Sarà l’effetto Greta che ripudia i motori, sarà la capacità di sgusciare nel tetris urbano, ma in città girano sempre più biciclette. Lontanissimi i tempi in cui la macchina era l’attestazione reboante del proprio benessere sociale, oggi il suo possesso è vissuto da molti come un peso, e la mobilità è sempre più percepita come un servizio, che deve essere flessibile e adattarsi ai bisogni quotidiani. I veicoli in sharing — che siano macchine, scooter o bici — rispondono alle esigenze mutevoli ed estemporanee dei viaggiatori: si paga solo l’utilizzo effettivo, eliminando tutti i costi manutentivi e quelli legati alla proprietà. E la bici è leggera, silenziosa, adatta a piccoli spostamenti urbani, perfetta per raggiungere fermate e stazioni.

 

I numeri della mobilità condivisa crescono, ma inquadrare le dimensioni del bike sharing italiano è piuttosto complesso: «Stimarle è difficile perché esistono tanti piccoli servizi, alcuni con un numero esiguo di bici. Pensiamo, per esempio, a tutte le località turistiche», spiega Luca Refrigeri dell’Osservatorio nazionale sulla Sharing Mobility. Tuttavia un dato significativo per capire la portata del settore è il numero di biciclette disponibili: si è passati da poco più di 14mila nel 2015 alle quasi 36mila del 2018, con cui sono stati effettuati 15 milioni di spostamenti.

 

L’impennata si è registrata nel 2017 con l’avvento del free floating: mentre con il sistema station based le due ruote sono collocate nelle rastrellerie, con questa modalità sono individuabili tramite app grazie alla geolocalizzazione e possono essere lasciate all’interno di aree predefinite. Le città con un servizio a flusso libero sono Milano, Torino, Bergamo, Mantova, Padova, Ferrara, Bologna, Reggio Emilia, Firenze, Pesaro e Roma, per un totale di circa 22mila bici con cui circolare.

 

Le file dei rider urbani si sono ingrandite anche grazie alla diffusione dell’e-bike a pedalata assistita che vanno incontro ai meno allenati, permettendo loro di affrontare facilmente le pendenze e i tragitti più lunghi. «Negli ultimi due-tre anni è cresciuta molto la  cultura della bici e della mobilità  condivisa. Gli episodi di vandalismo  sono piuttosto isolati. Le biciclette  in sharing sono diventate familiari  e incontrano sempre di più i bisogni  degli utenti: comode, sicure,  ben illuminate, dotate di cestino o  portapacchi», prosegue Refrigeri. 

 

Aumenta anche la sensibilità delle  amministrazioni locali, impegnate a  redigere e approvare i Piani urbani  di mobilità sostenibile (Pums), promossi  dalla Commissione Europea  che ha diffuso le relative linee guida  puntando su accessibilità, sostenibilità,  sicurezza e condivisione.  Piste ciclabili, ciclostazioni e bike  sharing sono centrali in questa pianificazione,  considerando i benefici  di muoversi pedalando, soprattutto  in termini di riduzione dell’inquinamento  ambientale, acustico e di decongestionamento.

Tra le grandi  realtà, è Milano quella più avanti sul  fronte della sharing mobility ed è  stata tra le prime a mettere in piedi il servizio con BikeMi nel 2008,  arrivando nel 2018 a offrire 12mila  bici tra free floating e station based. Bolzano, lo scorso ottobre,  ha inaugurato la sua ciclopolitana,  costituita da una rete interconnessa  di piste ciclabili servita dal bike  sharing con un parco di 100 bici a  pedalata assistita e tre tricicli per  persone con difficoltà motorie (con  l’intenzione di aggiungere anche  cargo bike attrezzate con un carrello  anteriore per trasportare valigie).  Bene l’Emilia-Romagna, contraddistinta  da una storica vocazione per  i velocipedi soprattutto nei Comuni  di Ferrara, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Quest'ultima, lo scorso  settembre, è stata scelta da Mobike  per sperimentare, per la prima volta  in Italia e in Europa, le sue e-bike  a pedalata assistita a flusso libero  con spazi di parcheggio dedicati. A  Verona, prima della prossima estate, è previsto il raddoppio delle postazioni  per il bike sharing gestito  da Clear Channel, dove si potranno  noleggiare 170 nuove bici e 150  e-bike, 50 delle quali dotate di seggiolino. Firenze è uno dei centri con  la più alta densità di bici free floating:  nel 2018 ce n’erano 10,5 ogni  1.000 abitanti. A Roma, dopo l’uscita  di scena di oBike, in ottobre Uber  ha lanciato Jump - che in poco più di  un mese ha raggiunto il traguardo  delle 100mila corse - affiancato da  Helbiz cha ha debuttato a novembre  con alcune decine di e-bikes. 

 

Nel Meridione, invece, per le bici  condivise la strada è ancora in salita: secondo l’ultimo Rapporto nazionale  sulla sharing mobility manca  il sistema di free floating, mentre  quello station based ha servizi con  meno di 100 mezzi. Fa eccezione Palermo, caso singolare nel panorama  italiano: BiciPa ha una flotta di 400 unità ed è controllato da Amat,  azienda del trasporto pubblico che vede il Comune di Palermo come  socio unico. Mentre i servizi di sharing  mobility vengono solitamente  affidati a società private tramite  bando pubblico, nel capoluogo siciliano  vengono gestiti direttamente  dall’amministrazione comunale. 

 

Ma il divario tra Nord e Sud non è l’unica questione sollevata dal bike sharing: i pagamenti digitali escludono  una consistente fascia di popolazione che ha poca confidenza  con la tecnologia e le zone periferiche  rimangono tagliate fuori. «È  molto importante che il soggetto  pubblico fornisca indirizzi chiari.  Per esempio, all’interno dei contratti  con gli operatori, può inserire  determinati requisiti di copertura e  accessibilità del servizio». Gli amministratori  locali non solo possono  orientare il bike sharing verso una  maggiore equità, ma possono sfruttarlo  per migliorare la mobilità urbana: «La digitalizzazione permette  di ottenere dati rilevanti dagli utenti,  come le aree più frequentate o  gli orari di maggior concentrazione. Tali informazioni, che costituiscono  parte di un sistema complesso,  possono essere studiate e integrate  per conoscere gli spostamenti dei  cittadini e calibrare con criterio, per  esempio, il trasporto pubblico locale  o la viabilità».

 

La direzione da  seguire, insomma, è quella che va verso smart city a zero emissioni,  capaci di migliorare la qualità della  vita degli abitanti. E nel progressivo  avanzamento di una mobilità a misura  d’uomo, il bike sharing è pronto  alla volata.