In apertura, il porto vecchio di Bari © mitzo_bs/AdobeStock

La mia giornata a Bari inizia con un aperitivo a base di birra e panzerotto “n-dèrr’a la lanze”. Con questo termine, che letteralmente significa “a terra la lancia”, si intende per tradizione lo scalo vicino al molo di San Nicola, nel porto vecchio della città. A farmi compagnia c’è Enzo del baretto El Chiringuito che, da quando ci siamo conosciuti per Linea verde, è diventato una costante nelle mie visite al capoluogo pugliese. Quando sono a Bari ho bisogno di perdermi tra le viuzze, i palazzi, le corti e le chiese: è il modo migliore per assorbire il fascino di questa storica e sempre viva città. Bari vecchia, così è chiamata la parte antica, è un concentrato di energia, vitalità, bellezza e cultura, una perla di autenticità che si scopre vicolo dopo vicolo.

Il mio itinerario comincia sempre dall’arco basso, nei pressi del Castello normanno-svevo. Entro nel vicolo alla ricerca di Nunzia, una delle mie poche certezze. Lei è sempre lì, come se mi aspettasse, intenta a preparare le orecchiette e pronta a spiegare a tutti il procedimento con un sorriso. Le fa essiccare per strada, adagiate su alcune griglie a loro volta appoggiate a uno stendino per asciugare i panni. Si sta facendo sera, per le strade si diffonde un odore di pulito e tutte le signore cominciano, quasi seguendo un rito, a pulire lo spazio antistante la loro casa. La strada è un’appendice delle abitazioni, qui da sempre si costruisce comunità e mutualità.

La muraglia di Bari

La muraglia di Bari © helenedevun/AdobeStock

Continuo passeggiando lungo “la muraglia”, antica barriera costruita nel IV secolo a.C. per proteggere la città, che offre una vista unica: da un lato i tetti di Bari vecchia, dall’altro il mare. Mi lascio trasportare dal flusso di gente e ben presto mi perdo di nuovo tra le viuzze del centro storico, costellate da archi e piccoli passaggi che collegano strade e piazze. È qui che si annida la vera essenza della città, tra lenzuola svolazzanti e anziani che chiacchierano in dialetto.

A uno di loro chiedo da quanto tempo abiti lì e la sua risposta è perentoria: «Da quando sono nato». Mi racconta di come sia cambiata la vita in quella strada e di tutte le botteghe che c’erano prima: falegnami, calzolai, rigattieri. Nel punto in cui lui è seduto, si trovava un banco pescheria. Il proprietario era suo grande amico e tutti i giorni, insieme al figlio Mimmo, offriva non senza difficoltà un servizio importante al quartiere.

Ora Mimmo De Tullio è diventato un imprenditore, distribuisce il pesce a grandi catene di supermercati in Italia e ha deciso di intraprendere una nuova avventura, aprendo un ristorante con la sua famiglia. Sono curioso di provarlo e così chiedo informazioni per raggiungerlo. Il locale, con tavoli all’aperto, si trova in una zona residenziale. Ad accogliermi un signore sorridente che, dopo aver sanificato il tavolo, mi spiega che non è previsto il servizio al tavolo e per ordinare bisogna andare alla cassa. Intorno, ci sono vasche per le ostriche, cozze e fasolari ma anche una pescheria a disposizione dei clienti che possono scegliere cosa farsi cucinare. Mi piace l’idea: si partecipa al processo e questa cosa mi entusiasma. Ordino come antipasto pesce crudo e un’impepata di cozze. Come primo, invece, uno spaghetto con le vongole.

Mimmo con la moglie Anna, l’ultima a sinistra, e i figli Teresa e Nicola

Mimmo con la moglie Anna, l’ultima a sinistra, e i figli Teresa e Nicola © Andrea Veneziano / CreativeIntelligence

Il signore si aggira tra i tavoli, sorride a tutti, sparecchia e si ferma a chiacchierare con i clienti. Arriva il mio turno e si presenta: «Piacere, Mimmo». Gli dico, sorridendo, che la sua fama lo precede e sono a conoscenza della sua grande esperienza nel mondo del mercato ittico. Mimmo mi guarda curioso, gli racconto del mio incontro a Bari vecchia e lui sorride emozionato.

Poi mi dice: «Ho fatto tanti sacrifici nella mia vita, ho lavorato molto. Da bambino aiutavo il mio papà in pescheria fino a quando, durante la leva militare, ho pensato di utilizzare l’esperienza acquisita per avviare un’attività. Ho cominciato fornendo il pesce ai ristoranti nella zona, poi sono passato direttamente alla grande distribuzione».

Sorride con grande umiltà, a un certo punto cambia espressione del viso e continua: «Ho anche attraversato momenti difficili ma non ho mai smesso di credere in me stesso, impegnandomi al massimo per poter riemergere dalle difficoltà e assicurare un futuro solido alla mia famiglia. Oggi sono felice. Magari stanco, perché stamattina alle 5 ero al mercato come ogni martedì e giovedì a scegliere il pesce, ma soddisfatto. Perché vedere i miei clienti appagati è una bella emozione».

 

Poi chiama la moglie e, prima del suo arrivo, mi dice: «Lei è la mia anima, si chiama Anna». È una signora bionda, solare, dalla voce dolce e amorevole. Mentre lei guarda il marito innamorata, io la incalzo con le domande sulla loro famiglia. Anna non capisce bene il motivo della mia curiosità, ma mi racconta con orgoglio dei figli. Il maschio, Nicola, si sta laureando in giurisprudenza mentre la figlia Teresa aiuta a gestire il ristorante.

Anna sembra avere mille occhi, mentre parla con me tiene sotto controllo tutta la sala, poi mi chiede: «Ma perché queste domande?». Le rispondo che il motivo è semplice: «Siete una bella coppia e avete una storia da raccontare, tutta italiana, di quelle che fanno ben sperare nel futuro». Anna sorride e, nel frattempo, indica alla figlia un tavolo da gestire. Intanto, Mimmo ha saputo da un cliente che sono il conduttore di Linea verde. E mi presenta un suo amico agricoltore che, con la moglie, viene a sedersi vicino a me. Poi prende una bottiglia di Franciacorta che porta il suo marchio, la apre e brindiamo alla felicità. Mi sento circondato da affetto.

Dei baresi mi colpisce puntualmente la voglia di godersi la vita e, allo stesso tempo, la propensione al lavoro. Mentre parliamo, Mimmo continua ad alzarsi per sparecchiare e io sono affascinato dalla sua umiltà. Ha molti dipendenti ma non lesina le forze per assicurare un servizio di qualità. Finiamo di bere le bollicine, il ristorante chiude e lui è pronto a finire la serata con me, sua moglie e gli amici in un altro locale. Mentre tutti parlano e assaggiano un ottimo dolce di ricotta, confesso ad Anna che mi ha molto colpito la frase usata dal marito per presentarla: «Lei è la mia anima». Capisco dall’espressione e dai suoi occhi lucidi che Mimmo era arido di parole ma non di cuore. Ecco, davvero, una bella storia italiana.

Articolo tratto da La Freccia

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