In cover, Museo del Novecento, Milano © Gianni/AdobeStock
Recentemente riaperta al pubblico, la nuova Galleria del Futurismo all’interno del Museo del Novecento, a Milano, è stata interamente ridisegnata negli spazi e nel percorso espositivo. La saletta all'ingresso è stata trasformata in un luogo aperto che introduce la poetica futurista con scritti, locandine e manifesti – fondamentale strumento di diffusione delle idee e della grafica del movimento – oltre a importanti lavori su carta di Antonio Sant'Elia e Giacomo Balla. Una videoinstallazione, inoltre, rimanda al clima sperimentale dei primi 30 anni del ‘900, con importanti estratti di cinema futurista e d'avanguardia.
Al secondo piano, i capolavori dei grandi maestri sono esposti considerando non solo l'evoluzione tecnico-pittorica del periodo, ma anche la vicinanza tematica e stilistica delle opere. Spiccano i lavori di Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Gino Severini, per indicare i più noti, affiancati da quattro dipinti provenienti da un’importante collezione privata, esposti al pubblico per la prima volta: Crepuscolo di Boccioni, Paesaggio toscano di Severini, Velocità d'automobile + luci di Balla e un ritratto di Mario Sironi, Figura futurista (Antigrazioso).
Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913). Acquisto Museo Novecento, 1934
Un racconto espositivo che, attraverso indiscussi capolavori e sperimentazioni, espone i temi prediletti dai futuristi: soggetti di vita urbana, bellezza del movimento e della macchina, entusiasmo patriottico. Parallelamente, le opere rivelano anche la pittura e la scultura del movimento con soggetti tradizionali come la figura e la natura morta. La sala si chiude con il celebre bronzo boccioniano del 1913 Forme uniche della continuità nello spazio, che sfida i limiti di pesantezza e staticità della materia. Una vera e propria celebrazione del moto che dal corpo nudo in cammino si estende allo spazio che lo contiene.
Ma il nuovo allestimento del Museo del Novecento non finisce qui, un altro capitolo di fondamentale importanza sta per essere scritto. Dopo una prestigiosa mostra itinerante in Russia, nella primavera del 2022 le opere della collezione Gianni Mattioli torneranno ad arricchire la selezione permanente, grazie a un comodato d’uso. Si tratta della maggiore raccolta privata al mondo di arte italiana futurista e metafisica, con un nucleo composto da 26 opere che andranno a dialogare con quelle della collezione Canavese, già di Fedele Azari, e quelle della Jucker, rendendo la già ricca Galleria del Futurismo la più importante esposizione di arte italiana del primo ‘900 a livello internazionale.
Museo d’Orsay, Parigi © Isabelle Barthe/AdobeStock
A PARIGI LA CASA DEGLI IMPRESSIONISTI
In un’ex stazione ferroviaria nel centro di Parigi, si trova uno dei musei più visitati del pianeta: il Museo d’Orsay, universalmente noto per essere la casa degli impressionisti. I suoi depositi documentano lo sviluppo delle arti in un periodo che va dal 1848 al 1914: ci sono opere provenienti dal Louvre per gli artisti nati dopo il 1820, ma anche dalla Galleria Nazionale del Jeu de Paume, da cui arrivano soprattutto i capolavori degli impressionisti, e dal Musée d’Art Moderne che, dopo essersi trasferito al Centre Pompidou, ha ceduto al d’Orsay le tele dei maestri nati dopo il 1870.
Sei sono i nuclei collezionistici fondamentali: pittura, scultura, oggetti d’arte, fotografia, grafica e architettura. La vecchia stazione dei treni, costruita come la Torre Eiffel per l’esposizione universale del 1900, è diventata ufficialmente il Museo d’Orsay il primo dicembre 1986, dopo varie vicissitudini. A inaugurare lo spazio è stato il presidente francese François Mitterrand. E nella sua realizzazione c’è anche un po’ di Italia. Il compito non facile di progettare gli allestimenti fu infatti affidato all’architetta Gae Aulenti, in collaborazione con Italo Rota, l'architetto delle luci Piero Castiglioni e il designer Richard Peduzzi.
Pierre-Auguste Renoir, Il ballo al Moulin de la Galette (1876)
La difficoltà consisteva nel creare un’esposizione organica in un edificio caratterizzato da spazi molto diversi tra loro. «Il mio principio», spiegò Aulenti in un’intervista dell’epoca, «era di proteggere il meglio possibile la natura dell’edificio senza tuttavia rinunciare all’identità contemporanea della struttura. Abbiamo disegnato lo spazio espositivo per più di 4mila opere, studiando per ciascuna il rapporto visuale tra opera e visitatore».
Attualmente, il museo si articola su tre livelli. La navata centrale, dove correvano i binari, è utilizzata come percorso principale da cui si sviluppano passaggi e terrazze che permettono ai visitatori di muoversi agevolmente da un padiglione all’altro. Così, come per incanto, ci si trova improvvisamente davanti ai capolavori dei grandi maestri dell’impressionismo: Claude Monet, Paul Cézanne, Edgar Degas, Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir.
E di quelli del post-impressionismo, come Paul Gauguin e Vincent Van Gogh. Da non perdere assolutamente, tra i numerosi quadri presenti, La classe di danza di Degas (1871-1874), Il ballo al Moulin de la Galette di Renoir (1876), il celeberrimo Autoritratto di Van Gogh (1889), I giocatori di carte di Cézanne (1890-1895), Arearea di Gauguin (1892), Ritratto di Émile Zola di Manet (1868).
Articolo tratto da La Freccia
L’installazione è esposta all’ADI Design Museum, dal 7 al 13 aprile.
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