In apertura una veduta di Genova vecchia

Lunga e stretta com’è, sembra scappar via dalla Toscana per tuffarsi verso la Francia. Da Ponente a Levante, in un susseguirsi di sali e scendi verso il mare, scogliere e spiagge, ville colorate d’altri tempi, filari e uliveti all’odor di basilico. Le colline sulle spalle e quella forma ricurva per cui sembra un abbraccio generoso al Mar Tirreno. La Liguria è una terra da attraversare come un funambolo sospeso sul filo: lentamente e con attenzione, senza perdersi neppure il più piccolo dei dettagli e dei profili, a bordo di un treno regionale che si ferma di stazione in stazione. Alla scoperta della tratta che porta da Genova a La Spezia, scelta tra le tante presenti nella guida I regionali da vivere. Liguria in treno, edita da Giunti per Trenitalia.

 

Uno spicchio lungo quasi 300 chilometri, sottile e schiacciato dalle Alpi e dall’Appennino. Montagne dolci che lasciano il passo a colline abitate da vigneti e uliveti o rocce imponenti che si gettano in verticale nelle acque salate. Portagioie di un paesaggio variegato dove coabitano città d’arte, porti, parchi nazionali, aree marine e riserve naturali, accanto a decine di borghi che paiono dipinti a mano e spuntano dall’entroterra o dal litorale coi loro castelli, campanili, fari e case affastellate tra esse. In mezzo, come la virtù, Genova la Superba tiene per mano il Ponente – che va da Savona e Finale Ligure fino a Sanremo e Ventimiglia – con il Levante di Santa Margherita, il Golfo del Tigullio e le Cinque Terre, fino alla Riviera spezzina.

GENOVA, PRISMA DAI MILLE VOLTI

Fuori dalla stazione di Porta Principe, il caldo fa brillare il marmo lattiginoso di cui è tappezzata la piazza di fronte. «Mi trovo ora in una vera bella città», scriveva Gustave Flaubert nelle sue lettere. «Si cammina sul marmo, tutto è marmo: scale, balconi, palazzi che si susseguono fitti; passando per le vie, si scorgono grandi soffitti patrizi tutti dipinti e dorati». Prima di prendere la direzione per le grandi residenze signorili conviene spingersi fino a via Prè, scorgere il Palazzo del principe Andrea Doria Pamphilj, e più in là il porto coi cantieri e la Lanterna, il faro ancora attivo più antico del Mediterraneo. Angusta e all’ombra delle strade dei nobili, via Prè, nel quartiere cantato da Fabrizio De André, avanza popolosa, tra strettoie e viuzze, verso via del Campo e fin dentro al cuore cittadino. In quel tratto, poco fuori dalla stazione, odora di mangiare speziato, brulica di empori multietnici e artigiani italiani, lambisce l’imponente Commenda di San Giovanni, il millenario convento e ospedale-ostello con due chiese sovrapposte l’una all’altra. Genova da subito appare un prisma dai tanti volti, crocevia di umani andirivieni condensato di molteplici paesaggi: le creuse acciottolate in salita verso monti e santuari o tortuose in discesa al mare, slarghi e piazze, viali risorgimentali e budelli medievali, residenze gentilizie e case popolari che si stagliano lunghe e strette. Da via Balbi, passando per via Cairoli collegata alla più nota via Garibaldi, entrambe arterie ottocentesche, inizia la parata degli oltre 40 palazzi iscritti ai cosiddetti Rolli (gli elenchi) di Genova, patrimonio Unesco dal 2006. Sobri ed eleganti fuori, qualcuno dall’aspetto un po’ fumé per via degli anni, dentro sono una carambola di affreschi, cortili, giardini pensili, marmi e stucchi, fontane e lucernari. Simboli dell’età dell’oro genovese, tra il ‘500 e il ‘600, quando la ricchezza dei casati di banchieri dava lustro alla repubblica oligarchica, oggi molti ospitano l’università. Il seicentesco Balbi-Senarega, dal carattere barocco e sede dei Beni culturali, custodisce un giardino arricchito da aranceti e un ninfeo con rocce e conchiglie. Poco prima, in un angolo che sembra plasmato con cartapesta, si apre una piccola piazza in discesa circondata da case medievali color sanguigno e dimora dei Truogoli di Santa Brigida, lavatoi del ‘600 sopravvissuti al tempo e alle trasformazioni urbane.

Palazzo Rosso, Genova

PALAZZI E CARUGGI

Sotto la Spianata di Castelletto, balzo panoramico sulla città vecchia e sul porto, inizia via Garibaldi, la Strada nuova, passeggiata rinascimentale e secentesca della ricca aristocrazia, costellata dai Palazzi dei Rolli. È possibile visitare Palazzo Rosso, Bianco e Tursi, nel circuito dei musei civici cittadini, per passeggiare tra gli arredi storici e nella pinacoteca, tra quadri della Scuola ligure e capolavori di fiamminghi, spagnoli e degli italiani Filippino Lippi, Guido Reni, il Veronese, oltre alla sezione dedicata a Niccolò Paganini, in cui sono conservati i suoi violini originali. Davanti all’Ecce homo di Caravaggio, merita rallentare il passo da turista per farsi trascinare dentro alla composizione dalle sue figure altezza uomo. Invece, occorre girare intorno alla giovane e opalina Maddalena penitente del Canova per percepirne la sensualità delle forme e la piccola lacrima che le scivola sul viso. Svoltando in uno dei tanti vicolini che si irradiano verso il basso ci si addentra nelle viscere medievali di Genova. Entro quelle che furono le mura del 1100 si snoda un dedalo di caruggi che mantengono un fascino decadente non ancora standardizzato dal turismo di massa. A partire da via della Maddalena, piena di botteghe storiche, passaggi, varchi, chiesette, portali in rilievo, inserti di ardesia, archetti pensili, logge chiuse, panni stesi. Oltre a una quantità di edicole votive fatte erigere dalle corporazioni dei mestieri che lì vendevano le loro merci. Via degli Orefici, vicolo del Fabbro, piazza dei Macelli, del Ferro o Lavagna, fino a piazza Luccoli, dove iniziava il bosco.

TRA SANTI, NAVIGATORI E POETI

Ovunque, il profumo di basilico pestato esce dalle trattorie storiche coi tavolini in strada. Da Sa Pesta si assaggiano anche la farinata, il polpettone patate e fagiolini e le torte col formaggio acido. A pochi passi, la Superba si stiracchia e fa spazio alla Cattedrale. Romanica d’impianto, gotica in facciata, portale alla francese, tripudio di marmi policromatici e leoni stilofori, è dedicata a San Lorenzo ma all’interno ospita le reliquie di San Giovanni. Genova, si sa, è città di santi, navigatori e poeti. Poco avanti Palazzo Ducale, dove da fuori si distinguono ancora i passaggi segreti da cui il Doge accedeva al Duomo, usati poi per i condannati al tempo delle carceri. Oggi centro di produzione e promozione culturale ospita grandi mostre, tra le quali, prorogata fino al 10 ottobre, L’Italia di Magnum. Da Robert Capa a Paolo Pellegrin. L’ingresso è su piazza De Ferrari con le fontane a cupola, il Teatro Carlo Felice di fianco e l’inizio del largo viale XX Settembre, dove comincia la città moderna.

 

Ripreso il treno dalla stazione Piazza Principe inizia un calmo viaggio verso Levante. Sempre in bilico sul mare, rasentando giardini fioriti e limoneti s’incontra lo scoglio garibaldino di Quarto dei Mille fino a Nervi, con il suo complesso botanico, le ville circondate da roseti e, subito fuori dalla stazione, la passeggiata Anita Garibaldi sugli scogli. In alcuni punti, i vagoni sembrano scivolare sull’acqua tanto i faraglioni si lanciano a picco sui fondali per sfuggire alle montagne che da sopra occupano il panorama. Si susseguono borghi marinari, palmizi, spiagge e odore di salsedine: Bogliasco, Recco e più avanti il lungomare Vittorio Veneto di Rapallo, fino a Sestri Levante e poi, oltre, le Cinque Terre.

CAMOGLI, ROSA E ZAFFERANO

In mezzo c’è la sosta a Camogli, letteralmente appoggiata in perpendicolare tra cielo e abissi. Dalla stazione, stretta nell’entroterra, in qualche minuto e dopo un sali e scendi ripido di scalinate, si arriva a piedi alla passeggiata Garibaldi sulla tipica spiaggia dai sassi scuri. Di fronte la basilica di Santa Maria Assunta, appollaiata sul porticciolo in mezzo al mare col campanile a bombetta e l’abside cilindrica, raccoglie a sé tutto quello che c’è da godere di questo piccolo villaggio dai toni rosati e zafferano: la Palazzata colorata, le piazzette incastonate e, dietro, il porticciolo turistico vista faro. Per i camminatori, sempre dalla stazione e passando dalla frazione di San Rocco, parte un sentiero immerso nel verde che conduce all’abbazia di San Fruttuoso in circa un’ora e mezza. Un’apparizione se invece si arriva dal battello, con il monastero in pietra chiara incastonato esattamente tra il verde rupestre e il blu marino. Nelle giornate di mare grosso le onde si mangiano la piccola spiaggia e il porticciolo, insinuandosi fin sotto le arcate del chiostro. Lasciando l’eremo con le tombe della famiglia Doria, deserto e in balia delle acque.

Camogli

L’ELEGANZA DI SANTA MARGHERITA

Da Camogli si scende a Santa Margherita Ligure in pochi minuti, con il treno separato dal porto da qualche scalino. Elegante, le ville arroccate nella zona collinare e circondate da bougainville, dà il meglio di sé osservata a largo della costa, con la visione d’insieme che fa capire come, in questa terra, tutto guardi al mare. La fortezza cinquecentesca corrosa dai secoli, la piccola chiesa dei frati cappuccini decorata a strisce e, dietro, Villa Durazzo, scrigno di stucchi e grottesche, circondata da un grande parco pubblico in cui palme e fichi d’india si mescolano a canfore e cipressi. La sera lo struscio estivo parte da piazza Caprera, dove i bambini giocano a pallone davanti alla chiesa di Santa Maria d’Antiochia e gli adulti sorseggiano un bicchiere di vino bianco Doc proveniente da vigneti locali, eccellenza di queste zone. La mattina, cappelli a tesa larga e crema solare sul naso, in traghetto si può andare a prendere un caffè a Portofino, distante un quarto d’ora di navigata. Un pugno di case colorate e la famosa piazzetta snob dove aggirarsi tra boutique, cloni di Chiara Ferragni e signore in sandali color corallo. Imboccata la salita alla chiesa di San Giorgio, si arriva in una terrazza sempre al sole, dove contemplare tutto il borgo, il Castello Brown e l’orizzonte cristallino del Golfo Tigullio. Dietro alla chiesa, inaspettatamente, si può entrare nel piccolo cimitero dei portofinesi sospeso sulle rocce dove, “cullato dal ritmo alterno del mare”, riposa dal 1940 Nedo Nadi. L’unico schermidore al mondo che, alle Olimpiadi di Anversa del 1920, riuscì a vincere cinque medaglie d’oro. Incontrarlo battuto dal vento salato è stata la più bella sorpresa di Portofino.

Articolo tratto da La Freccia di agosto 2021