Una storia quella della famiglia Avallone che parte dal padre Francesco Paolo, avvocato napoletano, e dalla sua passione per una terra intensa e un poco nascosta, unica, affasciante. Siamo nella Campania vulcanica in provincia di Caserta, a Cellole, tra il mare Tirreno e l’Appennino meridionale, dove Francesco Paolo, già negli anni ‘50, compie studi lunghi e attenti ed analisi sul terreno e sulle viti per consentire la rinascita del vitigno autoctono, il Falerno, un biotipo di Falanghina.

 

La prima vendemmia imbottigliata dalla cantina Villa Matilde, è del 1977. L’azienda conta 75 ettari ai piedi del vulcano, intorno ai 200 metri di altezza, in quella che fu la Magna Grecia e poi il luogo, narrato anche da Plinio, dove i romani coltivavano le viti per il loro vino migliore.

Oggi sono i fratelli Maria Ida e Salvatore a guidare l’azienda con l’obiettivo costante del recupero della viticultura storica, aggiornata grazie alla moderna enologia, per produrre un Falerno di notevole evoluzione, capace di grandi eleganze e raffinate prestazioni, vini che stanno trovando grazie alla passione e alla competenza degli Avallone, il posto che meritano nel panorama enologico italiano.

 

Scienza, tecnologia e passione, con una spiccata volontà di valorizzare i singoli vigneti. «Nel 1985, durante le nostre degustazioni di famiglia - racconta Salvatore - abbiamo cominciato a renderci conto della spiccata identità di singoli vigneti, che presentano caratteristiche di unicità che volevamo valorizzare, l’unicità delle diversità».

Intervista a Maria Ida e Salvatore Avallone

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Nascono così i due cru di Falerno, vigna Caracci per il bianco e vigna Camarato per il rosso. Vini che presentano una struttura ben declinata, forza e carattere, ben evidente la nota sapida che proviene dal mare e le note dell’Appennino meridionale.

 

I vini di Villa Matilde dimostrano notevole capacità di reggere l’incedere del tempo, come il Falerno vigna Caracci prodotto solo nelle migliori annate. Il 2017 in degustazione presenta un naso di grande eleganza e ricchezza olfattiva, parte vegetale e punte agrumate. Impreziosito dalla nota legnosa del dieci per cento che passa in botte e dalla balsamica e affumicata sensazione data dalla lavorazione in anfore di terracotta. Al palato è dinamico e pieno, di vellutato carattere e molto espressivo.

Da notare che gli Avallone usano l’anfora da molto prima che diventasse una moda e la differenza data dall’esperienza si sente chiaramente.

 

Il Falerno rosso 2017, Aglianico con una percentuale inferiore al 10% di Piedirosso, nasce a otto chilometri dal mare, in una zona vulcanica, aperta e la nota marina e quella minerale, donano al vino grande elasticità e piacevolezza. Un vino di inaspettata e godibile freschezza che si esprime con grande generosità. Di ottima beva, capace di valorizzare se stesso o il piatto in abbinamento.

Non manca in casa Avallone un metodo classico di Aglianico che, come gli altri vini dell’azienda è stato portato in bottiglia solo quando la soddisfazione era confermata. Per questo motivo consegna al palato una bollicina ricca, leggera e persistente, al naso una bella declinazione floreale e agli occhi un colore che lo identifica al meglio.

 

La terza generazione degli Avallone è già in azienda con Maria Cristina, enologa e figlia di Maria Ida e Francesco, figlio di Salvatore al temine del percorso di studi in marketing internazionale e sviluppo d’impresa. Anche i giovani tengono viva la tradizione di famiglia: un occhio al territorio e uno al futuro.