In cover, Abbazia del Goleto (AV) © zenzaetr/Adobestock

«Irpinia, si chiama questa regione, e non la conoscevo. Com’è varia e bella l’Italia!». Sono le parole dello scrittore e regista Mario Soldati a introdurre questo itinerario tra l’Appennino campano e i Monti della Daunia. Una terra di passaggio, ricca di storia, dove la bellezza della natura, il fascino dei piccoli borghi, una lunga tradizione gastronomica e una calorosa ospitalità strizzano l’occhio anche al viaggiatore più esigente.

Castello di Zungoli dall'alto

Secondo per estensione a quello napoletano, il territorio irpino corrisponde all’attuale provincia di Avellino e rappresenta la meta ideale per un viaggio slow all’insegna del relax e del silenzio. Ed è proprio il silenzio assoluto quello che si gode all’Abbazia del Goleto, vicino Sant’Angelo dei Lombardi. Fondato nel 1133 da Guglielmo da Vercelli, il complesso monasteriale, capolavoro di arte romanica, ha attraversato un periodo di abbandono, tornando al suo splendore originario dopo gli anni ‘70. Ora, nella piccola cappella di San Luca, si respira un’atmosfera di intenso misticismo.

 

Dopo una tappa a Morra De Sanctis, per far visita alla casa natale di Francesco Saverio De Sanctis, uno trai maggiori critici della letteratura italiana del XIX secolo nonché ministro della Pubblica istruzione del Regno d’Italia, ci si può ritemprare al ristorante-museo La Ripa di Rocca San Felice. Si tratta di un delizioso gioiello incastonato nella roccia, dove pranzare all’aperto sotto il pergolato della terrazza panoramica. Da assaggiare la bistecca di vitello irpino cotta su pietra lavica o i cavatelli con cavolo nero, peperoni cruschi e crema di ricotta di Carmasciano, un pecorino dalle particolari caratteristiche organolettiche dovute alla mineralità dell’erba di cui si nutrono le pecore della zona.

FORMAGGI E TOME DEL TERRITORIO

Restando nella Valle d’Ansanto, addentrandosi in universi misteriosi, si scopre la Mefite di Rocca San Felice, un laghetto di origine sulfurea le cui acque ribollono in continuazione emettendo esalazioni di anidride carbonica e acido solforico. L’odore è acre e pungente e bisogna fare attenzione a non avvicinarsi troppo. Proprio questo luogo dall’atmosfera spettrale, che Virgilio nell’Eneide identifica come uno degli accessi agli inferi, è la patria del Carmasciano. Qui, in un vecchio casale recuperato a Guardia Lombardi, si trova l’azienda agricola Carmasciando, dove oltre al pecorino è possibile acquistare la toma irpina, il blu di pecora e altre leccornie.

Pecorino Carmasciano

TRA MANIERI, TORRI E BIFORE

Con questa bella scorta di energie, ci s’inerpica alla volta del borgo di Monteverde e al suo maniero che ha annoverato tra i suoi proprietari i Grimaldi di Monaco. Lungo le strette viuzze del centro, s’incontrano la chiesa settecentesca di Santa Maria di Nazareth e quella di Santa Maria del Carmine, con la torre campanaria e le sue bifore gotiche.

 

Essendo zona di produzione del Caciocavallo Silano Dop, formaggio semiduro a pasta filata dalla forma ovale, non ci si può dimenticare di assaggiarlo prima di dirigersi verso il Castello ducale di Bisaccia. Qui, tra ottobre e novembre del 1588, soggiornò il poeta Torquato Tasso, ospite dell’amico scrittore e mecenate Giambattista Manso che aveva ereditato la proprietà dal padre. Seguendo i vicoli nel centro del paese, costeggiati da palazzi nobiliari, si sale fino alla chiesa di Sant’Antonio da Padova, che domina la rupe Andreone, per un panorama mozzafiato sulla valle.

 

A pochi chilometri da Bisaccia vale una visita Trevico, famosa per aver dato i natali a Ettore Scola. Il legame che il regista ha mantenuto con il territorio è testimoniato da Palazzo Scola, donato dalla sua famiglia al Comune, che conserva ancora molti elementi decorativi originali.

Mucche al pascolo in Irpinia

PIATTI AUTENTICI E SAPORI ANTICHI

Portatrice di sapienza e cultura enogastronomiche, l’Irpinia non delude soprattutto i buongustai. Si racconta che nel 37 a.C. il poeta latino Quinto Orazio Flacco, mentre si trovava in viaggio verso Brindisi, fece sosta nella Taverna delle noci di Vallesaccarda, apprezzando la cucina del luogo. Ed è in questo piccolo borgo che, dagli anni ‘80, la famiglia Fischetti si dedica con passione e amore all’arte del buon cibo, trasformando i prodotti locali in piatti autentici e raffinati. Il ristorante Oasis sapori antichi, una stella Michelin, è un porto sicuro dove rinfrancare fisico e spirito prima di proseguire verso Zungoli, il paese delle grotte.

 

Risalenti all’epoca bizantina, queste cavità si sviluppano su più livelli sotto il centro storico e, nel tempo, hanno visto mutare la destinazione d’uso, da rifugi a cantine o granai, fino a depositi per la stagionatura dei formaggi. Zungoli è il regno del Caciomolara, prodotto caseario tipico a forma di campana che viene lasciato stagionare in grotte di tufo dai due ai sette mesi, acquistando un sapore aromatico e piccante al quale è difficile resistere.

Cantina Feudi di San Gregorio, Sorbo Serpico (AV)

VINI DOC E ASSAGGI IN CANTINA

Soprannominata “cantina della Campania”, l’Irpinia è la patria di tre celebri vini Docg: il Greco di Tufo, il Taurasi e il Fiano di Avellino. Bianco e di grande struttura, il primo è prodotto su terreni di origine vulcanica e prende il nome proprio dal borgo di Tufo. Qui, nello storico Palazzo di Marzo, si organizzano tour guidati per visitare le cantine ottocentesche e cercare di carpirne i segreti.

 

A Taurasi, invece, il Castello Marchionale è sede dell’Enoteca regionale dei vini d’Irpinia, dove si trova in esposizione una vasta selezione di bottiglie. Per chi ha voglia di approfondire la storia millenaria della città e dell’intera Valle del Calore è d’obbligo una visita al Mat, il Museo archeologico allestito nel chiostro del Convento domenicano, ora trasformato in un sito di interesse enoturistico.

 

Prima di concludere il viaggio non può mancare una degustazione nella cantina Feudi di San Gregorio, a Sorbo Serpico. Simbolo di eccellenza enologica del sud Italia dal 1986, offre anche il laboratorio-ristorante Marennà, stella Michelin dal 2009. Qui, sotto lo sguardo attento e divertito degli ospiti che assistono alla nascita delle pietanze prescelte, lo chef Roberto Allocca si diverte a sperimentare coniugando le materie prime del territorio con tradizione e modernità. Il menu del Marennà è in continua evoluzione, così come questa terra di mezzo che si può lasciare solo con la certezza di farvi ritorno.

Articolo tratto da La Freccia