In foto i resti del nuovo Percorso delle colonne © Pasquale Vassallo

Immergendosi nelle chiare acque flegree, salendo a bordo di un battello dal fondo vetrato indossando un visore 3D. È ampio il ventaglio di proposte che consentono di fare un tuffo nel passato per scoprire l’antica città romana di Baia. Quella fascia di terra, intorno a Punta Epitaffio, finita sotto il livello del mare a partire dal IV sec d.C. a causa del bradisismo, il fenomeno vulcanico di innalzamento e abbassamento del suolo che caratterizza il golfo di Pozzuoli, a nord di Napoli. Nota come Baia Sommersa, è parte del patrimonio del Parco archeologico dei Campi Flegrei ed è la prosecuzione di quanto è visibile e visitabile fuori dall’acqua.

 

Ville, domus, mosaici, peschiere, complessi termali pubblici e privati si susseguono sopra e sotto il livello del mare a testimoniare la vivacità economica, culturale e sociale dell’antica Baia, meta prediletta per l’otium dell’aristocrazia romana. Oggi parte del comune di Bacoli, la città fu anticamente un centro residenziale rinomato per il clima mite, la bellezza del paesaggio, la ricchezza di benefiche acque termali, oltre che luogo di villeggiatura privilegiato della famiglia imperiale fino a tutto il III secolo d.C.

 

Nei secoli, è stato spesso celebrato in letteratura: «Nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia», scriveva il poeta latino Orazio, che nelle Epistole ne ha esaltato la meraviglia e la vitalità. Guidati da professionisti esperti, sott’acqua o su appositi battelli, si possono quindi ammirare i resti del Portus Julius, voluto da Augusto per lanciare Roma alla conquista del Mediterraneo, il piccolo porto commerciale conosciuto come Lacus Baianus, il Ninfeo e un insieme di resti che concorrono a delineare quello che oggi è il Parco Sommerso di Baia. 

Portus Julius

Portus Julius © Pasquale Vassallo

L’inestimabile patrimonio scoperto nel 1984, durante un’immersione, da Eduardo Scognamiglio, Gennaro Di Fraia e Nicolai Lombardo, allora giovani studiosi di archeologia, continua a regalare sorprese e aggiungere tasselli alla nostra storia grazie alle continue ricerche subacquee. A inizio estate è stato infatti inaugurato il Percorso delle colonne all’interno del Portus Julius, che va ad aggiungersi allo storico di Punta Epitaffio ampliando l’itinerario di visita sottomarino. Il susseguirsi di magazzini che caratterizzavano l’area del porto, dove giungevano le navi dall’Oriente per lo scarico delle merci destinate al mercato di Roma, è riconoscibile ancora oggi in una successione di colonne crollate, realizzate in marmi colorati, annesse a un grosso vano circolare di cui non si conosce ancora la funzione.

 

Le strutture facevano parte del quartiere industriale e commerciale dell’antica Pozzuoli, la famosa Ripa puteolana. Ma questo vasto e incredibile luogo sottomarino, situato a una profondità che va dai due agli 11 metri, torna a splendere, come era un tempo, anche grazie alla tecnologia sfruttata per la meticolosa ricostruzione di un quartiere termale che si trova inabissato proprio ai piedi di Punta Epitaffio.

Ricostruzione virtuale della grande vasca del frigidario

Ricostruzione virtuale della grande vasca del frigidario © Nicolai Lombardo

L’elaborazione delle terme sviluppata digitalmente da Nicolai Lombardo, frutto di 30 anni di studio, è stata trasformata in un ambiente virtuale esplorabile a 360 gradi in collaborazione con l’informatico Raffaele Di Francia e fruibile da ogni tipo di visitatore, anche quelli meno avvezzi ad andare in mare, con l’utilizzo di un visore adatto alla realtà virtuale. Tutti possono quindi vivere l’emozione della scoperta subacquea e stupirsi di fronte all’antico sfarzo delle terme che richiamavano ospiti da ogni angolo dell’Impero. Il percorso visivo e narrativo firmato BaiaExperience, in italiano e in inglese, dura circa 25 minuti e si effettua comodamente seduti su poltroncine girevoli che agevolano la visione a 360 gradi delle strutture virtualmente ricostruite e visualizzabili in 4K.

 

La visita comincia dalla strada sommersa, proprio quella che imboccarono i giovani scopritori. Una voce accompagna l’avventore, indicandogli ciò che si presenta alla sua vista e spiegando con chiarezza da quali elementi oggettivi si è partiti per la ricostruzione virtuale, che possiede un realismo capace di lasciare senza fiato. Le immagini si succedono con un’alternanza di com’è e com’era, donando al visitatore la sensazione di ritrovarsi sott’acqua, faccia a faccia con i ruderi. Poi magicamente, in più fasi, questi riprendono vita e, attraverso una serie di spettacolari dissolvenze incrociate, si rivelano così come apparivano agli ospiti del III secolo d.C.

 

L’itinerario proposto da BaiaExperience ricalca quello degli antichi frequentatori delle terme: discesi i gradini posti ai lati della strada, attraverso un corridoio dal pavimento in mosaico bianco, si giunge in uno degli ambienti più trafficati, crocevia di incontri per chi giungeva alle terme, ne usciva già ritemprato o rientrava dall’adiacente palestra. Questo primo ambiente è incantevole e ricco di dettagli, perché i considerevoli resti sul fondale ne hanno consentito un’ottima ricostruzione: si vedono i marmi sul pavimento e sulle pareti, i vari ingressi agli ambienti riscaldati e una colonna in marmo bianco, che marca la discesa verso la palestra, di cui ancora si ammirano i resti sul fondale.

 

Andando avanti nell’esplorazione, ciò che lascia carichi di meraviglia è la straripante ricchezza cromatica del frigidario, il vano più grande dell’edificio termale. La forma rettangolare con due vasche sui lati più piccoli, i giochi di luce che si creano dalle numerose finestre, la possente volta a botte e i marmi policromi provenienti dalle province dell’Impero testimoniano la perizia degli antichi architetti, il lusso del posto e la ricchezza del titolare.

Vista di Baia e, sott’acqua, una parte della città sommersa

Vista di Baia e, sott’acqua, una parte della città sommersa © Pasquale Vassallo

Dopo aver visitato lo spogliatoio, il tepidario, i due calidari, la piscina coperta e i bagni pubblici dalla caratteristica forma a elle, pensata probabilmente per tutelare la privacy di quanti ne stavano usufruendo, si viene indirizzati in un cortile rettangolare decorato con motivi ispirati all’Egitto. Qui c’è una fontana con un lungo bacino ornato da piccole cascate in marmi policromatici, su cui sgorgava acqua, quattro colonne in marmo nero con eleganti scanalature tortili, un reperto misterioso oggi conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli e poi un edificio che certamente aveva già stupito i frequentatori dell’epoca. Si tratta di un Ninfeo dalla forma eccezionale, con una geometria che deriva dal prototipo della sala ottagona presente nella residenza romana di Nerone ma che la bravura di un ignoto architetto, in epoca domizianea, seppe trasformare in qualcosa di mai visto prima.

 

Praticamente, questa costruzione aveva la forma di un decagono aperto verso est con i lati che, alternativamente, contenevano delle nicchie. Queste ultime probabilmente avevano ospitato, in passato, le due statue marmoree rinvenute casualmente in mare nel 1969 e oggi esposte nel Castello Aragonese di Baia, dov’è stata realizzata una riproduzione della sala del Ninfeo che funzionava da triclinium, ovvero da sala dei banchetti. Anche questi abbondantemente decantati, sia per la convivialità dell’atmosfera sia per la qualità dei prodotti locali come i vini e di murene, ostriche e cozze allevate qui. A Baia quindi l’emozione è garantita, che sia all’asciutto, a pelo d’acqua o immersi a tu per tu con i resti in fondo al mare.