In apertura la copertina del libro Fame d'aria, edito da Mondadori
"I genitori dei figli sani non sanno niente". Questa volta Daniele Mencarelli parte da un tema diverso rispetto ai romanzi precedenti, per indagare un disturbo pervasivo del neurosviluppo e raccontare il rapporto tra un figlio autistico, Jacopo, e un padre, Pietro, 50 anni e un lavoro da grafico a 1.380 euro al mese.
Dunque, con un dolore diverso ma sempre uguale, l’autore torna in libreria per Mondadori con Fame d’aria. Un titolo che contiene le mille sfumature di un’esistenza difficile. Fatta di dolore, appunto. Il medesimo delle storie trascorse, quello che c’è in tutti i romanzi di Mencarelli, uno scrittore che si prende la responsabilità di osservarlo, assaporarlo e ricordarlo, ma soprattutto descriverlo, anche nelle forme più terribili.
Il protagonista è un uomo adulto, un padre molto arrabbiato, stanco e dimentico delle proprie esigenze perché tutte le energie sono rivolte al figlio, che non riesce a vestirsi da solo, a cambiarsi da solo, a mangiare da solo. Il disturbo di Jacopo gli ha riempito la vita e l’ha resa molto più ostica del previsto, aggravata dal fatto che Pietro si sente abbandonato, soprattutto economicamente, dalla società e dalle istituzioni. Il romanzo comincia in auto, mentre Pietro è con il figlio diretto a Marina di Ginosa, il luogo nel Tarantino in cui è avvenuto il primo incontro e colpo di fulmine con Bianca, sua moglie e madre di Jacopo. Un guasto alla Golf, però, li blocca in Molise ed è così che s’inseriscono nella scena tre personaggi che li aiuteranno a rimettersi in marcia: Oliviero, automobilista di passaggio e meccanico, Agata, che gestisce un bar con pensione e ospiterà padre e figlio, Gaia, aiutante di Agata, che per una manciata di ore farà dimenticare a Pietro la sua vita in affanno, semplicemente chiedendogli: «Tu come stai?». Proprio come in tutte le storie di Mencarelli, saranno l’incontro e il confronto con un’umanità altra, più vera e autentica, spassionata, eroica pur nella disperazione, a cambiare il passo non della narrazione ma del substrato emotivo.
La parola chiave del romanzo è normalità, quella che tutti diamo per scontata e che invece, come sottolinea l’autore, è tutt’altro che ordinaria. Ed è sempre lo scrittore a ricordarci, raccontandocelo con un amore vivo e sofferto, talvolta anche rabbioso, che sono i cortocircuiti dell’esistenza a condizionare l’essere umano: Pietro è un padre devoto e dedito a suo figlio, ma non può fare a meno di autodistruggersi entrando in competizione con la malattia. Con Fame d’aria Mencarelli si conferma un narratore – e poeta – sensibile, umano e coraggioso. Quello che la letteratura contemporanea cercava già da un po’ e di cui aveva bisogno.
Articolo tratto da La Freccia
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