Omelia contadina (2020), Processione, San Gimignano (SI). Courtesy l’artista e Galleria Continua © JR

«Quando non ci saranno più le lucciole, le api, le farfalle, quando l’industria avrà reso inarrestabile il ciclo della produzione allora la nostra storia sarà finita. La nostra storia è finita». Sono volti battuti dal vento e dal sole, mani screpolate dal lavoro, scarpe fangose e occhi malinconici, ma fieri, quelli dei contadini e delle contadine che si sono ritrovati sull’altopiano dell’Alfina per inscenare una vera e propria liturgia funebre e pronunciare insieme queste parole, in bilico tra poesia e previsione catastrofica.

 

Omelia contadina è il cortometraggio realizzato dall’artista JR con la regista Alice Rohrwacher presentato in anteprima a Venezia, tra le proiezioni speciali della scorsa Mostra del Cinema, per riflettere e denunciare la fine del mondo rurale. Il documentario è visibile, in versione integrale, presso la Continua di San Gimignano (SI) come pezzo forte dell’omonima esposizione di JR, per la prima volta in Italia con una personale, prorogata al 2 maggio 2021.

 

Negli spazi suggestivi della galleria toscana – che a metà degli anni ’50 era un teatro di cui si è mantenuta la struttura originale – il fotografo e street artist parigino, che ama definirsi “photograffeur” per i suoi collage di foto e graffiti, indaga sulla scomparsa della civiltà contadina attraverso una serie di opere iconiche realizzate su vetro o gesso e un’installazione site specific che popola e trasforma l’intera platea e il palcoscenico dell’ex cinema-teatro.

 

Profondamente sensibile alle tematiche sociali e attento alle fragilità insite nella collettività contemporanea, JR utilizza spesso gli spazi cittadini più degradati per dare voce ai senza voce, mischiando il linguaggio della fotografia a interventi performativi e arte urbana con l’idea di ribaltare le prospettive formali e la determinata convinzione che l’arte possa cambiare il mondo.

 

Famose le sue opere di grandi dimensioni attaccate come manifesti sui muri e palazzi dei quartieri più fatiscenti di Parigi, Istanbul, Los Angeles, Berlino o a ridosso della barriera che separa il Messico dall’America. Gli occhi giganti delle donne che vivono nelle favelas, attaccati sia sulle baracche che nella piazza principale di Rio de Janeiro, urtarono e scandalizzarono i benpensanti.

 

Di recente l’artista si è interessato alle difficoltà dei piccoli produttori agricoli sopraffatti e vinti dalle multinazionali che sfruttano i territori con colture e allevamenti intensivi, a suon di pesticidi e agenti chimici. 

Omelia contadina, Iris Pulvano (2020). Installazione nel teatro della Galleria Continua Courtesy l’artista e Galleria Continua © Ela Bialkowska, OKNO Studio

Omelia contadina, Iris Pulvano (2020). Installazione nel teatro della Galleria Continua

Courtesy l’artista e Galleria Continua © Ela Bialkowska, OKNO Studio

«Nell’autunno scorso, durante una passeggiata al confine tra Umbria, Lazio e Toscana, raccontavo all’amico JR le mie preoccupazioni sulla distruzione del paesaggio agrario, violato dalle monoculture intensive con cui le grandi società stanno plasmando interi territori», racconta Rohrwacher, figlia di un apicoltore che nell’altopiano viterbese ha trascorso l’infanzia.

 

«Gli facevo notare la grave moria di insetti prodotta da simili impianti e le lotte dei piccoli contadini che provano ad arginare questo fiume in piena di speculazioni, sussidi, pesticidi», prosegue la regista fiorentina.

 

«Poi ci siamo fermati a un crocevia: su tutti i fronti si dipartivano fino all’orizzonte file ininterrotte di noccioli. Ci siamo detti che sembrava un cimitero di guerra, così abbiamo deciso: se sembra un cimitero, dobbiamo celebrare un funerale. Ma che sia un funerale pieno di vita!».

 

In processione, anche tra le vie attorcigliate di San Gimignano, una sagoma gigante in carta a rappresentare un agricoltore o un’agricoltrice, con banda al seguito e un’omelia da recitare durante la sepoltura. Una performance in memoria di coloro che hanno profuso impegno millenario nei confronti del territorio, di generazione in generazione, tra silenzio e fatica, filari di viti e distese di grano. In ricordo di chi da secoli coltiva, plasma, dissoda e semina la terra senza gli onori della storia.

 

«Per il contadino sconosciuto che ha piantato siepi per convivere con animali e insetti o alberi per donare ombra e ristoro a greggi e pastori», invocano i coltivatori immortalati dagli scatti di JR e dalle riprese di Alice. «Per tutti quelli che hanno avvelenato ciò di cui dovevano nutrirsi. Preghiamo. Per tutti i contadini che hanno sofferto miseria e povertà ma hanno lasciato al mondo delle bellezze, delle meraviglie e dei paesaggi di cui tutti oggi si stupiscono. Per questa commovente testimonianza che gli esseri umani possono vivere in armonia con la natura, e non solo vocati al profitto e alla distruzione di tutte le risorse. Ci avete sotterrato ma non sapevate che eravamo semi».

 

Quando l’arte incontra la terra viva si trasforma in rivoluzione gentile e le esequie in speranza.

 

Articolo tratto da La Freccia di novembre