In apertura e all'interno Marisa Monte © Leo Aversa

«Il concerto sarà composto da canzoni che riassumono tutte le fasi della mia carriera, da quelle del primo album fino ai brani di Portas. Al mio fianco c’è una band impeccabile. Inoltre, la comunicazione con il pubblico è rafforzata da immagini ed effetti visuali». Con queste parole la cantautrice, musicista e producer brasiliana Marisa Monte, vincitrice di quattro Latin Grammy Award, presenta i live legati al nuovo disco Portas, che fonde in un melting pot di stili musicali, pezzi essenziali e acustici, tracce più vibranti e complesse.

La prima tappa del tour europeo è al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 16 giugno. Due giorni dopo sale sul palco del Teatro Massimo, a Cagliari, mentre il 9 luglio illumina Umbria Jazz. Una voce unica, per uno spettacolo intimo e coinvolgente. Da non perdere.

Perché ha fatto passare dieci anni prima di tornare?

Ho messo in piedi alcune collaborazioni con diversi artisti, un tipo di dialogo che mi piace molto, ma che durante i tour non riesco a realizzare per mancanza di tempo: il progetto Samba Noize al Bam di New York, una serie di live con Paulinho da Viola, un lavoro di inediti, un album dal vivo e una tournée internazionale con i Tribalistas. A un certo punto era arrivato il momento di dedicare tempo a me stessa, sentivo la mancanza della mia espressività in solitaria. Stavo per entrare in studio quando è scoppiata la pandemia.

 

Quanto è cambiata la sua musica in questi anni?

Dai vari incontri hanno cominciato a venir fuori inedite interazioni e diverse canzoni. Questo repertorio è il risultato di quello che sono oggi e del rapporto con nuovi e vecchi collaboratori.

 

Cosa vuole esprimere con Portas?

Le porte sono un elemento molto simbolico e hanno dentro vari significati: passaggio, trasformazione, scelta, opzione, apertura, chiusura, cambiamento. Possono essere esterne o interne. Ho voluto proporre quest’idea attraverso l’arte dell’immaginario e della creatività. La musica è di certo una risorsa trascendentale ed esistenziale.

 

Come descriverebbe il risultato finale?

Il principale riferimento dell’album è la cultura in cui sono nata e cresciuta. La musica e la cultura del Brasile sono fatte di diversità, varietà e mistura. È un Paese molto grande, con tanti generi rappresentativi differenti fra loro che si mescolano creandone di nuovi e originali. Questa diversità è stata sempre molto naturale e intuitiva.

 

Dove vorrebbe andare tramite queste porte?

Verso le sensazioni, l’arte, la cultura, la diversità, il femminile, l’ideale e il sogno. Un campo esistenziale ludico e poetico dove poter cercare un equilibrio con la dura realtà del quotidiano.

Marisa Monte

Come ha vissuto la pandemia?

È stato un momento difficile, fatto di incertezza, paura, insicurezza. Da un altro punto di vista, avendo sempre viaggiato molto, ho avuto il privilegio di stare a casa con la mia famiglia per molto tempo. Penso sia stata una fase di trasformazione che ha segnato persone di ogni età e professione. Nessuno si dimenticherà mai di questa esperienza.

 

Cosa ha fatto in quel periodo?

Il primo momento è stato di paralisi totale. E ho approfittato del tempo in eccesso per comporre molte canzoni, pur dovendo rimodellare i piani iniziali. È stata una grande sfida: abbiamo adattato il nostro modo di produrre a un sistema ibrido, un po’ in presenza e un po’ in remoto. Abbiamo sperimentato incisioni a distanza che non avremmo mai provato se le circostanze non ci avessero limitato così tanto. Sorprendentemente ha funzionato e, alla fine, ho registrato diversi pezzi con i miei collaboratori da New York, Los Angeles, Lisbona, Madrid e Barcellona. Tutto senza uscire di casa. Ho potuto contare sulle partecipazioni internazionali senza mai varcare i confini brasiliani. Emerge il potere del collettivo e della sincronia in un momento in cui nessuno si poteva incontrare, ma nel quale desideravamo intensamente stare insieme.

 

Come ha scelto i collaboratori di questo disco?

A partire dall’ammirazione reciproca e dal desiderio di scambiarsi idee. Si è trattato di grandi incontri resi eterni dalla forma di una canzone. Una scelta intuitiva e amorosa.

 

Quali sono le tracce a cui tiene di più e perché?

Mi piace molto la title track e anche A lingua dos animais che racconta il dialogo intimo con noi stessi.

 

Ha avuto modo di ascoltare i nuovi cantanti italiani?

So che la vostra musica è cambiata molto. Tra gli artisti che mi piacciono di più – e fanno parte degli ultimi 20 anni – ci sono Jovanotti, Tosca, Samuele Bersani, Mannarino, Elisa e Musica Nuda.

 

Cosa mi dice dello spettro della guerra?

Sono pacifista, conto sul dialogo e sull’amore. Per me è incomprensibile che nel XXI secolo gli esseri umani siano ancora in conflitto fra loro e coltivino la violenza.

Articolo tratto da La Freccia