In cover: Luca Parmitano © Esa/Nasa

Luca Parmitano racconta di sé, del futuro della scienza e del suo lavoro nella Stazione Spaziale Internazionale. Da dove è tornato meno di un anno fa: un’esperienza a bordo di un eccezionale laboratorio orbitante. L'astronauta dell'Esa non dimentica, a livello umano, il Natale 2019 trascorso nello Spazio, in compagnia dei suoi colleghi.

 

Ce lo racconta?

È stato un giorno di festa speciale vissuto in comunità. Abbiamo addobbato gli spazi e abbassato le luci per creare un’atmosfera soffusa. E poi suonato, cantato e stonato, in collegamento con la Terra, annullando così i 400 chilometri di distanza che ci separavano dal nostro pianeta.

 

Un viaggio che le piacerebbe fare?

Mi sembra giusto in questo periodo pensare al nostro Paese, tra tutti quelli che ho visto dall’alto. Vorrei portare le mie figlie a visitare le piccole isole della Sicilia, la mia regione. Penso a un giro in barca alle Egadi ma anche a Pantelleria, Ustica o Lampedusa.

 

Viviamo su un pianeta malato. Un consiglio pratico per tutelare l’ambiente?

Non lasciare traccia. Anche in una semplice gita o escursione, non bisogna farsi prendere dalla tentazione troppo facile di buttare a terra una carta o peggio ancora una cicca di sigaretta: ognuna di queste azioni provoca un impatto negativo sull’ambiente.

 

Gli astronauti Luca Parmitano ed Andrew Morgan all’esterno dell’ISS © Esa/Nasa

 

Lei è un personaggio che ha molta visibilità sui social e quindi una certa responsabilità. Che tipo di persone la seguono?

Sono soprattutto giovani, adolescenti e studenti universitari. Mi danno del tu, mi chiedono consigli. Sento verso di loro un forte legame, come fossi un vicino di casa o un amico.

 

È stato contento di essere diventato un personaggio del fumetto Nathan Never - Stazione Spaziale Internazionale (edito da Sergio Bonelli)?

È un progetto di divulgazione che parla il linguaggio di tutti. Il fumetto è popolare ed espressivo, è un genere che apprezzo molto, perché unisce la lettura e la parte visuale. Ma l’eroe è Nathan Never e non l’astronauta, perché il mio è un lavoro da persona normale.

 

La ISS, la sua seconda casa, ha compiuto da poco 20 anni di vita. Che cosa rappresenta per l’umanità questo luogo?

È il più grande progetto mai realizzato nella storia, grazie anche a un contributo molto importante dell’Italia. Si tratta di un laboratorio orbitante con un volume interno pari a un Boeing 747, con esternamente un traliccio per i sistemi principali e i pannelli solari. Nei moduli pressurizzati vivono e lavorano gli astronauti: i due segmenti orbitali, russo e americano, e poi il laboratorio europeo e quello giapponese, dove si svolgono esperimenti quotidianamente. Dal 17 novembre ci sono sette persone a bordo, non più sei, grazie all’arrivo della prima navetta Crew Dragon che ha portato in orbita tre americani e un giapponese.

 

E poi c’è la cupola che le ha permesso molte volte di vedere il mondo da lassù…

Un elemento, costruito nel nostro Paese, amatissimo dagli astronauti, perché offre un orizzonte, a 360 gradi, di seimila chilometri. Da quella prospettiva privilegiata si comprende il senso di cosa abbiamo, della sua fragilità e di cosa rischiamo di perdere.

 

Che progetti hanno l’Italia e l’Europa per un ritorno sulla luna?

L’Agenzia spaziale europea (Esa), oltre a dare un supporto continuo all’ISS, ha anche altri obiettivi. I futuri programmi lunari prevedono di inviare un habitat orbitante, chiamato Gateway, che graviti a poca distanza dalla Luna e di fissare una base permanente per far lavorare gli astronauti sul suolo del satellite. Tutto questo comincia adesso e continuerà nei prossimi dieci anni, come stabilito negli accordi multinazionali con la Nasa. Si tratta di un progetto che darà un forte sviluppo non solo scientifico, ma anche economico.

 

Che progetti ha per il suo futuro?

Dopo essere tornato sulla Terra, il 6 febbraio scorso, contribuisco con la mia esperienza a istruire e dare supporto agli astronauti in partenza e in addestramento. E spero di continuare a far parte dell’esplorazione spaziale in prima persona.

Articolo tratto da La Freccia