Photo: © Nicola Simeoni/AdobeStock

Fuochi scintillanti e beneauguranti, cibi gustosi, rappresentazioni sorprendenti.

Il periodo natalizio in Italia è segnato da tradizioni secolari che mescolano fede e leggende, partecipazione popolare e creatività.

 

A nord, in Friuli-Venezia Giulia, alla vigilia dell’Epifania o la sera del 6 gennaio, si accendono i pignarûl, alti ammassi di legna e fieno da bruciare.

I fuochi scoppiettanti illuminano le vallate rievocando gli antichi riti propiziatori e di purificazione celtica, ereditati poi dal cristianesimo e declinati attraverso diversi simboli e usanze. La tradizione del pignarûl ha infatti radici millenarie ed è legata al culto di Beleno e Belisma, rispettivamente dio della luce e dea del fuoco nella religione politeistica.

 

Bisogna invece aguzzare la vista sul pelo dell’acqua per ammirare il presepe sommerso di Laveno Mombello, in provincia di Varese.

Le 42 statue di pietra a grandezza naturale dall’inizio di dicembre e fino all’Epifania vengono collocate su cinque piattaforme sott’acqua. In trasparenza si possono ammirare la grotta della natività e tante scene religiose che, immerse nelle profondità lacustri, assumono un fascino particolare.

 

Nel periodo di Natale in piazza De Ferrari, la più importante di Genova, si celebra il Confeugo, un rito che risale al tempo delle Repubbliche marinare.

Al termine del corteo storico, partito da piazza Caricamento, l’abate consegna al sindaco vestito da doge un fascio di rami d’alloro. Al rintocco del Campanon de Päxo, la campana collocata sulla torre Grimaldina, la pianta – chiamata appunto Confeugo – viene incendiata e dalla fiamma si traggono gli auspici per l’anno a venire.

Se sale dritta viene salutata con gioia, se storta è considerata un cattivo presagio. Insieme al Confeugo l’abate consegna al sindaco-doge anche i mugugni, un elenco di problemi lamentati dai genovesi che quest’ultimo si impegna a risolvere.

 

Sono le campane dell’Ave Maria a scandire l’accensione dei Natalecci a Gorfigliano, una frazione di Minucciano in provincia di Lucca. Alle 18 della Vigilia di Natale prendono fuoco questi giganteschi fasci di legname intrecciato preparati con sapienza secolare dai fedeli della Garfagnana.  

I Natalecci sono disposti sulle alture affinché siano ben visibili: l’intensità e la durata della fiamma sono valutati con grande attenzione perché la comunità sia illuminata dalla benedizione divina il più a lungo possibile.

La fiamma continua ad ardere anche dopo la nascita di Cristo, sostenuta da canti ed esortazioni per riscaldare Gesù bambino e i pastori che accorrono alla grotta.

Le ceneri dei Natalecci vengono poi raccolte e conservate dalle famiglie del luogo. Qualcuno invece le sparge sui campi per invocare la protezione sui raccolti.

 

Nelle Marche sono le candele a fare luce sulle Feste. Il paese di Candelara, in provincia di Pesaro e Urbino, onora il suo nome con l’evento Candele a Candelara, organizzato nei giorni dell’Avvento.

Per alcuni minuti, durante le serate, tutte le luci elettriche vengono spente.

Restano accese soltanto le fiammele di cera che, con la loro esile luce, rischiarano le piazze, le strade e le case. La singola candela è minuta ma tutte insieme generano un bagliore intenso, una sorta di richiamo all’unità solidale della comunità.

Festa Vigilia di Natale

Photo: © Alessio/AdobeStock

A Oratino, in provincia di Campobasso, la Vigilia di Natale si dà fuoco alla faglia, una torcia di canne pesante e imponente lunga 13 metri.

Circa 50 uomini la trasportano a spalle dall’ingresso del paese fino alla chiesa, il punto più alto del borgo, mentre la processione intona lodi e canti natalizi.

Con una fatica sovrumana viene innalzata accanto al campanile e data alle fiamme dopo la benedizione del parroco. Una luce potentissima, emblema abbagliante della vittoria del bene sul male, si diffonde tutto intorno e simboleggia il trionfo di Dio sul demonio.

 

Scendendo verso sud si raggiunge Amalfi, dove è protagonista la stella cometa.

Nel comune in provincia di Salerno, l’astro che guidò i Re Magi alla grotta di Betlemme illumina la notte della Vigilia durante uno spettacolo da brividi.

La riproduzione della cometa viene calata dall’antica torre di avvistamento e scivola sul mare, lungo un cavo d’acciaio sospeso, fino a raggiungere il molo della darsena.

Una lunga scia argentata accarezza la costa, dove migliaia di persone seguono il viaggio con il cuore in gola. Il rito, accompagnato da canti e preghiere, ha un enorme significato simbolico perché contrappone al buio delle tenebre la luce della stella, segno della nascita di Gesù.

 

A Lecce si celebra la ricorrenza con il presepe allestito in Piazza Duomo, nel centro storico. La sua caratteristica è quella di riprodurre l’ambiente rurale del Salento, con la grotta della natività posizionata in mezzo a case coloniche, lunghe distese di uliveti, campi di grano e botteghe popolari.

 

Ma le Feste che chiudono l’anno sono ricche anche di tradizioni culinarie antichissime.

 

In alcune zone della Calabria sopravvive ancora l’usanza di cucinare uno speciale pane di Natale chiamato U Natalisi. La sua preparazione coinvolge tutta la famiglia e, a volte, ai parenti defunti è affidata la benedizione del lievitato che arriva in tavola.

Le decorazioni sono stupende: dalle semplici croci alle complesse ghirlande di fiori, fino alle mani intrecciate e alle sagome di Gesù bambino poggiate sulla superficie per impreziosirlo. Il pane rappresenta una benedizione per la famiglia ma anche un’occasione di incontro con i vicini, con cui si scambiano le forme più belle non senza un sottile desiderio di competizione.

 

A Orgosolo, in provincia di Nuoro, il 31 dicembre i bambini sono invece protagonisti della Sa Candelaria, una tradizione che ricorda la festa di Halloween più recentemente importata in Italia. Muniti di grandi federe bianche, i piccoli girano di casa in casa recitando la formula «A nolla dazes sa candelaria?» con cui invitano gli abitanti a donare caramelle, dolci, frutta e ogni altro ben di Dio come, per esempio, il Su coccone, un pane soffice e buonissimo che si prepara con farina di semola di grano duro.

 

Articolo tratto da La Freccia di dicembre 2023

Rispetto alla versione cartacea, è stato modificato il luogo in cui viene allestito il presepe di Lecce.