In cover, Storia di Shuggie Bain di Douglas Stuart, edito da Mondadori, pp. 528 € 21
Romanzo d’esordio di Douglas Stuart, vincitore del Booker Prize a novembre 2020. Siamo nella Scozia anni ‘80, nelle periferie di Glasgow duramente colpite dalla povertà e dalla mala gestione politica. Un tempo le ricche miniere davano lavoro e sostentamento a centinaia di famiglie, ma ora tutto è crollato e i minatori sono diventati merce rara.
La maggior parte degli uomini si consola con l’alcol che riescono a racimolare girovagando per il Paese. Nessuno ambisce più a migliorare la propria condizione sociale, l’unico obiettivo è sopravvivere. Con i sussidi, con gli imbrogli, magari, anche annebbiando la propria lucidità con bionde birre calde o azzurre compresse di Valium.
Shuggie viene abbandonato in tenera età dal padre e si trova a vivere con la madre, la sorella maggiore Catherine, che presto sceglierà di trasferirsi molto lontano, e il fratello Leek, silenzioso e solitario disegnatore alla costante ricerca di una via di fuga. La madre Agnes è una figura prepotente nelle vite dei figli, tormentata e portata all’autodistruzione. La sua grande bellezza e la sua ottima educazione non saranno sufficienti a strapparla via dal mostro dell’alcolismo, che ogni giorno la trasforma sempre più in una donna rabbiosa e senza contegno, che riuscirà soltanto ad allontanare le persone che le vorrebbero stare vicine.
Gli uomini che Agnes ha amato, in particolare il padre di Shuggie, sono l’altra terribile arma contro se stessa: desiderare il loro amore la porterà a fare scelte sbagliate che condizioneranno tutta la sua vita e quella dei figli. In questo scenario così crudo e duro, il piccolo Shuggie è un paradosso: gentile, educato, sensibile.
È lui che si prende cura della mamma nelle mattine che seguono le violente e moleste sbornie. È sempre lui che cerca di difenderla dalle cattive dicerie che le perfide vicine non vedono l’ora di alimentare. Ama sua madre ed è convinto che sia una persona di valore e onesta, quando non beve. Ma questa circostanza capita molto raramente.
Shuggie è diverso da tutti gli altri, dentro e fuori. I suoi movimenti sono delicati, gli piace essere pulito e ordinato, ama ballare. Purtroppo, i suoi atteggiamenti sono giudicati strani e si troverà a doversi difendere dai continui attacchi, sia fisici che psicologici, dei ragazzini della sua età e della gente del posto. Gli servirà molto tempo prima di trovare un’amicizia sincera, che possa regalargli piccoli ma indispensabili momenti di serenità.
Le descrizioni dei luoghi e dei protagonisti di questo racconto arrivano a toccare profondi angoli di malinconia e tristezza, facendoci percepire la crudele ingiustizia che spesso, purtroppo, nutre la nostra quotidianità. Questa stessa percezione, però, riesce a farci desiderare intensamente un futuro migliore e più consapevole. Un futuro dove il piccolo Shuggie sia libero di ballare.
Articolo tratto da La Freccia
CIAO ALBERTO
di Marco Mancini
Alberto Brandani ci ha lasciato. Il viaggio con il prof. s’interrompe. A dicembre un’ultima tappa, in memoria, a firma della figlia Giulia che l’ha aiutato anche in questa rubrica di novembre. Alberto ha combattuto con fierezza la sua battaglia contro gli “animaletti”, così li chiamava, che si erano intrufolati nel suo corpo, senza mai intaccarne lo spirito. Perché la sua mente è stata lucida, acuta e brillante fino all’ultimo giorno. E assetata di conoscenza. E di letture. E di progetti. Battezzare animaletti i tumori che lo avevano aggredito dice tanto sulla natura e indole dell’uomo. A capo per 20 anni del Monte Paschi di Siena, quando il Monte era il Monte, dirigente e consigliere di amministrazione in Anas e in Ferrovie e poi presidente di Federtrasporto, per tutti era “il professor Brandani”. Uomo di lettere, uomo di profonda cultura. Nel nostro ultimo incontro, quando parlava a fatica e forse lui stesso percepiva la fine prossima, ha dichiarato di essere stato un uomo fortunato. Ancor più noi ad averti avuto come amico e collaboratore.
Ci mancherai. Ciao Alberto.
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