In cover, Eleonora Daniele nello studio della trasmissione Storie italiane © Assunta Servello

Raccontare storie drammatiche, spesso segnate dal dolore o dalla violenza, è qualcosa che puoi fare solo con grande profondità e rispetto per le persone. «Troppo spesso i media creano il cosiddetto effetto torcia: un cono di luce illumina un fatto e poi, quando si sposta, viene tutto dimenticato. Io, al contrario, cerco di seguire gli sviluppi delle storie che racconto, accendo molte di quelle torce».

A parlare così del suo lavoro è Eleonora Daniele, giornalista e conduttrice del programma Storie italiane, su Rai1, ma soprattutto sorella di Luigi, colpito dalla sindrome dell’autismo, con il quale ha vissuto sempre, fino alla sua prematura scomparsa a 44 anni. «Da bambini, la nostra passeggiata nei prati finiva sempre sotto un grande albero. Quand’ero piccolina mi sembrava una quercia, ma non so in realtà se lo fosse davvero. E lì, nel nostro posto segreto, al riparo, accendevamo la radiolina e ascoltavamo le canzoni».

Mondadori, pp. 168 € 18

Un amore profondo, incondizionato, che hai raccontato nel libro Quando ti guardo negli occhi. Storia di Luigi, mio fratello.

Una vera e intensa storia d’amore che va avanti ancora ogni giorno, anche nella conduzione del mio programma porto sempre con me una parte di Luigi. Ho voluto fortemente scrivere questo libro, per far rivivere mio fratello e raccontare la sua vita, chi era. È stato un viaggio profondo nell’animo e nel dolore che porto con me. Anche un momento di condivisione nel quale c’è la gioia del ricordo e delle cose belle che abbiamo vissuto insieme. Delle cose che mi ha insegnato, in particolare la capacità di ascoltare, di rispettare gli altri e tendere loro la mano. Perché lui lo faceva: era capace, anche solo con uno sguardo, di essere consolatorio.

Con le tue sorelle Cosetta ed Elisa, sei presidente di Life Inside Onlus e testimonial di molte campagne solidali, tra cui dueapriletuttigiorni - ConTatto Blu, volte alla sensibilizzazione dell’inclusione di soggetti con sindrome autistica.

Per me è fondamentale parlare di autismo per sostenere tante famiglie in solitudine che si sentono abbandonate. Hanno bisogno di aiuto, di sostegno e di quell’ascolto che tanto mi ha insegnato mio fratello.

Intervista a Benedetta Demartis, vice presidente dell'ANGSA, a cura di Aldo Massimi

Dove siete cresciuti?

A Saonara, un paesino in provincia di Padova. Ci andavo ogni volta che potevo per stare con Luigi, anche in giornata, proprio in treno, quello che in quegli anni era l’Eurostar da Padova a Roma. Un treno che mi ha sempre tenuta legata a doppio filo a mio fratello. Negli ultimi anni della sua vita, tornavo per andare a trovarlo in ospedale, anche solo per un’ora. Era una grande storia d’amore quella tra Luigi e la nostra famiglia, comprese le mie sorelle. E si è improvvisamente spezzata quando lui se n’è andato in maniera prematura.

Il manifesto della campagna dueapriletuttigiorni - ConTatto Blu

Una piccola pausa. Eleonora parla con grande profondità di questo rapporto: parole intense, ricordi vivissimi, pezzi di vita di fronte ai quali non è possibile restare indifferenti. Così come è impossibile non emozionarsi leggendo il libro, dove i pezzi si compongono e si rincorrono. E lei spesso li rimette insieme proprio durante i viaggi in treno. «Il finestrino somiglia a una lavagna dove tutto piano piano si ricompone», scrive. «Luigi non riusciva a scrivere ma articolava le parole con attenzione, aveva una bellissima voce, spesso sogno che mi stia parlando e la riascolto. Una delle prove più difficili di una perdita è affrontare ogni giorno l’impossibilità di rivedere quella persona, di stare con lei e condividere ancora il tempo perduto».

Quanto ti coinvolgono le storie che racconti?

Nel giornalismo deve esserci obiettività, non coinvolgimento, esiste comunque un conflitto tra due parti. Poi, certo, ci sono vicende che mi toccano maggiormente il cuore. Come quelle sui genitori dei bambini disabili che, non potendo staccarsi un attimo dai propri figli, non hanno più una vita. Mi ha particolarmente colpita quella sul “bambino dai pantaloni rosa” che, schernito e preso in giro, si è tolto la vita. Sono passati dieci anni e la mamma, che ho intervistato, ha ritrovato la forza: oggi va nelle scuole a raccontare la storia del figlio, affinché non accada più.

Luigi, il fratello di Eleonora Daniele

Non ti pesa tutto questo dolore contenuto negli episodi di cui parli? Riesci ancora a divertirti?

C’è sempre stata in me una certa consapevolezza del dolore, fin da piccola, quando ero bambina e nello stesso tempo grande, quasi madre di mio fratello. Ma a questa unisco anche la leggerezza: sono una giocherellona, un po’ casinista, amo divertirmi. Non applico due pesi e due misure, sono me stessa e penso che nella felicità ci sia anche sofferenza e viceversa. Non fingo mai, la vita mi ha donato soddisfazioni, Luigi è stata anche una grande gioia. Eravamo felici sotto la nostra quercia, dove coloravamo il mondo con i nostri colori.

Sei veneta, terra ospitale e generosa.

Mio padre Antonio aveva questo spirito, rideva sempre, era capace di strappare un sorriso anche nei momenti più difficili. Mi ha insegnato che nella vita la testa si rialza sempre con un’enorme dignità. Era molto legato al suo paese, alla sua storia, io sono cresciuta in uno dei suoi negozi, un piccolo supermercato, e nei terreni che coltivava, inclusi dei vigneti. Bellissime le vendemmie, i vicini ad aiutare, c’era la musica e pigiavamo le uve. Mio padre univa la semplicità alla felicità. Persino il giorno del suo funerale ha lasciato scritto una lettera che ha letto mia cugina, perché io non ci sono riuscita. Al termine del testo, invitava amici e paesani al bar Da Ennio per bere in suo onore e attaccare la musica di Raoul Casadei ad alto volume. Così è stato.

Eleonora Daniele © Federico Guberti

Qual è il profumo della tua infanzia?

Quello dei fiori: la violetta, il glicine con la sua intensa fioritura di agosto e un altro chiamato “gli occhi della Madonna”, una piccola margheritina azzurra con l’interno bianco.

Nel libro racconti i tuoi primi provini per la tv.

In famiglia, avevano qualche dubbio. Non da parte di mamma, però. Lei recitava in teatro a Saonara e aveva lavorato come dattilografa per la zia di Pippo Baudo.

Oggi compi 20 anni di carriera televisiva con ottimi ascolti, sopra il milione ogni giorno, e con le dirette da Sanremo hai toccato il 25% di share.

Ciclicamente si parla di crisi della tv generalista, io la faccio da molti anni e penso il contrario: regge ancora e bene. A me piace raccontare le storie di vita delle persone.

Che emozioni ti consegna il viaggio in treno?

È un percorso interiore, sai di avere quelle tre ore, un tempo determinato ma infinito, se ci pensi. Il tempo del silenzio, dello sguardo fuori dal finestrino, con la campagna a perdita d’occhio, un fiume con il letto di sassi rinsecchito dal sole, una montagna innevata nonostante sia marzo. Dipende dalla tua capacità di osservare. Il treno è un oggetto elegante, una forma d’arte.

Dimostri una grande voglia di conoscere.

Amo imparare: non dobbiamo mai smettere di farlo, di studiare, chi si crede arrivato non lo è affatto. La vita e la sua quotidianità sono scoperte continue.

 

Sei testimone di tanto dolore, metti mai in dubbio lo sguardo di Dio?

È una domanda costante quella sul conflitto tra scienza e Dio, il bisogno di cercare spiegazioni. Ciò che mi domando e non comprendo è come l’uomo possa compiere azioni dove il male prevale sul bene. Il grande mistero è l’indole dell’uomo, non lo sguardo di Dio.

Cosa detesti nelle persone e cosa invece apprezzi di più?

Odio la superbia e la stupidità, che vanno sempre di pari passo, apprezzo invece l’umiltà e il coraggio di essere persone libere.

Il tuo luogo del cuore?

Sono due: Cetona, in provincia di Siena, e l’Argentario. In entrambi si arriva in treno.

Ti piace cucinare?

Ho cominciato durante il lockdown: preparavo molti piatti e sperimentavo. Il risotto me lo ha insegnato mia madre al telefono. Oggi sono diventata piuttosto brava e amo cucinare per gli altri. Mi piace anche sorseggiare un buon calice di vino e invito a bere italiano.

Marzo è il mese dedicato alle donne.

È un onore per me raccontare ogni giorno le loro storie, essere al loro fianco. Il 5 marzo saremo con la Presidenza del Senato per raccogliere importanti testimonianze di donne impegnate in vari settori.

Hanno qualcosa in più?

Hanno molto in più.

Articolo tratto da La Freccia