Avere l’esigenza di trovare un posto nel mondo ma, al contempo, non saper accettare le restrizioni che questo bisogno comporta. Capire di non appartenere a niente di quello che si è costruito perché quello che si è costruito è solo frutto di un’implicita paura di vivere. Desiderare di vivere una vita in sintonia con se stessi ma, allo stesso tempo, avere terrore di chi potremmo essere davvero.

 

Sono queste le contraddizioni tra cui continua a oscillare M., la protagonista dell’ultimo romanzo di Rachel Cusk, una donna che si sente sempre immersa nelle sabbie mobili, dove è difficile rimanere stabili. La sua ambivalenza nasce da dentro, probabilmente a causa di un indefinito trauma pregresso, e la fa sentire come se le cose fossero sempre sul punto di crollare. La vita di M. cambia quando incontra L., eccentrico pittore che le trasmette un senso di familiarità, e lo invita nella sua seconda casa a Taos, nel Nuovo Messico, dove si è isolata dal mondo. L. accetta di trascorrere l’estate nel cottage di M. in residenza artistica, fenomeno poco diffuso in Italia ma non all’estero. Gli scambi e i rapporti con il desiderato ospite non vanno, però, come M. si era immaginata e metteranno ancora più in crisi la sua psiche.

 

La narrazione traccia tutto il percorso di autopsicoanalisi di M. e, poco a poco, svela altri personaggi di utile contorno, intelligenti, eno spaventati e più appagati della protagonista. Andando avanti nella lettura, M. sembra l’unica a essere così confusa nella sua vita. Le cose sembrano precipitare, la protagonista si sente bloccata e capace solo di reiterare certi atteggiamenti finché arriva a un punto in cui deve scegliere tra costruire o distruggere.

 

Lo stile dell’autrice risulta, come sempre, autobiografico. A differenza, però, della trilogia Resoconto, Transiti e Onori, dove la sua vita viene declinata attraverso quelle degli altri, in questo nuovo romanzo il profilo dell’autrice è esposto tramite il personaggio di M., abbandonando così l’autofiction. Ma non solo: questo libro è anche una denuncia verso il mondo privilegiato dell’arte e degli artisti.