È uno dei più giovani sindaci d’Italia che ha dovuto affrontare l’emergenza causata dal Covid-19. Giuseppe Falcomatà, 37 anni, sindaco di Reggio Calabria, sta traendo forza dall’altruismo dei suoi concittadini con cui vorrebbe condividere presto uno sguardo rivolto al mare.

 

Qual è l’immagine o l’episodio che le è rimasto più impresso in questo periodo particolare?

Sicuramente corso Garibaldi deserto. È la via principale della nostra città, di solito piena di persone che passeggiano tra le vetrine dei negozi e i bar, è il cuore pulsante delle attività, un luogo d’incontro e di vita sociale per i reggini. Nel vederlo senza nessuno, ho sentito fortemente la mancanza di tutto questo.

 

Che cosa resterà a tutti noi di questa esperienza? E come cambierà il futuro della città?

Rimarrà un grande senso di comunità e tanta solidarietà che i miei concittadini hanno riscoperto in queste settimane. Abbiamo compreso che i problemi dell’uno sono quelli dell’altro. Questo è l’ingrediente principale per affrontare la fase due.

 

Come è stato il suo rapporto con i cittadini in queste settimane? L’abbiamo vista andare per la città e con forza invitare qualcuno a “passare pa casa”…

Il mio è stato un rapporto diretto, quotidiano, giornaliero, ora per ora e minuto per minuto. È fondamentale che le informazioni vengano dalle istituzioni e che i cittadini si rivolgano a queste. Sono stato presente anche attraverso pochissimi rimbrotti verso chi non rispettava le regole. Ma soprattutto ho comunicato attraverso i social, oltre che con la presenza lungo le strade e nei quartieri. Sono emerse tante storie poco conosciute dentro le quali si annida una sofferenza personale e sociale. Però, la città ha reagito con molti gesti concreti, pronta a dare una mano a chi non ce la faceva. Ci siamo confermati un popolo solidale e accogliente.

 

Cosa le resta di questa difficile esperienza, come uomo e come primo cittadino?

Un grande senso di vuoto. Abbiamo anche imparato che non bisogna considerare banale nulla, perché le cose che davamo per scontate non sono certezze assolute. Siamo fragili e deboli. Il mio è un invito a godere del quotidiano, quello che più ci è mancato.

 

Quali iniziative in suo potere intende attuare per agevolare la ripartenza nei vari settori della vita cittadina?

Devono essere misure complementari a quelle indicate dal Governo, perché nessuno si salva da solo. Una città metropolitana non può pensare alla fase due senza il sostegno centrale. Abbiamo già istituito un fondo di mutuo soccorso sul quale riceviamo donazioni di privati che stanno consentendo l’acquisto di mascherine, gel disinfettante e tute. Su questo fondo convergeranno le rimodulazioni dei fondi del Pon Metro e di altri finanziamenti, come fondi europei o governativi, che vogliamo utilizzare per il rilancio, destinando le risorse al sociale, al mondo del lavoro e al sostegno per le imprese. Con l’approvazione del bilancio è stata istituita la Fondazione di comunità, una sorta di ente no profit per gestire la fase due in maniera condivisa con operatori economici e associazioni di categoria, consentendo concretamente a un commerciante di rialzare una saracinesca o a un giovane di trovare lavoro o realizzare un’idea.

 

Quali strategie e proposte state studiando per favorire il turismo nei prossimi mesi?

Molto dipenderà dal distanziamento sociale. Per esempio, negli stabilimenti balneari il numero di ombrelloni sarà ridotto. Il nostro teatro da mille posti potrà accogliere meno persone. Saranno meno o assenti le manifestazioni all’aperto che, grazie al clima straordinario dalla primavera a tutto l’autunno, hanno sempre comportato entrate notevoli anche per le strutture ricettive. Bisognerà ripensare a ogni attività turistica e culturale in modo diverso. E trovare i modi per compensare eventuali perdite.

 

Dove vorrebbe andare o che cosa non vede l’ora di fare non appena usciti dall’emergenza?

La prima cosa sarà una passeggiata sul lungomare Falcomatà ad abbracciare, baciare e stringere tutte le persone che incontrerò. Noi reggini siamo molto fisici nelle manifestazioni d’affetto, anche per strada.

 

Questo lungomare è intitolato a suo padre Italo, che è stato sindaco dal 1993 al 2001. Pensa mai a un consiglio che le avrebbe dato?

Tutti i giorni lui è un punto di riferimento. Il suo esempio è praticare la politica con la P maiuscola, quella attenta ai bisogni dei cittadini, a risolvere i problemi e a programmare le giuste condizioni per lo sviluppo economico e sociale della città.