In apertura e all'interno, Paola Minaccioni al Rome Marriott Grand Hotel Flora © Maddalena Petrosino

Paola Minaccioni torna sul palco, con entusiasmo e impegno. Dall’8 al 13 novembre al Teatro Carcano di Milano e nel 2023 in tournée in Italia, l’attrice porta in scena per la seconda stagione, insieme ad Anna Foglietta, la pièce L’attesa. Scritta nel 1994 da Remo Binosi si è trasformata in un progetto tutto al femminile diretto da Michela Cescon.

 

Cosa hanno in comune le due protagoniste di questa storia ambientata nel ‘700?

Entrambe aspettano un figlio o una figlia, non legittimi, e si ritrovano relegate insieme in una casa di villeggiatura, condannate dalla società dell’epoca. L’una è lo specchio dell’altra. Anna interpreta Cornelia, una nobildonna che non è padrona del suo destino. Il mio personaggio è Rosa, una serva dalle caratteristiche goldoniane che poi si trasforma in un personaggio da tragedia greca, con tratti shakespeariani e pirandelliani. È molto forte, capace di amare, un personaggio magnifico.

 

La scenografia è scarna. Perché?

È una scelta della regista. Non ci sono neppure le musiche, ci troviamo in una stanza che rappresenta anche un grembo materno.

 

In due ore sul palco cosa succede?

Le due donne mettono a confronto i loro mondi, parlano di tutto, di temi concreti ed esistenziali. Riflettono sulla maternità che le aspetta. Cornelia, la nobile, è stata sedotta in una sola notte: ama il suo corpo, ma non il figlio che nascerà. Rosa, che ha già una bambina, si trova ad accettare il suo destino, ma detesta l’idea di mettere al mondo un’altra femmina.

Paola Minaccioni

Che tipo di testo mettete in scena?

Poetico e pop nello stesso tempo, genera un senso di sorpresa, si piange e si ride. Si mette in scena l’erotismo, io recito anche un monologo con la descrizione dell’organo genitale maschile. Un po’ eccita e un po’ fa ridere il pubblico, ma senza volgarità. Ogni sera è come giocare una partita di campionato, la tensione si mantiene alta. La considero un’esperienza vitalizzante.

 

Come ti sei trovata con Anna Foglietta?

Lei è straordinaria, molto curiosa e vitale. Abbiamo dei riti semplici in comune, come lo yoga e lo stretching.

 

Reciti in veneto: è stato difficile per te che sei romana?

Parlo in un dialetto comprensibile e, soprattutto durante le prime repliche, è stata una sfida renderlo autentico e non cantilenante. Ma ora è come stare su un letto di piume che mi trasporta verso altre dimensioni.

 

Perché avete deciso di riproporre lo spettacolo per la seconda stagione?

Si tratta di un progetto sostenuto dal Teatro stabile del Veneto. Non è una tournée che può fermarsi qui, considerando anche le difficoltà che abbiamo avuto nel metterlo in scena a causa del Covid-19.

 

Ora, finalmente, si viaggia di nuovo. Tu usi spesso il treno?

Sì. A bordo ho sempre tempo per me, mi riposo. Dovrebbero fare dei treni dedicati solo agli attori, visto quanto viaggiamo.

Articolo tratto da La Freccia