In cover, Vecchie conoscenze di Antonio Manzini, edito da Sellerio, pp. 416, € 15

È un romanaccio doc trasferito, suo malgrado, in una città fredda e perennemente umida, come Aosta, ben diversa dalla sua “dolce” Roma. Rocco Schiavone è ruvido ma burlesco, ombroso e sentimentale. Con tutte le sue contraddizioni, si getta a capofitto sull’ultimo caso di omicidio: una famosa e stimata archeologa, barbaramente uccisa in casa sua. È stato l’ex marito? L’amante? Oppure il figlio? Un ginepraio che non intendiamo rivelare qui.

 

Il protagonista è un poliziotto che ama la sua squadra, la sua unica famiglia. Poi c’è Sandra, un’intelligente giornalista con la quale Rocco intrattiene una relazione molto complicata solo per colpa sua, per una sua incapacità di concedersi, di nuovo, un amore. E Sebastiano, amico fraterno, per cui darebbe la vita.

 

Antonio Manzini, prima che un poliziotto, ci mostra un uomo di buon senso, che ha appreso la lezione della vita in ambienti rustici e degradati. Una persona perbene, leale e trasparente, condizionata dalla crudezza del suo mestiere. Piace quando si fuma il suo spinello chiuso a chiave in questura, quando interviene con tolleranza o severità, a seconda dei casi, quando si mostra come un uomo che ama, soffre e viene colpito più dai dolori che dalle gratificazioni. Insomma, un vicequestore che crede più nel senso della giustizia che nel rispetto pignolo delle leggi non può non piacere.

 

Il romanzo si legge tutto d’un fiato. E le “vecchie conoscenze” altro non sono che tutti i comprimari della vicenda. Domenico D’Intino, il classico pasticcione, più che devoto alla squadra, Michele Deruta, che di notte fa anche il pasticcere e farà rivelazioni a sorpresa. Italo, poliziotto confuso che si è perso per strada, a cui Schiavone porge sempre una mano. E gli amici Sebastiano, Brizio e Furio, al confine della legge, a cui il vicequestore è legato indissolubilmente per la vita. Sullo sfondo si snoda l’omicidio su cui indagare, un enigma ben congegnato. Sarà la testardaggine di Rocco, il suo acume e il colpo d’occhio del “borgataro” a inchiodare il vero responsabile con prove senza appello.

 

Manzini, con una prosa attenta, semplice e fluida propone un giallo nuovo, quasi una pièce teatrale, corale, con personaggi, azioni e luoghi descritti in maniera incantevole. Su questo palcoscenico si snodano tante storie abilmente intersecate, grandi speranze e amare disillusioni, come del resto succede nella realtà. È forse questo il romanzo più riuscito di uno scrittore che compone serenamente e ha una leggerezza d’animo non comune.

Il nostro poliziotto, e con lui l’autore, si porta dietro storie irrisolte sin dal terzo libro della serie (un cadavere che non si trova, un delitto insoluto, una poliziotta che ha tradito) ma – e sta qui il segreto di Vecchie conoscenze – adesso tutto si svela. Per questo Schiavone appare più malinconico e triste di sempre. È vero che chiude i conti con il passato, ma i suoi soli amici restano gli uomini del commissariato e i delicati colloqui con la moglie scomparsa da tempo. Rocco non sa amare o forse ha paura di tornare a farlo. Le battute e qualche volgarità non intaccano la sua malinconia triste e ora, per lui, si pone la domanda su «quel che resta del giorno».

 

Siamo sul grande palcoscenico della vita, dove l’autore colora e trascolora uomini, cose e sentimenti, o anche in un western crepuscolare dove, quando tutto è finito, il grande Clint Eastwood se ne torna a casa a riporre le pistole. Ognuno scelga il finale che preferisce. L’inesauribile Manzini ha già iniziato il suo undicesimo libro, dove Schiavone dovrà fare, finalmente, i conti con il presente.

Articolo tratto da La Freccia