In cover, Vivian Maier, Digne-Les-Bains, Francia (1959) © Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Lo scatto in apertura di Vivian Maier coglie una bimba con gli occhi socchiusi e una dallo sguardo timido, accanto a una terza immaginaria, disegnata con il gesso sul muro. L’autrice sa come ritrarre i più piccoli: governante e bambinaia per quasi 40 anni, ne ha documentato volti, emozioni, espressioni, smorfie, giochi e fantasie.

Fino al 26 giugno i musei Reali di Torino, nelle Sale Chiablese, accolgono la mostra Vivian Maier. Inedita. Per raccontare la carriera e la vita della fotografa sono esposte oltre 250 immagini, molte mai viste, insieme a dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce, le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica da lei utilizzate e, infine, uno dei suoi cappelli.

 

Maier, considerata una delle massime esponenti della cosiddetta street photography, nata nel 1926 e morta nel 2009, ha prediletto sempre luoghi e quartieri di periferia, persone semplici, povere, proletarie. Lei stessa, tra la fine del 1900 e i primi anni del 2000, ha vissuto senza fissa dimora, costretta a mettere all’asta alcuni dei suoi negativi. Grazie al suo obiettivo, esseri umani che sentiva simili a lei sono diventati protagonisti assoluti.

Articolo tratto da La Freccia

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