In cover, Mariacarla Boscono, Parigi (2015) Courtesy of Peter Lindbergh Foundation, Paris © Peter Lindbergh

«La prima volta che ho visto le mie immagini nel mockup della mostra sono rimasto sorpreso, ma in modo molto positivo. È stato travolgente trovarsi di fronte a chi sono». Con queste parole, Peter Lindbergh sugella inconsapevolmente il suo testamento: l’esposizione Untold Stories, curata e completata dal fotografo di moda prima della sua morte nel settembre 2019. Ora è finalmente visibile, fino al 13 agosto, all’interno dei rinnovati spazi dell’Artiglieria Con/temporary Art Center di Torino, in occasione della fiera per talenti emergenti e indipendenti Paratissima.

 

Nato nel 1944 a Leszno, in Polonia, e cresciuto a Duisburg, in Germania, l’artista ha trascorso due anni lavorando a una raccolta di 140 scatti per offrire una visione profonda della sua vasta opera, dai primi anni ‘80 ai giorni nostri. La mostra celebra l’eredità di Lindbergh ed evidenzia l’approccio molto personale di questo maestro dell’obiettivo.

Sasha Pivovarova, Steffy Argelich, Kirsten Owen e Guinevere van Seenus

Da sinistra, Sasha Pivovarova, Steffy Argelich, Kirsten Owen e Guinevere van Seenus, Brooklyn (2015) © Peter Lindbergh

«L’esposizione mi ha permesso di riconsiderare le mie immagini in un contesto non fashion. Lo scopo è che possano essere aperte a diverse interpretazioni e prospettive», spiegava l’autore in un’intervista per il catalogo rilasciata a giugno 2019. «Tuttavia, non cerco di affermare che le mie non siano fotografia di moda, non sarebbe vero. Ma insistere su questa definizione non significa che gli scatti debbano rappresentare solo il fashion world: la fotografia è molto più grande della moda, fa parte della cultura contemporanea».

 

Una mostra intima che si sviluppa come un diario, dove Lindbergh si racconta attraverso il lavoro: pagine celebri e pagine segrete, mai raccontate, vanno a formare, tutte insieme, un percorso avvolgente e suggestivo. L’allestimento è concepito in tre capitoli. Manifest è il titolo della monumentale installazione di apertura, sviluppata appositamente per la presentazione, che regala un’introduzione coinvolgente, capace di stimolare la comprensione dello stile del maestro.

Linda Evangelista, Michaela Bercu e Kirsten Owen

Linda Evangelista, Michaela Bercu e Kirsten Owen, Pont-à-Mousson (1988) © Peter Lindbergh

Nella sezione centrale compaiono le immagini che Lindbergh considerava fondamentali. Scatti emblematici, insieme ad altri mai visti prima, vengono esposti in coppia o in gruppi, dando luogo a interpretazioni inaspettate. Giocando con i materiali d’archivio, l’artista ha rivelato nuove storie, rimanendo pur sempre fedele al suo linguaggio.

 

L’esposizione si chiude con la videoinstallazione del 2004 Testament, realizzata attraverso uno specchio unidirezionale: la telecamera di Lindbergh inquadra silenziosamente Elmer Carroll, detenuto nel braccio della morte in Florida, che ha trascorso 35 minuti a guardare attentamente il suo riflesso. Presentata qui per la prima volta, l’opera fa riflettere sul concetto di libertà suscitando introspezione ed empatia.

Articolo tratto da La Freccia