In apertura Porta Camollia, Siena © ermess /AdobeStock

Cor magis tibi Sena pandit. È proprio così: Siena ti apre un cuore più grande... della porta che stai attraversando quando arrivi in città. Così recita l’iscrizione scolpita sull’arco di Porta Camollia, uno dei più antichi ingressi nel centro abitato.

A dire il vero, il primo impatto non è dei migliori, perché il codice comunicativo degli abitanti è difficile da comprendere. Ma la mia esperienza è stata travolgente. Un amore che si è costruito nel tempo, frutto di rispetto reciproco. Siena è la mia seconda città, San Marco è il quartiere dove mi sento a casa e la contrada che abita il rione è un insieme di persone speciali che mi ha adottato. «Con lento passo e grave nel campo a trionfar Chiocciola scende», dice un motto. E la Chiocciolina arriva sempre, è entrata nel mio cuore e nella mia pelle in maniera indissolubile. Prima da studente e poi da lavoratore, questa contrada ha scandito ogni mia giornata.

All’inizio mi sentivo bloccato e nello stesso tempo affascinato da tutti quei riti ancestrali che fanno parte della quotidianità dei senesi. Non volevo violare la sacralità di gesti ripetuti allo stesso modo per secoli, tramandati di padre in figlio, la vera forza di un popolo che è riuscito a conservare e vivere tradizioni capaci di rendere Siena una delle più misteriose e straordinarie città del mondo.

La bandiera della contrada della Chiocciola

La bandiera della contrada della Chiocciola © Riccardo Pallassini per la contrada della Chiocciola

L’energia che percepivo era catalizzante e magnetica ma capivo che non era ancora il momento di partecipare, dovevo avere pazienza, osservare. Poi l’incontro con due Alfieri – a Siena non sono certo sbandieratori – che hanno facilitato il mio inserimento in contrada, tanto che per tutti ero diventato «l’amico di Beppe e Franco». E poi il Pii, un uomo dal cuore d’oro e dalla battuta sempre pronta.

È proprio per questo che un giorno, durante una festa a ingresso riservato, il Sodi, un contradaiolo più giovane di me, mi vede tra la gente e mi fa entrare in “società”: a Siena è questo il modo in cui viene indicato il circolo ricreativo. In realtà, si tratta di qualcosa in più di un circolo: è la casa dei contradaioli, che loro curano con vera dedizione, alternandosi per l’organizzazione di pranzi e cene, la gestione del bar, le attività per gli anziani e i bambini. Un vero e proprio punto di aggregazione diventato identitario.

Proprio in società, una sera d’estate, durante una serata organizzata per mangiare tutti insieme la pizza, vedo seduta sul terrazzo una ragazza con un viso conosciuto e tante persone vicino. Chiedo a Beppe se fosse veramente lei, anche se ne ero sicuro, perché seguo questo sport da sempre. E lui mi conferma che si tratta di Alice Volpi, campionessa di scherma: uno dei nostri orgogli nazionali era a due passi da me. Avevo voglia di conoscerla ma non volevo essere di troppo, era a casa sua, nella sua contrada, nel suo ambiente protetto.

La campionessa italiana di scherma Alice Volpi

La campionessa italiana di scherma Alice Volpi © Foto Bizzi

Mi faccio coraggio: «Ciao Alice, sono un tuo fan». Lei sorride in modo coinvolgente, con una prossemica che accoglie. Sono curioso. Le chiedo come sia cominciata la sua carriera. Mi risponde: «Ho iniziato questa disciplina a sette anni nel centro polisportivo C.U.S Siena scherma. È stato subito amore, anche se la vera passione è nata con le prime gare a livello agonistico. Fin da piccola, tutti notavano in me un grande talento e questo mi ha trasmesso fiducia da un lato e una grande responsabilità dall’altro. A livello giovanile ho vinto tanto sia nel circuito di Coppa del mondo, sia negli Europei e nei Mondiali. Ma è stato solo un assaggio di quello che sarebbe diventato poi il mio lavoro. A 18 anni sono entrata nelle Fiamme oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, e così ho potuto dedicarmi completamente a questo sport. Mi sono trasferita a Jesi, in provincia di Ancona, grande polo del fioretto femminile: il mio team è composto dalla preparatrice atletica Annalisa Coltorti e dalla maestra Giovanna Trillini».

Le chiedo quale sia stato il primo grande risultato e lei orgogliosa risponde: «Al mondiale di Lipsia 2017 sono tornata a casa con un bell’argento ma il vero successo è arrivato l’anno seguente, in Cina, quando sono diventata campionessa del mondo a Wuxi 2018. Da lì ho avuto la consapevolezza di essere entrata a far parte della grande scherma italiana. Successivamente, ho avuto un solo obiettivo: le Olimpiadi. Partecipare ai Giochi di Tokyo nel 2021 è stato come realizzare un sogno anche se non è andata come avrei voluto perché il Covid-19 mi ha messa a dura prova. Sono arrivata preparata ma fino all’ultimo non si sapeva se saremmo partiti, è stata un’Olimpiade particolare, senza pubblico e con molte restrizioni. Ho perso nella finale per il terzo e quarto posto ma sono tornata a casa con una medaglia di bronzo nella prova a squadre. Adesso sto vivendo gara per gara, pensando a un solo obiettivo alla volta. Fra poco comincerò la preparazione per i prossimi campionati europei e mondiali. Poi ci saranno le Olimpiadi di Parigi e questa volta avrò maggiore esperienza e fiducia per volare alto».

Alice Volpi con il fazzoletto della contrada della Chiocciola

Alice Volpi con il fazzoletto della contrada della Chiocciola

Sono curioso della sua vita in contrada e le chiedo se riesce a viverla come vorrebbe: «Purtroppo ho poco tempo per andarci, ma in San Marco ho trascorso estati meravigliose. Sono molto legata a zia Sonia, una mia grande tifosa, e ringrazio tutta la contrada e il priore Marco Grandi per essere sempre al mio fianco. Il mio desiderio più grande è quello di salire sul gradino più alto del podio con il fazzoletto della Chiocciola al collo, portando così la tradizione di Siena nel mondo».

Torno al tavolo e condivido la gioia di aver conosciuto Alice con Beppe, che finalmente mi ha visto sicuro di me e del mio far parte di una comunità. Da allora ho conosciuto tante persone: Bibi, Calzoni, Pennello e ancora Badini, Paestum, Davide e tanti altri con i quali ho condiviso momenti importanti. Ho avuto anche l’onore di ricevere la proposta di essere battezzato: da allora sono un Chiocciolino.

Il battesimo in contrada è un rito magico, unico, commovente. Si diventa parte integrante di una comunità e lo percepisci subito, perché te lo senti addosso. Il fazzoletto - a Siena non si chiama foulard - che da quel giorno indossi legittimamente diventa parte di te, lo porti con fierezza. E capisco perché Alice vuole far avverare il suo sogno di indossarlo sul podio.

Articolo tratto da La Freccia

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