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In cover, Francois Knoetze, Bethesda_defrag (2020) HD video, 22’32’’ Courtesy of the artist

Rethinking nature“ripensare la natura” è il mantra della mostra allestita al Madre di Napoli, fino al 2 maggio. Circa 40 tra artisti e collettivi di 22 Paesi, con 50 opere esposte, alcune in anteprima internazionale, riflettono sull’attuale crisi ambientale, ma anche economica, politica e culturale. E dimostrano come l'arte contemporanea contribuisca a proporre processi e stimoli per ricomporre una sana relazione tra uomo e ambiente.

 

Il percorso si apre con opere di autori italiani e internazionali che riflettono sulle radici storiche di una visione colonialista della natura, considerando il saccheggio di risorse naturali e la storia di stermini di popoli e culture a partire dal XVI secolo nelle Americhe, in Africa, Asia e Oceania.

Zina Saro-Wiwa, Karikpo Pipeline (still), (2015) Courtesy of the artist

In mostra, progetti scultorei e video illustrano le attuali pratiche di sfruttamento che sopprimono le istanze di numerose minoranze e indeboliscono ecosistemi fragili e complessi. Gli artisti in mostra analizzano le cause storiche della crisi e del degrado ambientale, tra cui estrattivismo, iperconsumo, deterritorializzazione della politica e dell’economia, per costruire alternative attraverso sperimentazioni locali e forme collettive di solidarietà.

 

Tra le opere, il video Bethesda_defrag di Francois Knoetze propone un immaginario in cui l’essere neri è rappresentato come una barriera all’estrazione delle risorse e in cui gli indigeni sono considerati fossili viventi.

 

Per le sue dimensioni si fa notare l’installazione di Alfredo e Isabel Aquilizan, un ampliamento del Project Another Country del 2006 ispirato ai Badjao, marinai nomadi del Mar Sulu, commissionata proprio per il Madre. Una cascata di centinaia di case e giardini in carta riciclata, realizzata in collaborazione con adolescenti napoletani, emerge da una barca, metafora di Napoli, da sempre un porto d’accoglienza nel Mediterraneo. E attraversa i piani del museo, immaginando forme future di vita sull’acqua, che possano rispondere alle necessità causate dall'innalzamento dei mari.