Su un treno proiettile giapponese con a bordo un gruppo di sicari e mercenari va in scena il thriller d’azione del regista David Leitch, tratto dal romanzo del giapponese Kōtarō Isaka I sette killer dello Shinkansen, con Brad Pitt protagonista.
Interamente ambientato su un convoglio che sfreccia a oltre 300 chilometri all’ora e che collega Tokyo a Kyoto. A bordo il killer interpretato da Pitt noto con l’ossimorico soprannome di Ladybug, ovvero coccinella, scelto con evidente sarcasmo in quanto per tutta la durata del film il protagonista lamenta quanto sia sfortunato.
Si trova, infatti, sul treno per portare a termine una missione apparentemente semplicissima: recuperare una valigetta piena di soldi e scendere alla prima fermata. La sfortuna gioca però un ruolo centrale e il compito da elementare si trasforma presto in una rocambolesca avventura. Soli 60 secondi sono infatti il tempo massimo di sosta del treno a ogni fermata, non sufficiente a Ludybug che ogni volta che è sul punto di scendere dal vagone si scontra con improbabili impedimenti. Una riflessione sul destino, tema ancestrale della tradizione popolare giapponese secondo la quale ogni persona è collegata ad un’altra da un filo rosso invisibile.
Bullet Train è un film corale nel quale in un unico ambiente si scontrano un gruppo di assassini diversi tra loro, animati da obiettivi e missioni unite tra loro ma contrastanti. Numerose le citazioni e i richiami al maestro Tarantino che prendono vita sullo sfondo di un Giappone moderno che si scorge senza sosta dai finestrini del treno. La resa assolutamente realistica del paesaggio in movimento è stata realizzata attraverso la tecnologia LED videowall dal forte impatto visivo che ben si sposa con il montaggio serrato per mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine.
La regia di Leitch si distingue per l’arguta capacità nel dirigere scene d’azione in cui i personaggi si muovono in coreografie mozzafiato tra carrozze eleganti e stretti corridoi contribuendo a rendere un clima di continua tensione e dinamismo. L’attenzione con la quale il regista cura i colpi di scena e gli scontri sono frutto dell’esperienza avuta a Hollywood a inizio carriera come stuntman. Ed è proprio così che è avvenuto il primo incontro con Brad Pitt, nel 1999 sul set di Fight Club dove, caso vuole, lavorò come sua controfigura.
Un prodotto di puro intrattenimento che fonde insieme l’azione e la commedia grazie ai dialoghi brillanti di un cast esplosivo. Un’estetica iper postmoderna su una colonna sonora imprevedibile e d’impatto, tra rock, elettronica e suoni della cultura pop giapponese. Un viaggio su un treno in corsa tra stili, generi e rimandi diversi e imprevedibili.
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