In apertura: La Sainte-Chapelle a Parigi/La Sainte-Chapelle à Paris

Secoli oscuri, ma dagli incredibili colori.

È il Medioevo, la dark age più bistrattata dalla riflessione storiografica, che oggi si prende un’altra rivincita con la riapertura dello splendido Musée National du Moyen Âge de Cluny, a Parigi. Situato nel cuore del quartiere latino, il museo ha ripreso le attività il 12 maggio dopo quasi 18 mesi di chiusura e sette anni di lavori imponenti necessari per renderlo una realtà – come ci tengono a sottolineare i curatori – di “nuova generazione”: completamente accessibile, dotato di un’ampia area per l’accoglienza e rinnovato nei suoi percorsi di visita e nei criteri museografici adottati. Gli spazi sono quelli incredibili dell’Hotel di Cluny, foresteria voluta nel 1485 da Jacques d’Amboise, potente abate dell’ordine monastico cluniacense che controllava allora una fitta rete di abbazie nell’Europa occidentale.

Grazie ai restauri, che hanno interessato anche le terme romane preesistenti al complesso e in esso inglobate, torna al suo splendore la cappella della foresteria, un gioiello del Gotico fiammeggiante intessuto di trafori e nervature nelle volte ogivali, che ha restituito dopo i lavori del 2016 un’inedita coloritura grigio-azzurra.

Il museo ospita le straordinarie collezioni raccolte dal mecenate e cultore del Medioevo Alexandre du Sommerard – tessuti, tappezzerie, gioielli, armi, sculture – di proprietà dello Stato francese dal 1843 e ampliate nel tempo con nuove acquisizioni.

Tra tutte, l’arazzo La dama e l’unicorno, un’esplosione di colori incentrata sul tema dei sensi, i cinque fisici e l’ultimo – il senso profondo, quello del cuore – espresso dall’enigmatico motto à mon seul désir. Nei sei pannelli che compongono l’opera compaiono una nobildonna con la sua dama di compagnia e, sullo sfondo, un tripudio di fiori, essenze arboree e animali esotici - la scimmia e il leone - oltre al simbolico e allusivo unicorno bianco.

Difficile parlare ancora di decadenza e tetraggine, per un’epoca a cui dobbiamo invenzioni quali l’orologio, la candela, la botte, l’utilizzo della penna d’oca negli scriptoria, oltre alla riscoperta del pensiero filosofico greco e allo studio dell’algebra.

La Francia testimonia ancora oggi nei suoi paesaggi i fasti del Medioevo. Come a Noyon, città della Piccardia, nell’Alta Francia, dove Carlo Magno fu incoronato re dei Franchi nel 768: la sua splendida cattedrale di Notre-Dame, con la facciata incorniciata da possenti torri, è uno degli esemplari meglio conservati della prima architettura gotica francese. A Laon, nel dipartimento dell’Aisne, in Alta Francia – patria del nonno del grande sovrano carolingio – la cattedrale, sempre dedicata a Nostra Signora, appare un capolavoro gotico «dallo slancio mistico», come scrisse il critico d’arte di origini alsaziane Philippe Daverio nel suo La mia Europa a piccoli passi (Rizzoli 2019). Qui, alla faccia del secolo oscuro, le colonne della navata centrale ancora oggi rivelano tracce della originaria coloritura rossa. «Gran parte della nostra passione per i colori viene da allora», dall’età medievale, sottolineò proprio Daverio in una celebre lezione del 2018 al Teatro Carcano di Milano.

Medioevo a colori che in Francia raggiunge forse il suo culmine con i 600 metri quadrati di vetrate policrome nella cappella superiore della Sainte-Chapelle di Parigi, chiesa in stile gotico costruita alla metà del ‘200 per volere di S. Luigi IX; il più completo documento esistente al mondo dell’arte vetraria del XIII secolo. Cromie che trionfano anche nel sorprendente arazzo conservato nel Musée de la Tapisserie di Bayeux, in Normandia, narrazione della conquista dell’Inghilterra da parte del duca normanno Guglielmo il Conquistatore e probabilmente realizzato sotto la guida della moglie Matilde di Fiandra. Un tessuto di lino ricamato lungo 70 metri, dal 2007 patrimonio Unesco, che celebra la battaglia di Hastings (1066) e il conseguente inizio del dominio normanno oltre Manica.

Proseguendo da nord a sud sulle tracce del Medioevo si arriva in Provenza. Nella città di Avignone, dove si rifugiarono i romani pontefici. Il Palazzo dei papi, con le sue stratificazioni architettoniche, parla italiano nelle prime bifore e gotico fiammeggiante nelle decorazioni a gargoyle e ancora mostra gli stilemi dell’architettura franco-angioina nella facciata incorniciata dalla doppia torretta. Una varietà di toni che racconta ancora una volta una storia composita, ricca di espressioni e di apporti culturali diversi, come fu appunto il Medioevo nei suoi ricchi, luminosi colori.