In cover il Teatro Olimpico di Vicenza

Nella cornice della città-capolavoro di Palladio, sul palco unico al mondo del Teatro Olimpico, poco prima del lockdown, si è celebrata la vittoria dell’opera barocca. Ma questa bellissima festa è stata purtroppo interrotta dall’emergenza Covid-19. Ora, però, è finalmente giunta la notizia che il più grande concorso di canto barocco mai realizzato vedrà presto lo svolgimento dei suoi tasselli finali.

 

Ma andiamo per gradi e ricapitoliamo il racconto di quello che è accaduto mesi fa con Voci Olimpiche, la gara di canto barocco che a Vicenza, con un successo mai realizzato prima, ha offerto il meritato tributo all’opera delle origini. Suggellando così il giusto riconoscimento al linguaggio musicale da cui è nato il belcanto, il genere che ha fatto amare la musica italiana nel mondo e che, paradossalmente, proprio nel nostro Paese fatica a trovare il riconoscimento che merita.

Eppure, grazie al concorso Voci Olimpiche, Vicenza ha raggiunto un risultato storico: un successo senza precedenti per una gara dedicata al repertorio antico, con 218 candidati provenienti da tutto il mondo (Europa, Stati Uniti, Messico, Cile, Venezuela, Colombia, Bolivia, Israele, Russia, Armenia, Corea, Giappone, Cina), convocati a novembre 2019 nel teatro (coperto) più antico esistente, davanti a una prestigiosa giuria internazionale. A dimostrare che l’opera barocca è sempre più amata anche dai giovani interpreti, e che deve diventare un motivo di orgoglio crescente per la cultura italiana.

 

L’idea di creare un concorso consacrato alla vocalità del XVII e XVIII secolo poteva dunque sembrare un azzardo, ma è stato ben calcolato. Azzardo perché, malgrado la prima favola in musica – l’Orfeo di Claudio Monteverdi – sia andata in scena il 24 febbraio 1607 in una cornice esemplare del Rinascimento italiano, il Palazzo Ducale di Mantova, l’opera delle origini non è ancora diffusa in Italia, mentre primeggia sui principali cartelloni dei teatri europei.

Il direttore Andrea Marcon © Marco Borggreve

Ma la scommessa di Voci Olimpiche è stata comunque attentamente calibrata: innanzitutto perché il direttore artistico è Andrea Marcon, clavicembalista e organista celebre anche come direttore d’orchestra e specialista del genere già dagli anni’80, quando diede vita alla riscoperta di questo repertorio insieme a un pioneristico drappello di giovani colleghi.

 

Da allora Marcon è artefice delle prime esecuzioni e delle prime registrazioni mondiali di moltissime opere di grandi autori del tempo, come Antonio Vivaldi, Antonio Caldara, Alessandro e Benedetto Marcello, portando l’opera barocca italiana sui palchi più prestigiosi e, di recente, al Bolshoi di Mosca. «Abbiamo una lingua che più di ogni altra si presta naturalmente al canto, per questo tutti i grandi componevano opere in italiano», tiene a sottolineare Marcon. L’allestimento dell’Alcina di Georg Friedrich Händel, tassello finale della rassegna e vetrina dal palcoscenico vicentino per i vincitori del concorso, doveva andare in scena il 19 e 21 aprile 2020, ma il lockdown ha arrestato tutto per un anno.

 

Ora il desiderio di tornare a far risuonare un teatro capace di regalare una delle acustiche più apprezzate dagli intenditori di tutto il pianeta è ancora più grande. Già sono attesissime al Teatro Olimpico le voci del primo premio assoluto, il basso José Coca Loza, boliviano di 27 anni, degli italiani Martina Licari (soprano), Rachele Raggiotti (contralto) e del giovanissimo Nicolò Balducci, 20 anni, che si è innamorato del canto barocco dopo un passato nei talent pop e ha il timbro di controtenore come anche il russo Vadim Volkov. Infine, a completare il cast variegato e internazionale dei vincitori, si esibiranno a Vicenza il soprano tedesco Julia Kirchner e il tenore colombiano Camilo Delgado Diaz. Insieme a loro ascolteremo la Venice Baroque Orchestra diretta dallo stesso Marcon e il Coro Andrea Palladio.

Venice Baroque Orchestra

A credere nel progetto di valorizzazione del repertorio vocale antico è stata la Fondazione Cariverona che, in collaborazione con la Società del Quartetto e il Comune di Vicenza, ha sostenuto il direttore nella realizzazione di un sogno: «Da sempre Fondazione Cariverona ha a cuore le sorti dei talenti emergenti, in ambito musicale in particolare. Grazie a Voci Olimpiche, la valorizzazione del patrimonio operistico delle origini ha raggiunto risultati inimmaginabili: dare vita al primo concorso di canto barocco in Italia, portare centinaia di giovani interpreti nella grande bellezza del Teatro Olimpico e offrire una chance concreta per la loro carriera», ha dichiarato il musicista veneto. «E dal 16 al 18 aprile 2021 faremo risuonare la straordinaria acustica dell’Olimpico con lo splendore di pagine precedenti a Gioachino Rossini, Verdi o Puccini. Musica di strabiliante virtuosismo e di accese emozioni proprio perché, superando la musicalità apollinea del Rinascimento, introdusse il concetto di affetto, espresso attraverso le doti attoriali degli interpreti, che dovevano essere in grado di recitar cantando». Tutto il teatro musicale dei nostri giorni, dalla grande opera ottocentesca al musical, è nato qui.

 

Il successo di questa scommessa è motivo di orgoglio anche per il presidente di Cariverona, Alessandro Mazzucco: «La Fondazione investe soprattutto per offrire prospettive ai giovani, non tanto con l’intento di realizzare un ruolo di moderno mecenatismo, ma con la convinzione di riproporre e utilizzare il grande patrimonio artistico del nostro Paese per creare reali opportunità professionali. E lo scenario culturale vicentino si è dimostrato pronto ad accogliere progetti coraggiosi e ambiziosi come questo», ha dichiarato.

Cesare Galla, giornalista e critico musicale, ci aiuta infine a comprendere le caratteristiche uniche della cornice in cui si è realizzato il grande exploit di Voci Olimpiche e della musica barocca italiana, in attesa della messa inscena di Alcina: «Per capire Vicenza bisogna conoscere Palladio, che qui ha costruito i suoi principali capolavori segnando l’architettura internazionale dei secoli a venire, in particolare quella anglosassone. È noto come la Casa Bianca si sia ispirata a Villa La Rotonda, o che il presidente Thomas Jefferson definisse l’architetto veneto “the Bible”. Ma nessun edificio trova paragoni nell’Olimpico».

 

Per questo, assistere a un’opera barocca nel contesto palladiano ci riporta al clima originario di stupore che aveva uno spettatore del tempo, come ribadisce Marcon: «Pensiamo alla stessa Alcina, che divenne celebre anche grazie alla scenografia e agli effetti speciali, paragonabili a una moderna visione in 3D. Ma nell’Olimpico gli effetti speciali sono permanenti, con la scenografia originale dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, che abbraccia interpreti e pubblico in un puro incanto». Perché, in quello che molti hanno definito il teatro più bello al mondo, si respira l’atmosfera del miracolo.

 

«Questo straordinario monumento, concepito per le opere classiche ed elisabettiane, fu aperto alla musica solo nel XX secolo, quando sopravvisse miracolosamente ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale che distrussero i teatri Eretenio e Verdi», conclude Galla. «Non è mai stato riscaldato né climatizzato, anche per questo è ancora perfettamente integro e rimane chiuso dai primi freddi ai primi tepori. Il solo pensare che il suo suono sia rimasto intatto nei secoli ci fa vivere l’esperienza del tempo che si è fermato». E in attesa di aprile, il 15 ottobre a esibirsi è il vincitore assoluto di Voci Olimpiche, José Coca Loza, con la Venice Baroque Orchestra e la direzione dello stesso Marcon. È tempo di far risuonare le voci olimpiche.

 

Articolo tratto da La Freccia ottobre 2020