«Questi 25 anni ci sono stati, sono successi, accaduti. Per una persona che ha messo la musica al centro della propria vita non era scontato. Ci sono stati percorsi altalenanti, curve pericolose, discese ardite e risalite, come diceva il poeta». Niccolò Fabi racconta così una carriera di canzoni d’autore, sempre sul filo della poesia ma senza tralasciare divertissement squisitamente pop. Un cantautore con la “c” maiuscola – forse troppo sottovalutato – che col suo lavoro (mai banale) è riuscito a ricavarsi una nicchia nel cuore di tantissime persone. Capaci di seguirlo per tutta l’Italia nel tour legato all’album Meno per meno, con gran finale il 28 maggio al Teatro romano di Ostia Antica (Roma).

Facciamo un gioco: ti dico i titoli di alcune tue famose canzoni e vediamo che cosa ti viene in mente. Partiamo con Capelli.

Tenerezza. È lo sguardo con cui si scruta una fotografia in cui si è molto giovani. Da una parte mi vedo completamente cambiato, dall’altra riconosco negli occhi sfumature che sono rimaste le stesse.

E se tiro in ballo Lasciarsi un giorno a Roma?

Serenità. È l’ultima canzone in scaletta nei concerti e rappresenta un momento di liberazione energetica condiviso con gli spettatori: è il pezzo più trascinante del live. Passiamo a È non è

La scelta. Già nel titolo ha una contrapposizione tra quello che risulta a noi congeniale e quello che non lo è. Professionalmente ha rappresentato la prima decisione importante nella correzione di una traiettoria che era partita con molto slancio, in una situazione a me non affine.

Che mi dici di Costruire?

Ha un significato importante che è cresciuto gradualmente. Forse identifica di più il mio linguaggio. È la preferita dalla maggioranza delle persone che mi seguono.

Arriviamo a Solo un uomo.

È importante. Un lavoro speciale, come il disco che porta il nome del brano. Penso sia la canzone che meglio definisce quello che provo a fare.

Se ti dico Ho perso la città?

È contenuta nell’album Una somma di piccole cose, scritto in solitudine, completamente fuori da qualsiasi confusione e sollecitazione esterna. È stato il mio primo disco in cima alla classifica delle vendite. Ed è il progetto a cui, per sempre, sarò affezionato.

Ultimo pezzo: Io sono l’altro.

Un monito, un avvertimento, un promemoria sul rischio di autocompiacimento narcisistico delle persone su loro stesse e sulle proprie convinzioni. È un invito a mantenere vivo lo sguardo sul punto di vista degli altri.

Col tuo sguardo, che artista sei oggi?

In cammino, in movimento. E spero di continuare a esserlo sempre.