In apertura Mai stati innocenti di Valeria Gargiullo, edito da Salani, pp. 336 € 16,00

«Eravamo nati nella violenza. Dentro di noi c’era qualcosa, qualcosa dioscuro. (…) Non avevo aspirazioni di conoscermi nel profondo: ero terrorizzata da quello che avevo dentro». Lo scrive Valeria Gargiullo nel suo romanzo d’esordio Mai stati innocenti, ma quella di cui parla è una radice antica che riguarda tutti e arriva da lontano, compiendo un giro lunghissimo e al tempo stesso molto breve, col fine ultimo di raggiungere la nostra parte più intima, un luogo segreto in cui ristagnano le cose che ci rappresentano, che ci fanno paura e che proviamo a nascondere a chiunque.

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Qui la radice fa capo al male così come l’autrice ce lo racconta, sedimentato nei corpi di giovani delinquenti – Giancarlo, Manuel e Yuri, ovvero i Sorci, la banda criminale che controlla la zona – aggrappato ai muri di una città rovinata, la Civitavecchia (RM) del quartiere Campo dell’Oro. Un liquido denso e maleodorante che insozza strade, vicoli, garage, motorini, arriva fino al mare e vi si getta dentro. L’unica certezza è che questo male non muore ma, nel momento in cui viene riconosciuto, può incutere meno paura di quanto si pensi: non per l’illusione che qualcuno abbia strumenti per contrastarlo, ma perché si acquista la consapevolezza che il male siamo noi.

 

Quella che Gargiullo costruisce con grande senso di realtà e schiettezza è una storia che principia da uno stradone, la linea divisoria tra i rioni di Campo dell’Oro e Santa Fermina, le due anime opposte di Civitavecchia. Ai casermoni popolari che racchiudono persone sfilacciate e disperse, fanno da contraltare le villette dell’altra metà della città, dove le bollette sono in regola e le ragazze camminano sorridenti per le vie prossime al mare.

Il male, unica faccia del dolore, è lì, a Campo dell’Oro, nella parte sbagliata della terra, dove Anna – protagonista e voce narrante – conoscerà la radice antica da cui sua madre l’ha sempre messa in guardia: Simone, il fratello di soli 14 anni, vuole entrare nella “famiglia” dei Sorci. Lei sta per partire, sogna Milano, l’università, un futuro diverso, la fuga dal quartiere grazie ai libri e allo studio, ma sarà il buio della disperazione a trattenerla, perché Simone va salvato, dai Sorci e prima ancora da se stesso, prigioniero di quel quartiere buio.

È così che nell’estate torrida di Civitavecchia, vicina al mare ma più simile a una gigantesca sabbia mobile, Anna entrerà a far parte della banda dei Sorci, compiendo un atto di coraggio e di salvezza nei confronti del fratello più piccolo, che però pian piano si dimostrerà insufficiente a sradicare il male. La profonda autenticità del romanzo di Gargiullo echeggia in ogni pagina accompagnando il lettore in un viaggio dal grande impatto emotivo: questa non è soltanto la storia di un crimine o di una città. Questa è soprattutto una storia cui aggrapparsi nei momenti difficili, perché non insegna la salvezza ma un bene più prezioso: riconoscersi nel dolore e non tradire mai se stessi.

Articolo tratto da La Freccia