La forma della Romania è simile a quella di un pesce. I confini dell’Italia, invece, disegnano uno stivale. Male a est, l’esordio di Andreea Simionel, è un romanzo suddiviso in due parti: Pesce e Stivale, appunto. Racconta in prima persona l’infanzia e l’inizio dell’adolescenza di Andreea Pavăl, una ragazza che da una città rumena, segnata sulla cartina geografica «con uno stampatello tra il grande e il piccolo», si trasferisce insieme alla madre e alla sorella a Torino, dove vive e lavora il padre.

La realtà in cui Andreea compie dieci anni è affollata di persone e oggetti, Dio e scaramanzia, voci e dispositivi elettronici. Ma al centro dell’attenzione della narratrice, spesso finiscono per esserci gli assenti: chi muore, oppure chi, come suo padre, abita altrove. 

La prima parte del romanzo procede tra cene a base di purè o borş, le zuppe rumene, avventure della protagonista con le compagne di scuola, e l’arrivo in famiglia di un cane che madre e figlie comprano con i soldi ricevuti dall’Italia. Di pagina in pagina, violenza e umorismo si mescolano in modo sorprendente. Giocattoli maneggiati con tenero sadismo, maestre che parlano con «le labbra che inciampano» e bambine cattoliche chiuse dentro ai divani durante le feste di compleanno. «Sai che differenza c’è tra un cattolico e un ortodosso?», fa Andreea alla sorella, «gli ortodossi dormono sul letto. I cattolici sotto». Ogni scena sembra sul punto di diventare esilarante o tragica, o tutt’e due insieme. Poi le Pavăl compiono il viaggio dal Pesce allo Stivale. 

Se nell’incipit del romanzo Andreea raccontava della loro casa su strada della pace, dove più che la pace «c’è il cimitero», all’inizio della seconda parte dice: «Abitiamo su via Assisi, che fa rima con sorrisi». Comincia una storia diversa: quella di chi è costretto a inserirsi in un luogo che non gli appartiene. I palazzi di Torino, tutti con i tetti rossicci e le tende verdi, sono «psicopatici». La gente apre la bocca e la usa. La lingua italiana, in un primo momento, è ascoltata dalla protagonista attraverso la tv e i cartoni animati: Heidi, Le avventure di Piggley Winks, Anna dai capelli rossi; in seguito, Andreea la impara a scuola, più giocando a Uno che partecipando alle lezioni. Le vicende vengono riportate con un disincanto spesso ironico. La scrittura di Simionel si concentra sui dettagli fisici e sui gesti dei personaggi, sui dialoghi (stampati in corsivo, nelle pagine di Stivale, quando chi si esprime lo fa in italiano) e sulla difficoltà della narratrice nel trovare le parole.

Il punto di vista e l’immaginario di una ragazzina sono ricreati con cura e precisione. Male a est è un libro ricco di invenzioni suggestive e di incubi, dei mostri e dei colori dell’infanzia, delle fantasmagorie che i più piccoli sanno fare proprie con gli occhi e con i pensieri.

Articolo tratto da La Freccia.