Con il suo radiofonicissimo Terzo cuore si è fatto notare alla 73esima edizione del Festival di Sanremo. Dopo quell’esperienza Leo Gassmann è pronto a percorrere La strada per Agartha, un nuovo progetto discografico che ha al centro il tema del viaggio. In attesa di partire per il tour ufficiale, con la sua band e quello unofficial per le strade italiane.

Qual è stata la genesi dell’album?

Nasce dal romanzo fantastico Il dio fumoso, di Willis George Emerson, simile a I viaggi di Gulliver. Mentre lo leggevo ho pensato che i luoghi narrati potessero esistere realmente. Il libro racconta di treni magnetici, nuovi modi di comunicare e di una popolazione di giganti che vive di agricoltura e musica in città costruite d’oro. Nella loro comunità c’è pace e non esistono povertà, odio, disparità. Mi sono immaginato di percorrere questo tragitto alla ricerca della bellezza della musica insieme ad artisti incontrati lungo il mio cammino.

Chi sono questi musicisti?

Will and the People, uno dei miei gruppi preferiti, con cui ho duettato in Without you ed Edoardo Bennato che ha cantato con me Io vorrei che per te. E poi c’è Rahul Ramble, un artista indiano con cui sono entrato in contatto perché suonava il pianoforte nell’aula magna della mia università. Il suo featuring compare in Figli dei fiori, un brano sulla rinascita che chiude l’album. Tornato dall’India mi ha rivelato che ora lavora a Bollywood e compone soundtrack per alcune serie Netflix. In pratica, questo disco è un progetto collettivo.

In che senso?

Dentro c’è la mia vita, con brani scritti anche da Lodo Guenzi dello Stato Sociale e da Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari. Ci sono sorrisi, pianti, ricerca. Si apre con un intro poetico di Massimo Dapporto, la cui voce mi ricorda tanto quella di nonno e mi fa tornare bambino. Credo possa arrivare dritto al cuore e incoraggiare i ragazzi che fanno musica. Mi piace ispirare le persone a essere migliori e sono sicuro che anche tra chi mi ascolta c’è qualcuno che diventerà un faro illuminante per gli altri.

Quanto è importante il viaggio nel tuo percorso umano e professionale?

Importantissimo. Spesso giro il mondo da solo e incontro persone che si uniscono al mio peregrinare. In estate sono stato in Sardegna, a Valle della Luna, dove Lucio Battisti concepì la hit Il nostro caro angelo. Ho incontrato una comunità hippy un po’ decadente, ma poeticamente molto bella. Ho dormito con loro nelle grotte, staccandomi dal frastuono delle città. Ricordo che c’era una spiaggia bellissima e abbandonata, con centinaia di migliaia di libellule che facevano l’amore in aria: erano bellissime. Il viaggio è una metafora della vita, ci sono momenti entusiasmanti e avvenimenti inaspettati a cui devi adattarti.