Gita fuori porta a Monticchio, in provincia di Potenza. Dopo aver fatto colazione sul lago piccolo – sono due i laghi vulcanici nelle viscere del monte Vulture – il gestore del bar mi informa della possibilità di arrivare a Calitri, in provincia di Avellino, grazie a un treno storico in uso in alcune occasioni e perfetto per lo Sponz fest, l'evento nato per far rivivere questa antica tratta che faceva da ponte tra due regioni limitrofe, Campania e Basilicata. L’idea del ponte mi affascina, la possibilità di crescere grazie alla conoscenza dell’altro è un valore che va coltivato in ogni forma ed è per questo che decido di andare a Calitri.
Il viaggio in treno è una continua scoperta dell’incontenibile fantasia della natura e di quanti nuovi orizzonti si possono conoscere, soprattutto quando il viaggio è lento e consapevole. Non un trasferimento, ma un modo nuovo per riconoscere se stessi nel creato. Il colore verde la fa da padrone e ti accorgi di quanto è bello ritrovarsi felici per lo stupore di riuscire a individuare tantissime altre tonalità di un solo colore. Immagino i profumi, ho voglia di scendere dal treno e tuffarmi nella natura.
Calitri (AV)
La stazione di Calitri mi sta aspettando, ma prima ho un appuntamento importante allo scalo di Conza-Andretta-Cairano, luogo meraviglioso ai piedi del promontorio di Cairano, appunto. Per tutto il tempo immagino il suo ingresso in questa carrozza, cosa dirgli, come esordire. Sono emozionato. La prima volta che ho visto un concerto suo, a Siena, ero uno studente e già un suo fan, e poi ce ne sono stati tanti altri, una volta anche al Potenza folk festival, organizzato dall’associazione Portatori del santo di cui faccio parte.
Sale sul treno, mi alzo per accoglierlo, sono emozionato, la salivazione è praticamente inesistente. Ha una camicia bianca, un gilet, pantaloni e cappello neri, mi sorride e dice: «Non sembra il monte del Purgatorio? Nell’anno dantesco si vedono geografie del Poeta in ogni selva, particolarmente nelle aree interne, dove la geografia si è sempre imposta sulla storia. La ferrovia in questi luoghi è stata la luce del pensiero e dell’azione. Basta rileggere le pagine di Giustino Fortunato dedicate all’Avellino-Rocchetta Sant'Antonio, un progetto eroico che faceva irrompere la storia nella geografia. Lo spopolamento ha segnato le aree interne. Le vecchie ferrovie, linee vitali di ferro e nerbo, sono andate estinguendosi. Ma la rivoluzione del trasporto, della comunicazione deve stare al passo dei nuovi compiti che la storia assegna alle aree interne, sempre più polmone salvifico del Paese».
Lo guardo affascinato, ogni parola è accompagnata da un gesto, come fosse un direttore d’orchestra. Continua: «Per esempio, la realizzazione della bretella che collega l’interno al Tirreno, la Eboli-Contursi-Calitri. Immaginiamo tutto il trasporto merci e ortaggi che ora avviene solo su ruota per la angusta Ofantina, come si gioverebbe di una linea ferroviaria efficiente. La ferrovia non è mai finita fuori dalla storia ed è più che mai un mezzo dei tempi, ma il progresso tecnologico non può applicarsi solo all’Alta Velocità. Le linee interne possono essere la metropolitana a cielo aperto di quel Paese di paesi che è l’Italia. Anche per questo, nel 2014, realizzammo la prima edizione allargata di Sponz fest sulla ferrovia abbandonata, dedicandola al sogno del treno. Che da sempre è stato anche sogno di libertà, di frontiera. La ferrovia rinnova sempre il sogno di Prometeo. Anche, e tanto più, a umana velocità».
Conza, Assalto al treno (2016) © Giuseppe Di Maio
Il nostro viaggio prosegue lento, il mio orizzonte è il suo cappello nero, sono entusiasta di quanto Vinicio Capossela – è lui il mio compagno di viaggio – sia in contatto con questa comunità e con le sue radici più profonde. Arriviamo in paese e ci incamminiamo verso il centro, mentre l'artista mi parla della nuova edizione dello Sponz fest, prevista dal 25 al 29 agosto: «Sarà un più ampio dibattito per ripensare le aree interne in una visione verticale della geografia, che non distingue tra nord e sud ma tra spina dorsale e aree urbanizzate. Proporremo anche una riflessione su cosa davvero riteniamo importante in tempi di crisi, parola greca il cui intimo significato è “scelta”. Vogliamo coinvolgere altre aree del Paese, a sottolineare che il destino delle zone interne è comune a prescindere dalla latitudine».
Ci fermiamo a gustare una meritata merenda a base di u cavzon, un panzerotto con pomodoro e mozzarella rigorosamente fritto, e gazzosa. Siamo ancora una volta seduti uno di fronte all’altro, capisco che deve andare via, non vorrei lasciarlo ma un artista puro come lui non va ingabbiato. Così, lo ringrazio per il tempo che mi ha dedicato e mentre se ne va gli do appuntamento allo Sponz. Si volta, mi sorride e continua la sua marcia.
Resto ancora un poco al bar pensando al mio ultimo Sponz, il festival culturale ideato da Vinicio che porta in paese migliaia di turisti, con spettacoli, musica e artisti da tutto il mondo. Tratta temi del territorio e delle aree interne, crea sinergie e promuove l'ecosostenibilità. In questi otto anni, ha riunito una specie di comunità mobile che si è data appuntamento nel nome dello stare insieme. L’incontro è affidato alle idee, alla musica, al ballo, al cammino, all’arte, alle performance e ai più diversi ambiti dell’espressione.
Sponz fest 2017 © Michele Annechini
La storia di Sponz fest, mi ha spiegato Vinicio, è quella di una comunità non geograficamente localizzata che ha cercato di farsi laboratorio di un’idea del mondo più vicina a quella che si vorrebbe. Non esattamente un festival, più invece una festa che ha per tema l’arte dell’incontro. Le aree interne vanno difese a partire dall’immaginario, perché se le perdiamo non abbiamo più un rifugio. La loro potenzialità è emersa per rafforzare il concetto della ricerca della felicità basata sempre più sulla prossimità e sullo stare insieme. Sui borghi e le sue botteghe artigiane come centro nevralgico dove si sviluppa affettività.
Non ho mai perso un’edizione dello Sponz, appuntamento fisso per me e i miei amici. Siamo sempre stati affascinati dalla bellezza del messaggio che si vuole trasferire, dall’amore per la terra natia e dall’orizzonte lunghissimo proiettato alla salvaguardia delle culture del mondo.
I due temi cardine, come mi ha raccontato Vinicio, sono sempre stati il fest (la festa) e il locus (il paesaggio). Fest è un'alternativa alla “festivalizzazione” e alla spettacolarizzazione, che spesso si traduce in esclusività e nella concentrazione in aree circoscritte di eventi costruiti per intrattenere il pubblico con panem et circenses. Fest è sovvertimento dell’ordine, del tempo orizzontale della produzione. Una crepa nel tempo ordinato dell’utile. Partecipazione fisica in luoghi e modi non ordinari, evento come occasione di partecipazione diretta e non subita. Il locus diventa quindi diversificazione dei luoghi e attraversamento del paesaggio.
Mi si avvicina una ragazza, si chiama Federica, vive a Milano ma è di Calitri. Capelli biondi, vestita alla milanese, sbarazzina, torna in paese appena le è possibile. Mi ha visto parlare con Vinicio, mi chiede se sono un artista, le rispondo dicendo che sono un frequentatore dello Sponz. Federica fa parte dell’organizzazione – sono tanti i ragazzi dell’associazione che collaborano alla festa – e mi parla della nuova edizione, dal titolo Sponz all’osso - Per un manifesto delle aree interne. Mi spiega orgogliosa che sarà speciale, inserita in un anno difficile ma proprio per questo più stimolante.
La ringrazio per le preziose informazioni e mi dirigo in piazza della Repubblica, il centro storico, fatto di vicoli e grotte di tufo per la stagionatura di formaggi, salumi e funghi. All’apice c’è Borgo Castello, ristrutturato dopo il terremoto del 1980, dove si svolgeva la vita della comunità. Immagino bambini giocare, donne chiacchierare sull’uscio di casa e panni stesi.
All’interno del borgo, c’è il Museo della ceramica. Mi perdo nei vicoli e scorgo una nonnina che, con la seggiolina davanti alla porta di casa, sta preparando la pasta. Si chiama zi Maria, e sta facendo i cingul (cavatelli), mentre il profumo del ragù riempie la via e il mio olfatto. È l’ora di pranzo, la tappa in osteria è d’obbligo. Tris di primi, cannazze, cingul e gravaiuol (ravioli) al ragù con vrasciola. Lo Sponz fest mi aspetta anche quest’anno.
Articolo tratto da La Freccia