In apertura Behold (2017), Hawaii © David LaChapelle

Nel 2006 è stato folgorato. Dai colori, le forme e le massicce masse dei corpi forgiati da Michelangelo, nella Cappella Sistina. Quella visione cambia il suo modo di guardare il mondo. Da fotografo di moda si trasforma in artista tout court, progetta il ciclo The Deluge, sua personale reinterpretazione del Diluvio universale, ispirato all’omonimo affresco michelangiolesco, e inizia a costruire la sua poetica fatta di immagini.

 

L’arte di David LaChapelle è dirompente, euforica, poeticamente provocatoria e fuori schema. Composta da immagini cercate, assemblate e costruite sempre in bilico tra un apparente surrealismo post pop e una realtà che reclama la necessità di essere reinterpretata, pur rimanendo fedele a se stessa.

 

L’artista americano, fino al 6 marzo 2022, arriva a Napoli con una mostra allestita nella Cappella Palatina del Maschio AngioinoDavid LaChapelle, curata da Ono Arte con Contemporanéa e prodotta da Next Exhibition, è una carrellata di opere, tra cui un’installazione site-specific con pezzi inediti, che ne racconta l’intera e proficua carriera, dagli anni ’80 ai giorni d’oggi.

House at the End of the World (2005), Los Angeles © David LaChapelle

Dagli iconici ritratti patinati delle celebrità – Michael Jackson, Andy Warhol, Madonna, Uma Thurman, David Bowie, solo per citarne alcuni – agli scatti pieni di densità umana in cui indaga, col suo personale stile, il mondo delle antropiche fragilità e dei sentimenti, rimandando alle paure, alle ossessioni e ai desideri della società contemporanea. Senza retorica e lontano da una facile categorizzazione, LaChapelle affronta anche temi legati al sacro e alla spiritualità. In Behold, adottando codici della comunicazione visiva di massa, presenta un Cristo turchese immerso nella rigogliosa foresta delle Hawaii.

 

La natura diventa, così, luogo divino dagli scenari strabilianti, da proteggere e rispettare invece che depredare. Il monito ecologico dell’artista non assume accezioni morali ma diviene la proiezione, dai toni felliniani e le forti tinte acriliche, di un futuro prossimo in cui l’ambiente si riprende i propri spazi, come nelle statue classiche alluvionate o in Gas Station, la pompa di benzina circondata dalle piante. Immagini oniriche solo all’apparenza.

DALLA STAZIONE CENTRALE DI NAPOI ALLA MOSTRA

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