Se nel 1924 fu femminile la prima voce a propagarsi via etere in Italia, l’Uri, poi Eiar e infine Rai ha aspettato il 2020 per scegliere una donna, Simona Sala, a dirigere la principale rete e testata radiofonica del servizio pubblico. Noi l’abbiamo incontrata per farci raccontare i “suoi” giornali radio e la sua idea di informazione, ospitandola su una Freccia quasi interamente dedicata al ruolo della donna nella società, nella cultura e nel mondo del lavoro. Il percorso professionale di Simona Sala si snoda dal 1980 in Rai, per oltre 18 anni nella Testata Servizi Parlamentari, poi come inviata in Italia e all’estero. Nel 2007 entra nella redazione Politica del Tg1 di cui diventa vicedirettrice nel 2018, dopo aver seguito da quirinalista per sette anni la Presidenza della Repubblica, prima con Giorgio Napolitano, poi con Sergio Mattarella. Politica, relazioni internazionali, welfare, questione femminile sono temi rispetto ai quali la sua profonda esperienza professionale si fonde con un’acuta sensibilità.

 

Simona, dopo tantissimi anni di televisione eccoti alla radio, alla direzione dei Gr Rai. Questo mezzo, che sembrava condannato a un inarrestabile declino, sta invece dimostrando di avere una marcia in più rispetto agli altri media. Così anche l’informazione radiofonica. Perché?

Per cominciare perché la radio è più flessibile della televisione: se necessario, puoi sconvolgere il palinsesto nell’arco di pochi minuti per andare sull’attualità o restarci più tempo. Poi ti consente di avere un rapporto diretto con gli ascoltatori, che possono inviarti messaggi, anche vocali. Lo fa, con grande successo, la nostra trasmissione storica Radio anch’io. E questo serve per capire chi ti ascolta e come interagirvi.

 

Trasformando l’approfondimento in coinvolgimento.

Certo, per esempio la mattina del lunedì abbiamo un appuntamento dedicato alla scuola che, in questo periodo di pandemia, ha ottenuto grandissima attenzione. Oltre a dare le informazioni che servono rispetto a situazioni in continua evoluzione, abbiamo instaurato un rapporto tra ascoltatori, famiglie, insegnanti, studenti e scuole.

 

Oltre alle classiche trasmissioni di approfondimento, ci sono i giornali radio, ossia l’informazione puntuale, la notizia…

Sì, Radio 1 è la prima all news italiana. Abbiamo un intero canale che trasmette 24 ore su 24, con giornali radio ogni ora, una redazione anche per la profonda notte, Gr1, il Gr2, il Gr3 e il Gr Parlamento, più la radio digitale sportiva. Informazioni e aggiornamenti a ritmo continuo, breaking news, fili diretti. Abbiamo la possibilità, e la vogliamo utilizzare, di dare voce a tutte le voci, a tutti i punti di vista, illuminando anche angoli del pianeta spesso lasciati in secondo piano. La radio in questo non solo è più flessibile, ma anche più libera di spaziare di quanto non sia la tv. Un telefono e il mondo ti entra in casa. A partire dal prime time.

 

Proprio nel prime time hai introdotto una novità…

Sì, una rassegna stampa diversa, particolare, che guarda anche all’altra parte del mondo, a quei Paesi che sono in piena attività o che stanno andando a dormire. E insieme a quel che accade sotto casa. Si chiama Moka e ruota su due poli che sono un’altra dimostrazione della flessibilità del mezzo radiofonico.

 

Due poli?

Sì, da un lato un’ “albista”, ossia una/uno di noi, scelta tra le persone comuni che si svegliano e lavorano all’alba: medici, infermieri, edicolanti, netturbini, non conosciuti nei media, che ogni mattina raccontano il proprio punto di vista. Poi, dall’altra parte del mondo, esperti, colleghi, protagonisti dei fatti di attualità per interpretare avvenimenti anche internazionali. Sono proprio due poli, no?

 

Questa facilità di ingaggiare testimoni esterni, di farli diventare protagonisti della comunicazione e dell’informazione è una prerogativa della radio, a cui basta un telefono…

È una caratteristica che mi ha colpito molto e che sto cercando di valorizzare sempre di più. La flessibilità nel seguire eventi anche drammatici e la facilità nel darne testimonianza diretta. È stato il Gr1 – quando il terremoto ha distrutto Amatrice – a intervistare nella notte il sindaco che disse: «Amatrice non c’è più, Amatrice non c’è più». Una frase che ha fatto il giro del mondo. L’ho riascoltata poco tempo fa: quella frase, quella voce ha reso subito la gravità della tragedia. In quei frangenti, la radio diventa anche uno strumento di pubblica utilità, siamo stati un raccordo fra Protezione civile, cittadini, borghi isolati. Perché basta una telefonata, appunto.

 

Oggi però il telefono non è più soltanto voce, ma immagini, tweet, social network.

E noi li utilizziamo, facendo live tweeting, per esempio. Abbiamo una redazione dedicata, con giovani giornalisti preparati nell’usare il linguaggio adatto al mezzo. Abbiamo seguito tutto quello che è accaduto durante le elezioni americane, tipo l’assalto a Capitol Hill, sia come live tweeting sia come radio. Poi siamo sui social, dove postiamo le pillole delle notizie più importanti andate in onda e i servizi esclusivi dei nostri Gr, come quelli delle nostre inviate in Europa e nel mondo. Eravamo in Ungheria quando il primo ministro Viktor Orbán ha fatto chiudere Klubrádió, l’ultima voce libera, e abbiamo potuto seguire e raccontare la vicenda momento per momento. E abbiamo una multipiattaforma che traduce in linguaggio social quanto di meglio producono le nostre trasmissioni.

 

Poi ci sono i podcast, il cui uso sta prendendo molto piede anche sulle testate web.

Appena arrivata ho voluto creare una redazione podcast e social e Radio 1 ora offre non solo i podcast dei programmi andati in onda, ma realizza anche podcast originali scaricabili dall’app RaiPlay Radio. Un palinsesto parallelo. Abbiamo iniziato con il ciclismo, storie interviste a personaggi appassionati delle due ruote, da Romano Prodi a Urbano Cairo fino a Maria Grazia Cucinotta. E approfondimenti: sul mondo digitale, sui grandi maestri, sul vino. E sul calcio. Non scordiamo che Radio 1 è una radio“sportiva”, abbiamo tutti i diritti e i migliori radiocronisti. Zona Cesarini e Tutto il calcio minuto per minuto sono due cult. Interessante poi la serie di podcast sul futuro del giornalismo, con la direttrice della BBC e altri grandi direttori.

 

Quel che nel nostro piccolo stiamo facendo anche noi con la rubrica Medialogando. Cosa ne sta uscendo?

Roula Khalaf, prima donna direttrice del Financial Times, spiega che parte dal web per capire cosa vogliono i lettori e, a quel punto, studia la prima pagina. Per lei l’edizione cartacea è destinata a sopravvivere come approfondimento del weekend. Certo l’obiettivo è sempre lo stesso: la miglior informazione possibile.

Insomma, bisogna evitare il pericolo di trattare le notizie come merci, sottoposte alle leggi di mercato, altrimenti si rischia di offrire solo quel che vende di più?

Che la carta non sia più la notizia in sé, soppiantata in questo dal web, è un dato di fatto. La carta è il commento o l’approfondimento della notizia. Dobbiamo – e questo concetto ricorre nelle interviste fatte – rimanere liberi per dare l’informazione che si deve dare, non solo quella che i tuoi lettori vogliono. E la radio ce lo permette.

 

Anche perché siete all’interno di un servizio pubblico, quindi meno soggetti alle spietate regole del mercato.

Per questo, ma anche perché la radio è meno ossessionata dall’audience, ha lo spazio per dare tutte le news, ospitare anche voci fuori dal coro e offrire gli strumenti che servono per farsi un’opinione. Nel prime time della mattina, in particolare, c’è lo zoccolo duro dell’informazione con due ampi giornali radio alle 7 e alle 8. Forse gli unici veramente completi nel panorama informativo: questa è la scommessa del servizio pubblico.

 

Perché scommessa?

Perché ormai siamo abituati a notiziari veloci, alle news sul tamburo del video o sui telefonini. Noi invece insistiamo per un’informazione ampia, con inviati e corrispondenti da ogni angolo del mondo.

 

E dopo il prime time?

Una ruota molto complessa, ma anche molto ben oliata che, come ho detto, gira per 24 ore su 24, senza sosta, con aggiornamenti continui, voci e interventi dei protagonisti della vita sociale e politica, oltre ad esperti di tutti settori, dalla salute all’economia, che intervengono nelle nostre rubriche. C’è spazio anche per toni e linguaggi diversi, come quelli ironici di Forrest o di Un giorno da pecora. E poi nel drive time serale abbiamo l’altra trasmissione storica, Zapping, che fa da contraltare a Radio anch’io con il sunto della giornata.

 

Programmi storici, ma anche iniziative originali, di impegno sociale.

Te ne racconto due, che mi stanno particolarmente a cuore: le staffette e il nostro sostegno alla campagna No women no panel. Con le staffette, contrassegnate dall’hashtag #StaffettaRadio1, lanciamo una serie di iniziative per i diritti e per i valori, lo abbiamo fatto in occasione della Marcia per la pace o, con Amnesty International, per la liberazione di Patrick Zaki. La staffetta è un percorso che da mattina a sera coinvolge più protagonisti e voci intorno allo stesso tema, preso e raccontato da angolature diverse.

 

E No women no panel?

È una campagna lanciata qualche anno fa dalla commissaria europea Mariya Gabriel. Cosa vuol dire? Che quando ci sono panel, congressi o conferenze con soli uomini – e purtroppo ce ne sono ancora infiniti – ti impegni a dire: «No, grazie, o inviti anche un’ospite femminile o io non partecipo». Noi abbiamo tradotto liberamente il claim in Senza donne non se ne parla e nei nostri dibattiti abbiamo sempre una giusta rappresentanza di genere. Il confronto ne esce valorizzato e più completo, non è chiuso in una bolla e rappresenta in modo coerente la vita reale.

 

La Freccia di questo mese prende proprio d i petto i l tema della parità di genere, il superamento di quei gap che fanno da ostacolo al libero dispiegarsi delle potenzialità femminili.

La nostra campagna spinge in quella direzione, per un cambio culturale capace di consentire alle giovani generazioni di percepire come normale il fatto che anche su temi scientifici e tecnologici siano ormai protagonisti sia gli uomini sia le donne. Le donne stanno addirittura primeggiando nel mondo in questi settori.

 

Spero stia riscuotendo il successo che merita.

Radio 1 l’ha rilanciata con la Commissione europea nella Giornata contro la violenza sulle donne e ha già raccolto centinaia di adesioni nel mondo della cultura, dello spettacolo, del sociale. Oltre all’apprezzamento inaspettato e più importante, quello del Capo dello Stato. Il Presidente Sergio Mattarella ci ha mandato un messaggio di convinto sostegno: «Una campagna che aiuterà a compiere quel percorso verso la parità prevista in Costituzione, ma ancora non raggiunta». Noi non ci fermiamo: la prossima tappa è il coinvolgimento di istituzioni e scuole.

 

Anche Mario Draghi, nel presentare il suo programma in Parlamento,

ha avuto parole nette.

Ha detto cose molto importanti: che bisogna puntare al riequilibrio del gap salariale, garantire parità di condizioni competitive tra generi e approntare un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini. In Paesi con meno disparità di genere e sistemi di welfare efficaci, ricorda spesso Mattarella, ci sono più donne che lavorano e si fanno più figli. Alla fine, questi sono i Paesi più avanzati.

 

Torniamo alla radio e al suo crescente successo in un’epoca contrassegnata dal trionfo dell’immagine.

Ma anche le immagini si possono raccontare. Così, nei giornali radio abbiamo inserito la foto del giorno. La prima, la ricorderai, era così intensa che non si poteva non descrivere ai nostri ascoltatori: la mano del figlio di Alex Zanardi che stringeva quella del padre dopo l’incidente. Però, anche se è vero che le immagini parlano, si stanno affermando nuovi social che puntano solo sul sonoro, dove si partecipa senza selfie e senza usare la propria immagine. È una grande liberazione. E si apre un confronto dialettico che potenzia l’importanza della parola. C’è un dibattito aperto tra chi sostiene che potrebbe fare male

alla radio e chi – come me – è convinto che potrebbe rilanciare il potere della parola.

 

Basta la parola anche per accendere la radio e richiedere un

programma.

Se ti riferisci agli smart speaker, è così. Anche quella è un’altra frontiera su cui la Rai sta lavorando. Ora, in molti casi, se chiedi le ultime notizie ci siamo noi del Gr1. Ed è solo l’inizio.

 

In ogni caso, a quasi un secolo da quella prima voce nell’etere, eco e intonazione vincenti restano quelle femminili.

Articolo tratto da La Freccia