In apertura una vista di Santarcangelo di Romagna (RN) © Roman Sigaev/AdobeStock
La mia visita a Santarcangelo, antico borgo medievale in provincia di Rimini, inizia nel ricordo di una data incerta e lontana: intorno al 1311, ancor prima della costruzione della chiesa di San Francesco, apriva il suo portone il convento dei Frati minori. Nonostante le ottime premesse, diventò presto un luogo di oltraggi e ruberie. Fu dapprima violato da Carlo Malatesta, signore di Rimini e Cesena, e poi dagli urbinati che, nel 1503, lo saccheggiarono portando con loro opere e documenti. Finì sotto il giogo dei soldati napoleonici, che vi entrarono in una sera d’inverno del 1797, sconsacrandolo senza pensarci troppo. Diventò così un arsenale, dopo di che la chiesa fu demolita per far spazio alla piazza del paese.
Piazza Ganganelli a Santarcangelo © François Coguitto/AdobeStock
Giovanni Razzani, amico e santarcangiolese doc, mi racconta questa storia davanti a un caffè, seduti tra la scuola elementare (proprio dove sorgeva la chiesa), un arco settecentesco, una fontana e il primo sole caldo di quest’anno. Siamo in piazza Ganganelli, cuore e storia della città a cominciare da quel cognome, che poi sarebbe mutato in Clemente XIV, in memoria della bolla Dominus ac redemptor con cui, nel 1773, il pontefice nato a Santarcangelo soppresse l’ordine della Compagnia di Gesù.
Dalla fede sacra alla profana, si arriva al grande rito del 18 maggio: proprio da qui parte l’11esima tappa del Giro d’Italia alla volta di Reggio Emilia, percorrendo 200 chilometri. Un po’ come andare dalla casa di Tonino Guerra, poeta e sceneggiatore di Santarcangelo, a quella di Ludovico Ariosto, nato a Reggio. Nel filo della memoria letteraria e ciclistica, sono trascorsi 25 anni dalla cronometro Santarcangelo-San Marino vinta dal russo Pavel Tonkov.
Ma per il mondo delle ruote non finisce qui: domenica 29 maggio si tiene la 50esima edizione della Coppa della pace, ormai storica competizione internazionale per dilettanti, con partenza e arrivo nella frazione di Sant’Ermete di Santarcangelo. Perché la Romagna è anche ciclismo e non dimentichiamo che romagnola era l’anima di Marco Pantani. Un giorno, al Tour, il giornalista sportivo Gianni Mura chiese al ciclista: «Perché vai così forte in salita?». Lui ci pensò un attimo e rispose: «Per abbreviare la mia agonia». Una vera e propria nemesi.
Scorci del borgo di Santarcangelo © rannica/AdobeStock
A pochi metri dalla piazza incontro Andrea Bocconi, ex aviatore di carriera, fiorentino naturalizzato santarcangiolese. Mi regala un’ora del suo tempo e della sua cultura accompagnandomi tra la grande tradizione locale dell’esperienza creativa e i piccoli nascondimenti della vita vissuta. Iniziamo dalla prima e accediamo nell’incredibile Antica stamperia Marchi, non una bottega artigiana ma addirittura un patrimonio che è entrato nel Registro delle imprese storiche. Risale al 1633 il mangano a ruota al cui funzionamento mi introducono Gabriele e Lara Marchi, fieri epigoni di un’arte secolare, insieme a Laura Sabatini, passata dalle rotaie - «Ho lavorato sette anni in Ferrovie» - a una ruota in legno del peso di 55 quintali.
Impressionante è stato vedere all’opera quella perfetta macchineria, leonardesca per l’ingegnosità dei meccanismi. Ha quasi 390 anni ed è tuttora utilizzata a pieno regime per dare lustro e stirare antichi tessuti di canapa e cotone, poi decorati con stampi in legno, intagliati a mano e colorati in ruggine. Di questa meraviglia, cent’anni orsono, narrava il poeta Aldo Spallicci: «Recano i buoi sulle groppe le loro belle coperte istoriate. Paiono gualdrappe da giostra e non sono in fondo che coltri a difesa del freddo. Lenzuola di tela spina su cui sono stati impressi disegni a color ruggine».
Da lì andiamo a visitare le grotte tufacee. Ve ne sono due, pubbliche, su 160. E sono antri misteriosi. Quello della cittadina è sempre stato un destino di saliscendi, di cavità e aperture, di conservazione e fuga, di culto e profanazione. Di quel che siamo. Qui mancherà sempre la voce di Tonino Guerra, affacciato al suo balcone. Lo avevo incontrato per i suoi 90 anni e per i 100 dello scrittore Ennio Flaiano, e mi mancano, ora che sto guardando l’Adriatico dalla parte alta del borgo, le sue brevi frasi impossibili: «Il mare è una riga blu», «Se faccio finta di fumare, mi cade la cenere addosso».
Scorci del borgo di Santarcangelo © Roman Sigaev/AdobeStock
Tonino era nato in questa cittadina che incanta e qui se n’è andato tra le braccia della moglie Lora, ma tutti noi pensiamo che tornerà. D’altronde, con gli anni, la sua poesia scende sempre di più verso questa terra, come ogni estate accade con il Santarcangelo festival, tra i più longevi eventi europei dedicati alle arti di ricerca e alle sue scene, fenomenale contatto tra il progettare e il sentire, dove una comunità si unisce e si ricompone nei gesti di un danzatore come nelle parole di un attore. Una rassegna autentica che ha ospitato, tra le piazze aperte e i suoi ripari, i talenti più nuovi e più grandi dello spettacolo mondiale.
Questa è Santarcangelo: attività e idee, gentilezza, civiltà mai scontata. Quanto all’ospitalità e al gusto, la prima si può trovare all’hotel Della porta, già antico mulino; il secondo al ristorante Lazaroun di Sabrina e Roberto Lazzaretti, che ho ammirato per il palazzo del ‘500 in cui si trova, con annessa grotta-cantina, e per i favolosi cappelletti in brodo.
E visto che le sorprese, in Romagna, finiscono raramente, appena ripartito mi sono ritrovato a Mutonia, una singolare comunità sulle rive del fiume Marecchia sorta per iniziativa di un gruppo di artisti inglesi che, detestando la politica di Margareth Thatcher, lasciarono il Paese e si trasferirono qui per vivere insieme senza agi e privilegi sociali. Da 30 anni la Mutoid Waste Company, nata a Londra nel 1986, ha sede in questa campagna romagnola. Qui un gruppo di artisti riutilizzano scarti in ferro, plastica, alluminio, per creare sculture rigenerate. Ci sono entrato, mi hanno accolto due donne, una creava opere a Mutonia da tanto tempo, l’altra era tedesca, ospite di non so chi. Ma non importa, ho pensato, perché a Santarcangelo qualsiasi casa la sento mia.
Articolo tratto da La Freccia
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