In apertura Dove sei, mondo bello di Sally Rooney, edito da Einaudi, pp. 312 € 20

A chi le chiede da dove tragga la materia narrativa per i suoi romanzi, Sally Rooney risponde semplicemente: «Attingo alla mia esperienza di vita». Che il racconto dell’ordinario le sia valso l’etichetta di Salinger della Snapchat generation, ma anche di Jane Austen del precariato e, più in generale, di voce dei millennial, creando attorno alla sua figura un vero e proprio culto letterario, ci dà un’idea del talento di questa scrittrice irlandese, di soli 31 anni.

Dove sei, mondo bello è il suo terzo romanzo, portato quest’anno in Italia da Einaudi con la traduzione di Maurizia Balmelli, e ha il grande pregio di riuscire a recuperare gli elementi più riusciti dei suoi precedenti lavori: Parlarne tra amici (2018) e Persone normali (2019). Il risultato è un’opera forse priva di una trama avvincente ma di certo ricca di vita e di verità sui meccanismi che regolano i rapporti umani tutti, quello con sé e quello con l’altro.

 

A essere raccontata è la storia di quattro ragazzi irlandesi le cui vite si intersecano, si legano, si scontrano: Alice, una scrittrice di grande fama - alter ego, in parte, della stessa autrice - Eileen, assistente editoriale di una rivista letteraria, Simon, consigliere politico e Felix, un magazziniere. Sulla soglia dei 30 anni, o poco più, i protagonisti sono tutti in una fase di transizione della loro vita, costellata di angosce, fragilità, ambizioni e interrogativi esistenziali a cui cercano, invano, di dare una risposta. Si muovono a passo lento e incerto, alla ricerca di una piccola felicità personale che sembra a loro preclusa da una società che li vuole precari e solitari. E che, ancor più spesso, sono stati proprio loro a precludersi, con le loro non scelte.

A tenere insieme il racconto, e a scandirne i tempi, c’è un fitto scambio epistolare (via mail, sia chiaro: dimenticati francobolli e postini) tra le due protagoniste femminili, in cui si ragiona dello scorrere del tempo, della lotta di classe, dell’editoria contemporanea, del crollo delle civiltà antiche, di Dio, ma anche e soprattutto di bellezza, sessualità, amore. «Per cui ecco che nel bel mezzo di tutto», scrive Alice in una delle sue lettere a Eileen, «con il mondo messo com’è, l’umanità sull’orlo dell’estinzione, io mi ritrovo qui a scriverti un’altra mail a proposito di sesso e amicizia. C’è altro per cui valga la pena vivere?».

Tutto concorre a creare l’istantanea di una generazione, quella dei trentenni degli anni ‘20 di questo secolo, che trova poco spazio nel panorama editoriale e comunque assai raramente è al centro di un racconto così puntuale, profondo e veritiero. Non che questo - e sia chiaro - escluda una fetta di pubblico dalla lettura del romanzo: Rooney è una grande scrittrice, e non solo una grande scrittrice millennial. Lo è grazie al suo sguardo profondo, che arriva fin dentro le pieghe dell’animo umano, grazie alla sua prosa pulita, grazie alla sua sapiente costruzione di personaggi credibili e riconoscibili, di dialoghi concreti, di una narrazione finalmente calata nella contemporaneità.

Articolo tratto da La Freccia