In cover, photo © ipopba/Adobestock
Sarebbe stata tutta un’altra storia se, come speravamo, avessero prevalso, ai venti di guerra, le brezze della primavera evocate nel nostro editoriale di marzo, inviato in tipografia a poche ore dall’inizio del conflitto in Ucraina. Purtroppo, non è stato così. Ha prevalso la barbarie, hanno vinto, fin qui, gli armamenti, come in altre martoriate terre, come per le genti dello Yemen, della Siria, del Tigray, per citarne alcune. Ed è stato sangue, è stato dolore: un susseguirsi di distruzioni e lutti, di esodi obbligati verso sopravvivenze e futuri incerti.
Tuttavia non vogliamo seppellire, insieme alle vittime che la guerra ha già seminato, la nostra testarda vocazione all’ottimismo, la fiducia che la notte finisca, e il più presto possibile. Di parole e discorsi, di interpretazioni storiche e suggerimenti tattici, strategici, politici ci siamo riempite le orecchie, in queste settimane, fino alla nausea. Ma al di là dei verbosi talk televisivi, sono state le interviste e le immagini, con i volti dei bambini e le storie dolorose di intere famiglie, che tanti coraggiosi reporter ci hanno offerto, a trafiggere le coscienze, sollevando un’onda di vivida solidarietà che ha pervaso tutta l’Europa e il nostro Paese.
Un’onda che vede coinvolto anche il nostro Gruppo, e tanti singoli ferrovieri, membri di una famiglia saldamente unita da un forte spirito di appartenenza, intriso di profondi valori etici e civili. No, non vogliamo smettere di pensare che la vita sia bella, nonostante tutto. E che tutti dovrebbero avere diritto a viverla, e a trarne una qualche felicità. Così, nel mese in cui le confessioni cristiane celebrano la Pasqua, e anche noi ve la raccontiamo, credenti e non credenti non possono non avvertire un incontenibile anelito, che si tramuta in fede anche laica (inevitabile ossimoro), alla rinascita.
L’abbiamo evocata nello strillo di copertina. Come sconfitta di ogni tenebra e di quella violenza che rende sterile l’esistenza. Come possibilità di far fiorire la vita nel e dal dolore. Ci insegna Ungaretti che non c’è mai, nella guerra, paese più straziato del cuore di chi sopravvive. Eppure è proprio da quello strazio che può e deve rifiorire la vita. Rinascere dalla memoria viva del male subìto e inferto. È vero, l’umanità è e resterà imperfetta. Ma quell’imperfezione può essere mitigata, o imbrigliata, o incanalata verso manifestazioni non aggressive, trasformarsi persino in arte.
Intanto La Freccia di aprile, come sempre, cercherà di accompagnare i vostri viaggi offrendovi spunti di riflessione, momenti di leggerezza e ispirazioni per viaggiare ancora e per scoprire i nostri lati migliori. E i frutti buoni delle nostre imperfezioni.
Articolo tratto da La Freccia di aprile 2022
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