In cover, photo © JFL Photography/Adobestock

Un vulcano di idee e un attento osservatore che non smette mai di immaginare soluzioni innovative per il settore che ama e a cui si dedica da oltre 30 anni, l’hôtellerie. Palmiro Noschese ha ricoperto ogni ruolo nel settore alberghiero, fino a diventare direttore operations e general manager. Ha iniziato nel 1990 in Jolly Hotels, proseguendo nel Touring Club Italiano e poi nel gruppo Villa D’Este Hotels e nella catena spagnola Melià Hotel Internationals.

 

Ha scelto questa professione soprattutto per poter viaggiare, così quando è arrivata l’emergenza sanitaria mondiale è stato costretto a fermarsi e mettersi in discussione. «I mesi di stop forzato mi hanno spinto a ragionare su qualcosa di nuovo, che mi permettesse di muovermi anche stando fermo, rompendo quella routine a cui proprio non sono abituato». È nato così il libro I segreti dell’ospitalità. Come diventare un manager a sei stelle.

Il libro I segreti dell'ospitalità di Palmiro Noschese, Edizioni Zerotre, pp. 268 € 28

È una lettura per tutti o solo per “addetti ai lavori”?

Per tutti, in modo particolare per i giovani della scuola alberghiera, ma anche per chi è interessato a trovare un equilibrio tra la leadership convenzionale e quella più innovativa, da vero coach. È un manuale basato sulla mia esperienza nell’hôtellerie, arricchito da spunti tecnici e testimonianze di altri professionisti. Mi auguro che il lettore possa trovarci quel desiderio di rinascita che ogni operatore turistico nutre non solo per sé ma anche per il Paese. Ho voluto dar voce agli anni vissuti sul campo non tanto per raccontare i traguardi raggiunti, ma per dimostrare che ogni successo è un nuovo punto di partenza.

 

Manager si nasce?

E si diventa. Per me sono vere entrambe le cose. Si nasce nel senso che l’ambizione, la curiosità, il desiderio e la capacità di emergere e influenzare un team, così come l’attitudine alla relazione sociale, sono doti innate che rappresentano una buona base di partenza e di sviluppo della managerialità. Si diventa nel senso che si tratta di un percorso in ascesa, lungo, tortuoso e pieno di sacrifici: dietro ogni risultato raggiunto c’è una passione coltivata a piccoli passi. Più che di segreti per avere successo, mi piace parlare di ricette per allenare il talento attraverso uno studio continuo.

 

Lei ama definirsi un manager a 360 gradi, che significa?

Saper lavorare a tutto tondo, non accontentarsi mai di ciò che sta in superficie, ma cercare sempre oltre. Con attenzione al dettaglio, cura delle relazioni, formazione per crescere e far crescere, motivazione, inclusione (la sesta stella, che dà valore aggiunto) per garantire a tutti la partecipazione nel processo, con la convinzione che insieme s’impara a navigare e a farlo meglio. Ma significa anche saper gestire tutti gli aspetti della vita alberghiera, sovraintendendo ogni attività che si sussegue senza sosta per 24 ore al giorno. Avere un’efficace visione d’insieme, per relazionarsi in modo sinergico con tutto il team, sottintende l’aver imparato a ricoprire ruoli diversi, a riprogettare sempre.

Photo © Zerophoto/Adobestock

Si è laureato in Turismo per i beni culturali e in Scienza dell’economia e della gestione aziendale, con diversi master in management in Svizzera, Stati Uniti e Italia. Quanto conta la formazione?

Tanto. E pensare che non volevo fare questo lavoro. Avrei scelto Ragioneria, ma poi in terza media vennero due professori della scuola alberghiera per l’orientamento, spiegandoci che questo mestiere faceva viaggiare. L’idea di non stare fermo mi ha subito preso il cuore. Ma la formazione, nel mio caso, è arrivata tardi: le lauree e i master li ho ottenuti mentre già lavoravo, a 50 anni, perché ho sentito – e sento tutt’oggi – il bisogno di saperne di più. Ai giovani consiglio di non smettere mai di specializzarsi, perché il settore è sempre in evoluzione. Il turismo rappresenta il 13% del Pil nazionale e può solo crescere.

 

Il suo lavoro, oggi, in cosa consiste?

Nel mettere al centro i clienti, sia gli ospiti che i collaboratori. Ho ricoperto tutti i ruoli in un albergo, fino a diventare managing director di una compagnia importante come Melià Hotel Internationals. E, avendo raggiunto il top, ho deciso di approfondire un altro aspetto, quello dello sviluppo dell’hôtellerie. Questo è il momento giusto per creare nuove società legate al benessere della persona e dell’ambiente. Sono diventato, dunque, imprenditore dei turismi, come io chiamo quell’universo che comprende servizi e infrastrutture.

 

Una case history di successo che meglio riassume il suo lavoro, il suo impegno?

In Italia ci sono grandi aziende che fanno impresa nel mondo dei turismi. Trenitalia stessa è una delle eccellenze che hanno cambiato il Paese in meglio. Un tempo si andava a Milano esclusivamente in aereo, oggi con il Frecciarossa, in sicurezza e rispettando l’ambiente. Le Frecce hanno rimodellato le vite e avvicinato l’Italia, sono una comodità irrinunciabile. Ma abbiamo anche piccole realtà eccellenti, penso a Don Alfonso 1890, boutique hotel e ristorante due stelle Michelin, che a Sant’Agata sui Due Golfi (NA) ha fatto del chilometro zero, del cibo bio e della sua tenuta agricola un business in patria e all’estero.

Il giardino del boutique hotel e ristorante Don Alfonso 1890, a Sant’Agata sui Due Golfi (NA) © Stefano Scatà

Qual è lo stato di salute degli alberghi nel nostro Paese?

Nell’ultimo anno, ogni impresa ha avuto spirito di adattamento e di iniziativa. Il settore si è dimostrato resiliente: con 53 miliardi di perdite nel 2020, già si pensa a come rendere al meglio la stagione estiva alle porte. Il segreto sta nel valorizzare i nostri punti di forza: il turismo di prossimità, il glamping (camping glamour), che combina la vacanza sostenibile con il comfort stellato, le formule dine & stay per una notte e una cena fuori o quelle più note del take away e delivery. E ancora lo short rent, l’affitto di dimore private, e i servizi di housekeeping (gestione dei servizi di pulizia e igiene) o del “tutto compreso”, perfino con concierge a disposizione.

Come possiamo risollevarci dal Covid- 19?

Cercando di riadattare in modo intelligente il concetto di ospitalità, attraverso i canali online, l’intelligenza artificiale e l’innovazione tecnologica. La sostenibilità è l’unica via che può risollevarci, affiancata da adeguate misure di sicurezza e servizi stellati. Ogni crisi genera opportunità, per esempio quella di avere un ministro del Turismo con portafoglio e poter utilizzare fondi e sgravi fiscali per rinnovare gli alberghi. Credo che il 2022 sarà l’anno della ripresa. Il nostro Paese deve continuare ad attrarre turisti stranieri ma gli italiani devono fare vacanze italiane, non solo perché fa bene all’economia ma anche per scoprire luoghi, borghi, città minori, parchi. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. E ai giovani che aspirano a lavorare nel turismo dico di non smettere mai di formarsi per rendere l’Italia sempre più visitabile e farla salire dal quinto al primo posto tra le mete preferite nel mondo.

 

Da poco è partito un progetto di sanificazione degli hotel basato su un Presidio medico chirurgico approvato dal Ministero della Salute, il Safe & Clean Box. Roma sarà la prima città al mondo a farne parte con l’hotel The Building, a due passi da Termini. Cosa ne pensa?

Una certificazione della sicurezza oggi è senz’altro fondamentale, come lo sono il green pass, il bollino blu o le stelle Michelin, dunque ben venga un marchio che garantisca la qualità del servizio. Recentemente ho lavorato a un tavolo di certificazione europea Uni, come voce dell’Ehma European Hotel Manager Associations, insieme a Federturismo e a enti di altre dieci nazioni, per istituire un protocollo europeo dedicato a hotel e ristoranti. L’obiettivo è sempre uno: portare le persone a scegliere le eccellenze e l’Italia.

Articolo tratto da La Freccia