti costretti ad affrontare un cammino pieno di insidie.

Jago, Figlio Velato (2019) Marmo, 200x100x50 cm - Chiesa di San Severo fuori le mura (NA) - Photo by Jago

Jago, Figlio Velato (2019) Marmo, 200x100x50 cm - Chiesa di San Severo fuori le mura (NA) - Photo by Jago